domenica 31 maggio 2009

L'assassinio del Duce e le "verità" partigiane

Riteniamo doveroso diffondere la seguente lettera aperta:

Lettera aperta al dott. Giuseppe Calzati (presidente istituto di storia contemporanea - Como)

Roma 22 maggio 2009
Egregio signor Presidente, nella trasmissione “Trenta Denari”, mandata in onda dalla TV Espansione di Como lo scorso anno, Lei ha voluto ancora una volta, confermare la “storica versione” di Walter Audisio.
Di conseguenza vorremmo sottoporLe alcuni quesiti.
1. Lo stivale destro di Mussolini presenta la cerniera di allacciamento (chiusura lampo) saltata all’altezza della caviglia. Questa “rottura” erroneamente interpretata come una “scucitura”, venne rilevata da Walter Audisio già in casa De Maria (Walter Audisio: In nome del Popolo italiano, Ed. Teti 1975.), dall’ufficiale partigiano Orfeo Landini al caricamento dei cadaveri di Mussolini e la Petacci intorno alle 19 del 28 aprile 1945 (R. Salvadori, Nemesi, dal 23 al 28 aprile ‘45. B. Gnocchi Ed., Milano, 1945), e risulta visibile in Piazzale Loreto. Non è possibile che Mussolini venne condotto a piedi da casa De Maria, fino alla macchina che attendeva nella piazzetta del Lavatoio in Bonzanigo, con uno stivale in quelle condizioni e soprattutto che nessuno abbia notato questo particolare.
2. Le ferite premortali riscontrate sul cadavere di Mussolini consentono di stabilire quanto segue: il Duce venne attinto da vivo sui due lati del corpo da 9 colpi con polidirezionalità di tiro e inclinazioni eterogenee ed è inoltre indubbia una certa distanzialità tra le ferite. Alcuni colpi presentano una ravvicinatezza di sparo, non oltre i 50 cm. di distanza dal bersaglio.
La Petacci, come si deduce dalla foto delle ferite sul petto e dalla sua pelliccia, forata alla schiena, venne certamente colpita alle spalle.
Queste osservazioni fanno ipotizzare, con ragionevole certezza, alcune dinamiche balistiche, che non si adattano assolutamente con la dinamica di fucilazione raccontata da Audisio e confermata da Lampredi e Moretti.
3. I tre diretti partecipanti a quella fucilazione hanno descritto tre diversi atteggiamenti di Mussolini di fronte alla morte:

- Audisio descrive un Duce come tremante, pavido, incapace di dire e fare alcun ché (W. Audisio, opp. cit.);
- per Lampredi, invece il Duce, aprendosi il pastrano, griderebbe: “Mirate al cuore!” e, scrive il Lampredi, che di questo ne è al corrente anche Moretti che si impegna a tacerlo. (Relazione Lampredi 1972, Unità 26 gennaio 1996);
- Moretti, infine, nel 1990, dirà che lo sentì gridare con foga: “Viva l’Italia! (G. Cavalleri: Ombre sul lago - Ed. Piemme 1995).
Di fatto viene smentita tutta la “storica versione.
4. Le foto e i filmati del vestiario indosso al cadavere di Mussolini, pur sottoposti a scansioni con moderne tecniche di alta definizione, non evidenziano fori o strappi su quello strano giaccone e neppure su la camicia nera indosso al cadavere del Duce. Addirittura si vede un probabile alone di sparo sul braccio dx nudo, il rispettivo foro di uscita, ma nessun foro sulla manica dx del giaccone! Niente sul pettorale di destra, dove il Duce venne attinto da un altro paio di colpi e niente alla spalla sinistra, dove venne attinto da una raffica di 4 colpi. Il giaccone, pur abbottonato quasi fino al collo, è intatto e quindi Mussolini non fu ucciso con indosso quel capo di vestiario che gli fu invece messo successivamente! (Perizia equipe del professor G. Pierucci all’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Pavia, in F. Andriola : Mussolini: una morte da riscrivere - Storia in Rete maggio 2006).
5. E’ stato confermato nel corso della trasmissione citata, dal vicesindaco di Mezzegra Gianfranco Bianchi, che al tempo gli abitanti del circondario di Mezzegra e Bonzanigo vennero “zittiti”. Anche l’anziano parroco di Mezzegra, don Luigi Barindelli, lo ha ricordato.
Se quindi all’epoca si cercò con evidenti minacce e intimidazioni di non far parlare la gente del posto che aveva in qualche modo assistito a quegli avvenimenti, si deve dedurre che pur c’era una diversa verità da non far emergere. Ergo la storica versione non può essere veritiera!
Nel ricordarLe che questo Istituto il 25 settembre 1995, a quel tempo “Istituto comasco per la storia del movimento di Liberazione”, emise una Dichiarazione con la quale, tra l’altro, si confermava la “storica versione” nell’orario di fucilazione (le 16,10) e nel luogo (il cancello di Villa Belmonte in Giulino di Mezzegra), crediamo sia oggi opportuno, necessario e non più eludibile, che venga emessa altrettanta dichiarazione con la quale, alla luce di quanto fino ad oggi emerso, sia messa in dubbio la “storica versione”.

Distinti saluti

MAURIZIO BAROZZI ROMA - ALBERTO BERTOTTO PERUGIA

(tratto da www.ladestra.info, pubblicato il 26 maggio 2009 rubrica Opinione)

mercoledì 27 maggio 2009

CI HA LASCIATO ORSOLA MUSSOLINI

Grave lutto nella famiglia Mussolini. Orsola Bùvoli Mussolini, vedova del Comandante Vittorio Mussolini, ha raggiunto la Patria del Signore ieri 25 maggio 2009, contornata dall’affetto dei suoi cari nella sua abitazione di Morlupo (Roma).

Nata a Buenos Aires nel 1914, madre di Adria e Guido IV Capo e Gran Cancelliere dell’Ordine dell’Aquila Romana, visse con il Duce alla Rocca delle Caminate, a Villa Càrpena, a Riccione e a Villa Torlonia.

Madre e sposa esemplare tanto da essere additata da tutti come esempio di fedeltà e di cristianità, lascia un vuoto incolmabile in coloro che ebbero la fortuna di conoscerla.

Messaggi di condoglianze sono giunte alla famiglia Mussolini da tutto il mondo. Le associazioni combattentistiche e d’Arma della RSI abbassano i loro labari, i Cavalieri dell’Ordine dell’Aquila Romana si stringono con affetto intorno al loro Capo.

I funerali avranno luogo luogo mercoledì 27 maggio alla Chiesa parrocchiale di Morlupo,in provincia di Roma sulla via Flaminia.

Le cremate ceneri saranno inumate nella Cripta Mussolini al cimitero di San Cassiano a Predappio, dove riposerà per sempre al fianco del suo ritrovato sposo Vittorio e del Duce.

giovedì 21 maggio 2009

Un evento da non perdere

Riceviamo dalla U.N.C.R.S.I. la seguente comunicazione, che pubblichiamo consapevoli dell'enorme importanza dell'evento:

"La riunione conviviale di MAGGIO, sara' dedicata aLLA TESTIMONIANZA DI UN "GIOVANE FASCISTA", CLASSE 1925, CHE, NEL GIUGNO 1941, SI ARRUOLO' NEI BATTAGLIONI "M" : AVEVA 15 ANNI E 7 MESI!
FERITO IN ALBANIA, ANCORA CONVALESCENTE, IL 25 LUGLIO SI PRESENTA AL REPARTO PER VEDERSI RELEGATO, SENZA ARMI E SENZA ORDINI, IN UN CAMPO BARACCATO.
L'8 SETTEMBRE LA SUA UNITA' SI SCIOGLIE MA LUI NON VUOLE ARRENDERSI NE' TRADIRE L'ALLEATO. SI ARRUOLA, DI NUOVO VOLONTARIO,
NELLA "SS LEIBSTANDARTE ADOLF HITLER". NON AVEVA ANCORA 17 ANNI!
IL SUO SPIRITO COMBATTIVO VIENE ESAUDITO: SACCA DI TCHERKASSY, NORMANDIA, CAEN E SACCA DI FALAISE, OFFENSIVA DELLE ARDENNE. QUI' SALTA SU UNA MINA CON IL SUO CINGOLATO. SI SALVA BENCHE' FERITO. INTERROMPE LA CONVALESCENZA PERACCORRERE NUOVAMENTE SUL FRONTE RUSSO FINO ALLA FINE! DALL'OTTOBRE 1943 AL MAGGIO 1945 UNA BATTAGLIA DOPO L'ALTRA, SENZA SOSTE, SENZA TREGUA, SENZA RESPIRO, SENZA MAI ARRENDERSI.
OGGI E' ANCORA CON NOI PER INDICARE AI GIOVANI LA VIA DEL CORAGGIO,
DEL DOVERE, DELLA LEALTA' E DELL'ONORE!
PER ASCOLTARE LE PAROLE DI FERDINANDO GANDINI, I CAMERATI, SIMPATIZZANTI ED AMICI SONO INVITATI A PARTECIPARE ALLA RIUNIONE DEL 25 maggio P.V. CHE SI TERRA', COME AL SOLITO, ALL' HOTEL MASSIMO D'AZEGLIO, IN VIA CAVOUR, ALLE ORE 20. SI PREGA DI NON MANCARE. OGNI CAMERATA FACCIA OPERA DI APOSTOLATO E DIVENTI FARO DI VERITA' E DI GIUSTIZIA VERSO I TANTI CHE HANNO SOFFERTO PER LA PATRIA E A CUI E', DI FATTO, VIETATA LA PAROLA !"

VIVA LA R.S .I.

U.N.C.R.S.I. - CONTINUITà IDEALE

lunedì 18 maggio 2009

SPIGOLATURE SU UN MASSACRO

In occasione del 64° anniversario dell'eccidio dei 43 Legionari della Legione Tagliamento, riceviamo il seguente articolo corretto 18 giugno 2009


C'era un brusio sbigottito tra i paesani in quei giorni di fine guerra. I quel piccola paese bergamasco, Rovetta, così come i tutti i piccoli centri, ogni notizia importante passava di bocca in bocca e, quel 28 Aprile 1945, preannunciava una tragedia che stava avvicinandosi minacciosa. Peraltro la gravità della situazione si era già delineata fin dalla mattina presto: quei camion carichi di partigiani armati fino ai denti che venivano da Clusone o forse da Lovere,quelle espressioni dure e la palese intenzione da parte dei nuovi arrivati di fare giustizia sommaria dei legionari prigionieri, non lasciava presagire nulla di buono. La guerra era finita da tre giorni ed il paese aveva già vissuto la tragedia bellica con la dolorosa separazione da numerosi suoi figli avviati verso i vari fronti, ma ora avrebbe dovuto essere tutto finito e, gradualmente, doveva tornare tutto alla normalità. Ma così non sembrava. Se la guerra aveva sostanzialmente sfiorato il paese con gli oscuramenti ed i controlli, ora il via vai di militari, tedeschi, russi e italiani erano terminati ; poi il fronte vero era lontano. Adesso, invece, la bruttura della guerra era lì, con le armi brandite minacciosamente sulle porte di casa, e ciò dimostrava che anche il peggio può peggiorare e le minacce attuarsi. Ed il "tam tam" preannunciava una uccisione in massa dei soldati che si erano arresi un paio di giorni prima.
I militari avevano trattato la loro resa con un improvvisato Comitato di Liberazione Nazionale, il quale avrebbe dovuto garantire un ordinato passaggio di poteri da una amministrazione militarizzata sconfitta ad una costituenda amministrazione civile dai caratteri assolutamente imprecisati. Il comitato di Liberazione , in acronimo CLN, avrebbe dovuto essere il braccio politico del movimento partigiano armato, gerarchicamente superiore alle brigate in armi; ma
erano tempi in cui la confusione era una costante, per cui la forza bruta collegata alla sete di vendetta annullò una subordinazione che, nei fatti, si rivelò una pura e disattesa formalità; e vedremo purtroppo con quali conseguenze. Il capo dei soldati prigionieri era un ragazzo ventiduenne, con gli occhiali, quasi timido che, per quanto privo di esperienze del genere aveva voluto la stesura concordata di un atto ufficiale di resa contenente garanzie per i miltari sconfitti. E sconfitti non in combattimento! Da giorni ogni comunicazione col loro comando era venuto meno e lo sfaldamento del loro apparato militare era sotto i loro occhi; così le blandizie di un CLN che offriva garanzie senza essere in grado di garantirle ne carpì l'ingenua buona fede. Le controparti nella stesura del documento erano stati un militare di carriera, in borghese, ed un sacerdote. Quali più qualificati garanti avrebbero potuto sottoscrivere quell'atto? Non sapeva, il ragazzo, che mai un militare in divisa si deve arrendere a civili che non abbiano superiori
diretti a cui rendere conto. La parola data può essere ripresa, riconsiderata a posteriori; i patti possono improvvisamente diventare privi di valore e, sui piatti della bilancia, finisce per pesare di più la spada di Brenno delle buone intenzioni. E la loro sentenza era già stata emessa, e non a Rovetta, ed il ventiduenne poco più che ragazzo con incarichi più grandi della sua età, quando fu brutalmente informato dai nuovi arrivati dei camion del crudele destino che sarebbe toccato a lui ed ai suoi soldati adolescenti protestò, ma inutilmente. Ricevette uno schiaffo da un partigiano, una fiamma verde, che gli fece cadere gli occhiali. Poi esibì inutilmente la copia dell'atto di resa, che fu fatto a pezzi. Chiese ancora che fosse lui e lui solo a pagare, e sollecitò per i suoi soldati un trattamento equo così come previsto dai patti sottoscritti, ma tutto fu inutile. Dovette così raccogliere dignitosamente gli occhiali e avviarsi al suo crudele destino ; fu fatto poi seguire, divisi a piccoli gruppetti, dai suoi soldati.
Nel frattempo il militare di carriera era scomparso, ed il prete protestò energicamente solo quando i partigiani gli dissero che avrebbero fucilato i militari conto il muro della chiesa, dicendo che glielo avrebbero sporcato, e per il resto subì e fu parzialmente acquiescente. Anche lui si rimangiò la parola: l'importante, per lui, era l'aver scongiurato una futura sconsacrazione della parrocchiale, e tanto gli bastava in quel momento. Disonorò sostanzialmente il proprio
abito , collocandosi a metà strada tra Don Abbondio e Ponzio Pilato e con l'aggravante di una buona deriva di avidità, pur pentendosi mentre erano in corso le ultime esecuzioni. In quel momento mise però molto zelo nel farsi consegnare dai morituri portafogli e valori che mai raggiunsero le famiglie di origine. E dovette scorrere un fiume di sangue prima che la sua coscienza , accecata forse dal risentimento per una motocicletta rubata che i soldati gli avevano trovata tempo prima nascosta in canonica , tornasse a valori ecclesiali, riuscendo a strappare alla morte tre quattordicenni, gli ultimi della lunga staffetta di assassinandi. Anche questo fu però grazie alla cooperazione congiunta coi pochi partigiani la cui sopportazione per la carneficina aveva già oltrepassato il livello di guardia. Va anche ricordato che un ufficiale partigiano aveva rifiutato di fornire uomini per le esecuzioni ma ,” vox clamans in desertum”, non potè fare nulla di più. Il prete ,invece, tenne poi nascosto il solo fuggitivo dal luogo dell'incarcerazione, che aveva preso il largo grazie alla passiva complicità di uno dei pochi umanissimi carcerieri . Questi guardiani improvvisati erano emanazione del pure improvvisato CLN, in cui i personaggi pricipali erano sempre il prete e l'ufficiale in borghese già citato, e non sapevano delle esecuzioni. E le due autoproclamatosi autorità non si posero neppure lontanamente il
problema sul come avrebbero potuto onorare le garanzie offerte. Così i carcerieri che facevano riferimento al CLN intuirono che le esecuzioni erano in corso solo quando dovettero consegnare i prigionieri a piccoli gruppi e sentirono poi gli spari. Nemmeno i prigionieri sapevano del destino che li attendeva; da quasi 2 giorni venivano vessati da continue minacce di morte e ciò aveva creato in loro, usi più ad agire che a subire, uno stato di confusionale passività e
di fatalismo. Ma ora lo scenario era mutato, ed andava percepita la nuova variante dato che le minacce di morte erano state proferite da gente diversa . Inoltre i nuovi arrivati della mattina si erano già fatti aprire la porta dell'improvvisata cella con la forza ed avevano percosso violentemente i prigionieri umiliandoli, e costringendoli a strapparsi le mostrine di cui andavano fieri. Sempre i nuovi, non fidandosi del CLN, avevano anche rinforzato il corpo di guardia con loro uomini. Solo uno dei prigionieri intuì istintivamente tutti questi cambiamenti. Già un carceriere gli aveva persino detto a bassa voce proibendogli di andare in bagno,”dove vuoi andare che tra tre minuti sei morto!” Capì che, dopo tante minacce di morte, quella potesse davvero essera la tragica “volta buona”nel senso di cattiva e agì: reiterò la richiesta del bagno e, quando come ultimo desiderio espresso da un condannato vi ci fu portato, fece in modo di chiudere solo parzialmente la porta, e si calò dalla finestra ; e la fortuna volle che il “Santo” guardiano gli fosse un poco anche angelo custode in quanto, volgendo il suo sguardo altrove aveva scelto una “amnesia da allarme”. Ma questo il ragazzo non poteva saperlo; al momento non poteva che essere solo preoccupato di far funzionale al meglio le ali ai piedi, ma li ritroveremo dopo.... Così il fuggitivo si rifugiò nella canonica che era prospicente al luogo dell'incarcerazione e si impossessò di una pistola lì nascosta ; era quella che il suo ufficiale aveva consegnato all'atto della resa ma, nuovamente armato, fu sorprese dalla perpetua impaurita che gli chiese se fosse uno dei prigionieri. La risposta era quanto mai ovvia e, per evitare possibili urla della donna gli consegnò l'arma e si nascose in soffitta armandosi solo di un pesante pezzo di ferro. Dal nascondiglio in soffitta intravide un certo movimento di armati ai piani bassi, ma nessuno lo cercò. E quando il prete tornò dalle esecuzioni (dove oltre ad aver raccolto i portafogli degli uccisi aveva anche officiato frettolosamente le funzioni di "routine" e lo sapeva ormai disarmato dalla sua “truppa”), salì di sopra ; lì , di fronte allo scampato, pianse. Gli disse che mai, in 20 anni di fascismo, aveva visto simili fatti e che lui poteva trattenersi in
casa sua quanto voleva, e se lo tenne per 3 mesi. Cominciava forse tardivamente a pentirsi per la sua accidia, ma la frittata era già stata fatta! E, come responsabile del CLN, aveva dovuto constatare che il primo frutto di una libertà giacobina appena conquistata era stata una mostruosità. Ed offrì persino al ragazzo la tessera di partigiano (fiamma verde); ne disponeva già di un pacchetto in bianco, che riteneva di dover distribuire come le particole delle funzioni
sacre. Il destinatario dell'offerta ebbe più dignità dell'offerente e rifiutò; e lui, sempre tardivamente, dovette ammettere che l'adolescente aveva ragione.
In paese c'erano molti sfollati dalle città. Un gruppo di questi era costituito dalla famiglia Di Segni, ed era composta dal padre, dalla moglie e da 3 figli. La guerra era già costata alla famiglia diversi trasferimenti, ultimo Rovetta. Avevano dovuto abbandonare una proficua attività e, da mesi, vivevano indisturbato in quell'ospitale paese dove avevano ampliato le conoscenze, quasi integrandosi. Addirittura ,qualche mese prima, un reduce ferito al fronte ed in convalecenza a casa ( per inciso lo stesso che avrebbe poi effettuato la desisteza dall'allarme lasciando allontanare quatto quatto l'unico fuggitivo dalla strage) che si sposava, li aveva invitati al proprio matrimonio. E per il banchetto, all'epoca, c'era scarsità di generi alimentari dovuti ai razionamenti ma, si sà, in un paese di media montagna, in occasione di un matrimonio, qualche gallina o coniglio escono sempre dal cilindro per finire in pentola, e così fu anche per quel matrimonio. A quel momento di gioia conviviale parteciparono anche alcuni militari tedeschi, che da sempre amano le varianti italiche alle loro "cartofen", alcuni nostri militari e , ovviamente, tutta la parentela dello sposo e della sposa. Tutti si conoscevano l'un l'altro, tutti conoscevano le reciproche origini e storie, e l'armonia fu quanto mai perfetta. E perchè mai rinnegare lo spirito di quel recente convivio che era stato un po' bonario ed un po' complice? Poi i legionari che stavano per essere assassinati conoscevano perfettamente la loro storia e li avevano sempre protetti da possibili angherie dei loro alleati. Specialmente Umberto, il promogenito, vedeva nei volti dei morituri solo volti di adolescenti quasi coetanei. Volti che, scorso un fiume di sangue sarebbero riusciti, se pur con con troppo ritardo , a risvegliare la coscenza obnubilata del prete. E , non potendo assolutamente accettare passivamente la tragedia preannunciata che si sarebbe consumata di lì a poco, partì. In un albergo di Rovetta trovò tre ufficiali partigiani che conversavano ed interpellò il più alto in grado, che poi sarebbe stato identificato per il famoso "Moikano"(al secolo Poduie Paolo, allora residente a Rovigno d'Istria), quello cioè che la cultura ufficiale avrebbe indicato come il solo responsabile della strage, ed esordì con un cortese ma risoluto :" Scusi, non crede che si dovrebbe fare ai ragazzi un giusto processo? Non tutti possono essere colpevoli!". La risposta fu "Lei chi è?" Umberto disse" Sono un Ebreo". Il Moikano proseguì con un suo caratteristico duro accento istriano "Dove era lei durante la guerra?" E Umberto"Sono un Ebreo, ho dovuto nascondermi con la mia faniglia". E allora il Moikano si erse con protervia per porre fine a quel dialogo intromissivo e chiuse seccamente con un "Noi eravamo in montagna!" E così finì il tentativo di un perseguitato di difenderne altri, in quel momento molto più che perseguitati. E poco dopo iniziarono a risuonare i rumori degli spari, vicino al cimitero, e durarono ore. Ed alla fine il brusio sommesso dei paesani cessò, lasciando il posto prima ad una cupa rassegnazione che si trasformò poi, gradualmente, in una cappa di silenzio che, per giorni, gravò sul paese. Quando in quel tranquillo borgo si consumò l'omicidio dei 43 ragazzi, che resta la più grande ed efferrata strage di minorenni di tutta la storia d'Italia, non fu certo un momemto in cui l'umanità ebbe il sopravvento. Ma se crudeltà e irresponsabilità, accidia, avidità e “ordini che venivano da altrove" determinarono quei momenti, a salvare il lato positivo della debole natura umana resta la semplicità disarmante di Umberto, uno dei pochi che ebbero il coraggio di manifestare aperto dissenso contro una mostruosità imposta da altrove , e della sentinella che .......dopo mezzo secolo riuscì finalmente anche ad abbracciare con le lacrime agli occhi l'allora ragazzo che aveva lasciato fuggire; fu solo il “Santo”(ed è forse un errore virgolettarlo), esponendosi a gravi rischi personali ma rispondendo più alla chiamata della propria coscienza che alle consegne impostagli dal servizio in una guerra ormai finita, l'Uomo che riuscì a rendere operativo un quasi generale ma impotente dissenso, pur raggiungendo solo un limitato successo.

GEROLDI SERGIO

domenica 17 maggio 2009

L’ALBERO DEI GUERRIERI E IL CAMPO DELLA MEMORIA


Importante iniziativa in ricordo dei combattenti della RSI

Domenica 17 maggio, su iniziativa della Fondazione RSI – Istituto Storico di Terranuova Bracciolini (AR) e del Centro Studi Militari RSI di Latina, è stato donato al Campo della Memoria di Nettunia un ciliegio, offerto per l’occasione da Paolo Felci di Velletri.
All’iniziativa hanno assistito una delegazione ufficiale de La Destra guidata dal Cav. Uff. Maurizio Brugiatelli e una delegazione ufficiale della Fiamma Tricolore con a capo il Cav. Uff. Bruno Sacchi.
Presenti anche alcune giovani e giovanissime ragazze nettunesi che hanno partecipato ai piccoli lavori per la piantumazione del ciliegio, al termine dei quali il poeta legionario Sacchi ha recitato una poesia di consacrazione dell’arbusto: «Possa questo albero / affondare le radici / in questo sacro suolo / dove riposano i corpi / dei combattenti dell’onore, / trarre da esso linfa / e dare frutti, essenza stessa / dell’anima e dello spirito / di tutti coloro che / hanno dato la propria vita / per la libertà, la modernità / della nostra Patria, l’Italia».
Al termine della recitazione, i presenti si sono stretti intorno al ciliegio nel saluto di Roma.

«Questa iniziativa ha un alto valore spirituale e politico – ha dichiarato Pietro Cappellari, ricercatore della Fondazione RSI – e richiama antiche tradizioni che qui al Campo della Memoria sono ancora rispettate. Il lavoro di piantumazione del piccolo arbusto di ciliegio ha coinvolto tutti i partecipanti all’iniziativa. Questa volontaria partecipazione al lavoro collettivo, altro non è che la riproposizione dei dettami di Corneliu Zelea Codreanu, mitico Capitano della Guardia di Ferro romena, riguardo al “lavoro legionario”. Importante è stata anche la partecipazione delle giovanissime ragazze nettunesi che con la loro giovinezza, la loro purezza e la loro bellezza rappresentano l’eternità mistica dell’Ideale conservato nel Campo della Memoria. Loro, in un certo senso, sono l’Idea che si fa realtà, che prende forma nella persona umana e si fa azione, un’azione necessariamente proiettata al futuro. Anche il mese scelto per questa iniziativa è un mese “particolare”. Il mese di maggio è legato alla storia d’Italia da importanti eventi: il 29 maggio 1875 nacque il più grande filosofo italiano Giovanni Gentile; il 22 maggio 1902 nacque l’eroe nazionale Ettore Muti; il 24 maggio 1915 l’Italia entrò nella Prima Guerra Mondiale; il 9 maggio 1936 venne proclamato l’Impero; ecc. Il fulcro su cui si basa la cerimonia di oggi, comunque, è il ciliegio. Nella tradizione orientale, giapponese in particolare, il ciliegio è l’albero sacro dei guerrieri. Si narra che un Imperatore del Sol Levante, ordinò di piantare queste particolari piante nei luoghi ove erano sepolti i samurai. Da quel giorno, i fiori bianchi dei ciliegi divennero rosa, i frutti rossi, poiché si erano nutriti del sangue di quei meravigliosi fedeli guerrieri. La sacralità di questo albero è dimostrata anche dal fatto che i samurai, che seguendo il loro codice d’onore decidevano di effettuare il seppuku, erano soliti effettuarlo sotto un ciliegio. Ancor oggi questa pianta è venerata in Giappone, tanto che si è soliti affermare che “il ciliegio è tra gli alberi, quello che un guerriero è tra gli uomini” e, cioè: come tra gli uomini il migliore è il samurai, così tra le piante la più bella è il ciliegio. Anche i Romani riconobbero il misticismo di questo albero, consacrandolo alla dea Venere. Questa pianta rappresenta nel mondo reale le virtù dei guerrieri, quelle della fedeltà e dell’onore. Fedeltà ed onore furono i cardini spirituali su cui si fondò la scelta della Repubblica Sociale Italiana. Una scelta per molti aspetti disperata, quando tutto era ormai perduto e proprio per questo sublime. I volontari della RSI sapevano che il loro gesto avrebbe costituito un “punto di non ritorno”, come i fiori di ciliegio – bellissimi, ma fragili – anche la loro scelta fu romantica e disperata, che si consumò nello spazio di pochi mesi: il guerriero, abituato a pensare alla morte in battaglia non come un fatto negativo, ma come l'unica maniera onorevole di andarsene, rifletté nella caducità del fiore di ciliegio questa filosofia. La Fondazione della RSI promuoverà la piantumazione di un albero di ciliegio in tutti i sacrari della RSI, perché dove cadde un volontario sia sublimato, con questo gesto, il senso della sua scelta per la Patria».

Lemmonio Boreo

lunedì 11 maggio 2009

64° anniversario dell'eccidio di Rovetta

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sabato 9 maggio 2009

Uomini sopra le rovine

conferenza tenuta al campo di FormAzione da Maurizio Rossi


Fondazione RSI di Roma


La tre giorni all'Istituto è stata un Campo d'istruzione, ovvero di formazione, ed è stata propria in quest'ottica che Maurizio Rossi - terzo ed ultimo relatore - ha inteso la sua relazione. Una relazione, appunto, e non una conferenza, come ha tenuto a ribadire: non è ad accademici, nè ad intellettuali, che ha parlato, bensì a militanti, ovvero a uomini e donne che cercano quotidianamente di tradurre le parole in fatti. Fatti e non parole: cioè esempi. Esempi come quelli dei combattenti della Repubblica Sociale che abbiamo avuto il piacere e l'onore di incontrare, e rammentare, più volte in questi giorni. Combattenti dell'onore che qui, all'Istituto Storico della R.S.I., si riuniscono anche per tramandare ai giovani la loro esperienza di uomini di militia, creando così quel legame alla base della continuità ideale che Maurizio Rossi ha ben sottolineato. Proprio partendo dall'idea d'un legame - d'un sottile filo rosso che ha legato le esperienze dei fascismi - Maurizio ci ha parlato della figura del combattente, dell'uomo tra le rovine, arrivando fino ad oggi. Un filo conduttore, quindi, che permette di inquadrare queste esperienze su di un piano non soltanto politico, ma universale e cosmico.



I fascismi, infatti, ove poterono esprimersi in una forma organizzata e stabile, si dedicarono alla selezione ed alla formazione dell'uomo nuovo, ovvero del soldato politico: cioè di colui il quale riesce ad esportare l'esperienza della lotta (il soldato) al dominio della politica (il militante politico). Dopo la Grande Guerra, infatti, gli ex-combattenti tornarono dal fronte trasfigurati nell'animo da un'esperienza brutale ma, al tempo stesso formatrice e vivificatrice di forze. Questi uomini, appreso il senso più vero del cameratismo nelle trincee, tornarono alla vita non concependola più come prima, bensì come lotta. Lotta tra le rovine per la costruzione di un qualcosa di nuovo e più vero.
Nasce così líidea stessa che animerà i fascismi: la costruzione dell'uomo che a quest'ordine ideale dovrà corrispondere. L'obbiettivo diviene opporsi alla società riscoprendo la comunità, distruggere l'individuo per riappropriarsi dell'essere.

GLI ALPINI D’ITALIA RENDONO GLI ONORI AI CADUTI DELLA RSI

Imponente manifestazione patriottica al Campo della Memoria di Nettuno

L’8 maggio 2009, cinquecento Penne Nere dell’Associazione Nazionale Alpini si sono ritrovate al Campo della Memoria per una suggestiva cerimonia in onore dei caduti della Repubblica Sociale Italiana. Presenti anche dei rappresentanti delle truppe da montagna spagnole.
Un picchetto della Brigata “Taurinense” in assetto di guerra ha presenziato alla manifestazione organizzata in occasione dell’82° Raduno Nazionale delle Penne Nere a Latina.
Tra i partecipanti: il Comandante Cav. Gr. Cr. Ajmone Finestra del Battaglione GNR “Venezia Giulia”, il Cav. Gr. Cr. Bartolo Gallitto Agente Speciale della Decima MAS, il Conte Cav. Gr. Cr. Prof. Giulio Crociani Baglioni Presidente del Centro Studi Storici e Politici Internazionali “Patria e Libertà”, il Comm. Dott. Pietro Cappellari ricercatore della Fondazione della RSI – Istituto Storico, il Cav. Uff. Maurizio Brugiatelli in rappresentanza dell’Ordine dell’Aquila Romana. Presenti numerosi reduci della Repubblica Sociale Italiana, soprattutto della Divisione Alpina “Monterosa”.
Questa Divisione venne costituita ufficialmente il 1° gennaio 1944, dopo un incontro tra Hitler e Mussolini ed andò a costituire la quarta Grande Unità del risorto esercito italiano. Addestrata in Germania secondo le più avanzate tecniche di combattimento, rientrò in Italia nel luglio successivo e fu schierata in Liguria con funzioni antisbarco: si prevedeva, infatti, una prossima offensiva anfibia angloamericana a Sud della Francia e nel Mar Ligure.
Alcuni Battaglioni della “Monterosa” vennero impiegati sulle Alpi Occidentali e contribuirono a respingere le puntate delle unità francesi che cercavano di invadere il Piemonte. Altri Battaglioni furono dislocati in Garfagnana e parteciparono, nel dicembre 1944, alla famosa Operazione “Tempesta d’Inverno” che aprì una breccia tra le truppe della 5a Armata USA poste a difesa di quel tratto di fronte. L’offensiva italo-tedesca allarmò non poco i Comandanti angloamericani: si interruppe solo per la cronica mancanza di mezzi.
La Divisione Alpina “Monterosa” cessò di combattere il 28 aprile 1945, dopo aver ricevuto l’ordine di sospendere le ostilità dal Maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani. Tuttavia, alcune unità si arresero solo nei primi giorni di maggio.
La “Monterosa” ebbe più di mille caduti. Di questi, 133 furono assassinati dai partigiani a guerra ormai conclusa.
Sarebbe incompleta questa trattazione se non citassimo le formazioni di Alpini non indivisionati della RSI, tra cui si ricorda il Reggimento “Tagliamento”, che fu posto a difesa del confine orientale italiano. Per lunghi mesi, gli Alpini della RSI sbarrarono il passo alle orde slavo-comuniste. Il 27 aprile 1945, il Reggimento “Tagliamento” ripiegò su Cividale del Friuli e, insieme a reparti partigiani della “Osoppo”, impedì alle truppe di Tito l’entrata ad Udine. Il 30 aprile, gli Alpini della RSI, considerando chiusa la loro missione, si arresero ai reparti neozelandesi che entravano in città.
Il Reggimento “Tagliamento”, uno dei tanti reparti della Repubblica Sociale Italiana a cui va l’onore di aver difeso l’italianità dell’Istria e della Dalmazia, perse 720 uomini tra morti e dispersi. Quarantacinque furono gli Alpini assassinati a guerra finita dai partigiani.
La cerimonia al Campo della Memoria dell’8 maggio ha voluto ricordare anche loro: i combattenti dell’onore dalla penna nera.
Dopo lo schieramento, il Comandante del Plotone della Brigata “Taurinense” ha dato a tutti l’attenti e, al suono del silenzio, è stata posta una corona in memoria di tutti i caduti della RSI.
Una giornata importante quella dell’8 maggio, che ha visto uniti gli Italiani – quelli veri! – nel nome della Patria.


Lemmonio Boreo

venerdì 8 maggio 2009

Conferenza Del professor Polia tenuta al campo di FormAzione 1,2,3 Maggio


Mario Polia ha tenuto la seconda conferenza di questo campo. La serietà dei suoi studi, ma soprattutto la sua coscienza e la sua consapevolezza nel vivere e nell'incarnare la Tradizione, lanciano in ogni incontro l'attenzione dell'ascoltatore verso l'assoluto. Ascoltare Polia significa sollecitare quel Dio dormiente che è in ogni uomo.

Il tema di questo incontro è stato quello dell'etica e della mistica della guerra. L'essenza del suo intervento si potrebbe sintetizzare in una bellissima frase di un manifesto della R.S.I. appeso proprio nella sala della conferenza: La vittoria e la sconfitta sono nelle mani di Dio.

La guerra, per il guerriero delle civiltà tradizionali - per il romano - è vissuta come un dramma, come estrema ratio necessaria per ristabilire un ordine in terra. E' molto interessante rilevare come il termine bellum derivi dalla parola duellum, il quale designava l'usanza presso i popoli antichi, di decidere le sorti della guerra attraverso uno o più duelli tra i condottieri dei due eserciti. Questo avveniva nella più totale consapevolezza che le sorti di una guerra combattuta sulla terra dipendevano da ben altro che dalla forza materiale ma, solo dalle forze celesti che sovrastano il mondo. E' esattamente quanto riferito da Corneliu Codreanu, quando ci ricorda che: "le guerre sono vinte da coloro che hanno saputo attrarre dai cieli le forze misteriose del mondo invisibile e assicurarsi il concorso di queste". Proprio questa consapevolezza regnava nel cuore dell'uomo romano ed antico, concependo la guerra come momento in cui la volontà divina si manifestava in terra a favore di uno o dell'altro contendente: proprio per questo il duello era sufficiente per capire la volontà degli dei. Non vi era bramosia di potere o desiderio di gloria alla base della guerra ma, volontà di assolvere alla volontà degli dei.

Non a caso le truppe romane venivano sovente rappresentate con a capo l'aquila, la quale era manifestazione di Giove che le guidava. Niente di tutto questo, naturalmente può essere riscontrato nella deviazione moderna della guerra tecnologica in cui al corpo a corpo sono stati sostituiti i missili e le bombe nucleari.

Ma dov'è oggi la nostra guerra? Quale il campo di battaglia ove impegnarsi per combattere una guerra giusta? Polia ci ricorda come secondo la tradizione indù il campo di battaglia è sovente associato al cuore. Ed è proprio partendo da questa semplice analogia che è possibile capire come sia proprio il nostro cuore il campo di battaglia più importante dove si combatte la santa guerra contro sè stessi: contro il nemico dell'ozio, del vizio dell'abbandono, del disimpegno ... lì le truppe della luce e delle tenebre sono schierate in attesa della nostra scelta. E cosÏì seduti tra questi quadri e queste foto appese sulle mura di questa sala, che ci rammentano di nobili esempi, la risposta non può essere che una: Luce, Luce, Luce!

giovedì 7 maggio 2009

RECENSIONE Conferenza “Revisionismo” di Pietro Cappellari (1.05.09)

La prima conferenza, tenuta dal Dott. Pietro Cappellari, porta l’attenzione su di un argomento poco conosciuto ma di sicuro interesse e perfettamente in linea con lo spirito del Campo. Si parla di “Revisionismo: tecnica e indagine della ricerca storica”. Cappellari, noto esperto ricercatore storico e appassionato della storia della Repubblica Sociale Italiana, inizia il suo intervento sottolineando come la conoscenza della storia, della “nostra” storia sia elemento imprescindibile per combattere la battaglia a cui oggi siamo chiamati. La mistificazione moderna degli eventi del passato è, infatti, una potente arma nelle mani del nemico, che la sfrutta per indottrinare le masse sin dall’educazione scolastica.
Cappellari passa subito ad analizzare il suo metodo di ricerca, fatto di passione, curiosità ma soprattutto coscienza: riportare in vita la verità su determinati episodi della storia è un dovere nei confronti di chi ha donato la vita per l’Idea e un atto di testimonianza per coloro che verranno. Così l’astuzia del ricercatore, la sua intuizione e la sua formazione gli permettono di sfruttare canali poco conosciuti e arrivare spesso a delle scoperte assai poco prospettabili.
Come, ad esempio, la verità sulla rappresaglia di Leonessa (Rieti) dove vi è una targa dedicata a presunti partigiani che si sono poi rivelati essere nella loro vita tutt’altro che tali. Una scoperta scomoda, che metterebbe in crisi numerose coscienze, sempre pronte a ribadirsi dalla “parte della libertà”. Ma, sappiamo bene che la vera Libertà viaggia insieme alla Verità. E questo è solo uno dei risultati delle ricerche di questi “ricercatori non conformi”.
Al revisionismo oggi è data volutamente una volgare connotazione negativa, quando invece costituisce un legittimo e scientifico metodo di ricerca – come sottolinea Cappellari – che nasconde molte insidie poiché si combatte contro luoghi comuni e “verità manipolate”. Ciò rende difficile il compito ma, l’esperienza acquisita sul campo educa il ricercatore, gli fornisce un metodo e lo rende un fondamentale strumento per conoscere la verità, oggi che la guerra non si combatte in una trincea ma sui banchi di scuola, nelle piazze, nei media.
La conclusione di Cappellari su questo interessante argomento – ancora così poco conosciuto – impegna tutti noi ad un’opera personale che si dimostra imprescindibile: studiare la storia e ciò che è stato, non accettare le verità ufficiali ma combattere la menzogna e le falsità. Perché tutti noi un giorno potremo ritrovarci davanti a chi ci sbandiera una presunta realtà storica di cui conosciamo l’infondatezza. A quel punto noi, da militanti che si richiamano agli eterni valori della Tradizione, dovremo essere pronti a ribadire la Giustizia e la Verità: e questa sarà possibile solo avendo interiorizzato una storia che ci appartiene. Acquisire dunque una conoscenza “aristocratica” della storia e non ridursi ad essere gli ennesimi subumani lobotomizzati che il mondo moderno della menzogna ha plasmato: questa la nostra missione!

Cosa è stato il campo...

Per la prima volta nella storia dell’Istituto Storico della R.S.I. si è svolto un “Campo d’Istruzione e di FormAzione” rivolto a giovani militanti (e non) che da più parti d’Italia hanno deciso di impegnarsi in questa tre giorni di approfondimento, lavoro e confronto cameratesco. Per questo, l’occasione di quest’anno si è rivelata per molti versi una scoperta del tutto inaspettata, rispetto a quanto già fatto in passato all’Istituto. Felice scoperta di tante realtà che - seppur divise da centinaia di chilometri (Monza, Catanzaro, Trieste, Roma…) e in molti casi senza conoscersi a fondo - si sono ritrovate insieme, nella condivisione degli stessi ideali e valori.
L’Istituto Storico della R.S.I. è così diventato per vecchi e nuovi frequentatori un momento per ricaricare le batterie: non quelle del corpo – sebbene riposo e cibo non siano mai mancati – ma quelle del cuore… quelle batterie che il mondo moderno con i suoi ritmi frenetici e le sue menzogne scarica ed insabbia nella monotonia della quotidianità.

In tal modo, questo 1° Campo d’Istruzione e di FormAzione dell’Istituto Storico è stato veramente l’occasione giusta per liberarsi una volta tanto dalle catene borghesi del mondo, e per fermarci a riscoprire veramente chi siamo, ritrovando il senso delle nostre “origini”. Così il confronto cameratesco, l’approfondimento culturale e la riflessione sull’esempio dei caduti della R.S.I., insieme alle ore spese nel lavoro comunitario, sono state tutte tese a dare risposta ad una domanda: come possiamo noi far rivivere in una società così meschina l’eroismo dei nostri padri? Com’è possibile traghettare i valori, gli esempi, dei combattenti dell’onore fino a noi: militanti del terzo millennio?
Nel dare una risposta concreta e militante a questa domanda si è sviluppato il nostro Campo: infatti alle vane parole abbiamo deciso di sostituire una più sana “oratoria dei fatti”, come nell’insegnamento del Capitano Codreanu.
La mattina, dopo la sveglia alle 7:30, fatta colazione tutti insieme, si parte subito col lavoro. Qualche pulizia qua e là, una verniciata a qualche porta un po’ precaria … giorno dopo giorno ci siamo accorti come lavorare insieme ci abbia reso tutti più uniti ed allo stesso tempo tutti partecipi di una comune “casa” – l’Istituto – ove ognuno, nella misura in cui ha potuto, ha dato il proprio contributo.
Dopo il lavoro mattutino, seguito dall’ottimo “rancio” preparato dai nostri camerati in cucina, nuovamente qualche ora di lavoro fino alle 17:00 in cui, lasciati gli arnesi da lavoro, si è passati alle conferenze.
Conferenze non per intellettuali né accademici, ma per uomini e donne che alle belle parole preferiscono il contributo di relatori “militanti” che come tali hanno parlato, faccia a faccia, a militanti. Così le conferenze di questo Campo, seppur apparentemente diverse nei temi trattati – dalla ricerca storica revisionista, fino all’etica guerriera – sono state tutte legate da una comune finalità: proiettare l’eroismo nel presente partendo dall’esperienza e dalle gesta del passato ma, col pensiero rivolto al futuro.



martedì 5 maggio 2009

Primo Campo di FormAzione presso la sede della Fondazione a Terranuova Bracciolini (AR)


Concluso con successo ed entusiasmo il I Campo d’Istruzione e FormAzione della Fondazione della RSI – Istituto Storico di Terranuova Bracciolini (Arezzo).
Numerosi i militanti giunti da tutta Italia che si sono confrontati per la prima volta con l’ente che si pone come avanguardia nello studio della storia della Repubblica Sociale Italiana e come fedele custode dei suoi valori. I partecipanti hanno potuto vivere tre giorni intensi e operativi; Il campo, infatti, ha dato la possibilità ai giovani intervenuti di capire cosa significhi ritenersi eredi dei valori e dello stato d'animo che ha mosso chi rifiutò l'infamia del tradimento badogliano e continuò a combattere per mantere fede ad un impegno preso. La giornata è stata scandita da lavori per mantenere in efficienza la sede ed incontri di approfondimento, ma non sono mancati i momenti goliardici e la giusta allegria.
Riteniamo l'esperimento del primo campo pienamente riuscito, in cantiere vi sono già molte altre iniziative delle quali vi terremo al corrente tramite questo sito.

lunedì 4 maggio 2009

Il nostro Parco delle rimembranze

Riceviamo dalla comunità militante di Monza e riteniamo doveroso diffondere:

"C’è un angolo del cimitero di Monza che racchiude un frammento di storia “scomoda” vi è sepolto il corpo di un pluridecorato generale della Milizia circondato dalle tombe di “camice nere” morte prima, durante e… dopo il ventennio fascista. Questo campo, dimenticato da tutti, abbandonato e lasciato al degrado dall’amministrazione cimiteriale, è stato “adottato” da tre anni dai milites della Compagnia Militante di Monza che, oltre a tenerlo pulito, quest’anno lo hanno completamente restaurato, restituendo a statue, monumenti e tombe un aspetto dignitoso e ordinato. Inoltre l’intera area di circa 200 metri quadri è stata ripulita dalle erbacce e abbellita con centinaia di fiori, con bandiere e lumini. Il modo migliore e più dignitoso per ricordare “un altro 25 aprile”: quello degli Italiani che hanno combattuto e sono morti per l’Onore della Patria."

Per chi volesse saperne di più: www.compagniamilitante.it


domenica 3 maggio 2009

MIRACOLO A SANT’ANNA Un’“apparizione” davvero eccezionale

Relazione di uno dei Film proiettati durante il campo del 1,2,3 Maggio:

Da tempo vi era un gran parlare dell’ultimo lungometraggio del regista afroamericano Spike Lee, incentrato, almeno così si affermava, sulla strage di Sant’Anna di Stazzema del 12 agosto 1944.
In quell’eccidio, compiuto dal XVI Battaglione della 16a Divisione SS, si registrarono – secondo la versione ufficiale – 560 morti, tra cui molte donne e un centinaio di bambini. Una delle pagine più dolorose della storia d’Italia, definito dal Tribunale militare di La Spezia come “un atto di terrorismo”.
Alla diffusione della notizia dell’inizio delle riprese, ho subito pensato alla solita pellicola di propaganda antifascista. Quei lungometraggi fonti di odio perenne che, invece di ricordare le vittime di tanta ferocia, avevano l’unico scopo di poter essere utilizzati politicamente. Quelle pellicole dove si poteva costruire a tavolino il “male assoluto”, come se nell’intera storia dell’umanità nulla di più grave fosse mai avvenuto.
Dato questo pregiudizio, non mi sono più interessato del lungometraggio di Spike Lee. Poi, improvvisamente, la mia attenzione è stata attirata dalle manifestazioni di protesta di alcuni esponenti politici della sinistra più o meno estrema. Si accusava il regista afroamericano di revisionismo e di aver stravolto la “vera” storia della strage di S. Anna di Stazzema.
L’accusa di revisionismo fatta da certi personaggi era garanzia che Spike Lee si era “sganciato” dalla vulgata, cercando altre “vie” che, evidentemente, portavano molto lontano dalla versione ufficiale che da decenni si tramandava sull’orrendo crimine.
Il lungometraggio in questione, lungi dall’affrontare la storia della strage di S. Anna, è in realtà un tributo alla 92a Divisione “Buffalo” degli USA. Un reparto che, agli occhi del regista, riscattò l’onore degli afroamericani fortemente discriminati in Patria: vi era più razzismo negli Stati Uniti democratici che nell’Italia fascista.
Per il resto, ogni pretesa di storicità cadeva nella chiara constatazione dell’origine del filmi, tratto da un romanzo edito dalla Rizzoli nel 2002.
Una pellicola, comunque, corretta sotto il profilo storico, in quanto non voleva assolutamente essere una cronaca degli eventi.
Tuttavia, i “gendarmi della memoria” sono insorti. Loro, che per decenni hanno fatto della manipolazione della storia una vera e propria professione, hanno accusato Spike Lee di voler offendere chi si è battuto per la “libertà” e quant’altro.
La verità è che la pellicola è stata per costoro un’occasione mancata. Totalmente controproducente e non spendibile politicamente.
Nel film vi è il fascista del paese, che è rimasto fedele all’Idea, che è un personaggio del tutto rispettabile, che muore salutando romanamente, quasi eroicamente. Un’indecenza per la vulgata.
Vi è l’Ufficiale tedesco “buono”, uomo di cultura, generoso, addirittura da ammirare. Una vergogna per la vulgata.
Vi sono anche i partigiani. Ed è qui la nota “dolente”. Sono loro che fanno la figura più meschina in tutto il film. Si ricordano i passati fascisti di alcuni di loro, si vedono mentre rubano soldi dai corpi dei soldati tedeschi uccisi nelle imboscate, si tradiscono tra loro, addirittura si ammazzano tra loro.
Lo stesso Comandante partigiano ammette che se i tedeschi sapessero cosa ha fatto gli strapperebbero il cuore…
Allora si capisce il perché delle proteste. Sessant’anni di propaganda comunista spazzati via in pochi minuti. Proprio quelli che più di qualcuno voleva tagliare e censurare… per amore della “democrazia”.
A nulla è valso il “pistolotto” iniziale che avverte l’“incauto” spettatore che il film che sta per guardare è un’opera di fantasia e precisa che gli unici responsabili della strage furono i “nazisti”…Spike Lee, per nulla intimorito, ha voltato semplicemente le spalle ai “gendarmi della memoria” furenti e imbestialiti ed è andato avanti per la sua strada.
Il regista afroamericano ha cercato di evidenziare la “barbarie teutonica” ma non ha convinto. Certamente, richiami all’antifascismo non mancano. Ma sono sbiaditi, mancanti di quell’autorevolezza morale del “bene assoluto”. Infatti, i commenti più duri e sarcastici sul Regime sono fatti dalla figlia del noto fascista del paese. Insomma, da un pulpito non certo “immacolato”.
Una ragazza, tra l’altro, chiamata “donna in calore” dagli stessi soldati afroamericani che se la contendevano e ai quali, alla fine, si è concessa con tutte le sue grazie.
A ciò si deve aggiungere che la giovane antifascista “in calore” era la moglie di un soldato italiano disperso in URSS. Il marito, magari, era confinato in un gulag sovietico per aver combattuto per la Patria e lei se la spassava con il “nemico”.
Insomma, c’è poco da gloriarsi di avere tra le proprie schiere prostitute del genere suaccennato.
I “gendarmi della memoria” sono diventati paonazzi, anche se, a dire il vero, qualche concessione Spike Lee a loro l’ha fatta. Si pensi a quando si asserisce che Pascoli – ed altri poeti – erano censurati dal Regime fascista. Falsità grossolana, questa sì!
Si pensi anche alla scena finale dove i – pochi – partigiani combattono insieme ai soldati afroamericani. Poteva bastare, invece non si sono accontentati. Bruciavano troppo le due ore di filmi già trascorse.
Ebbene, se si deve fare un appunto a questo lungometraggio è, forse, proprio alla scena in cui i partigiani combattono. Perché, sia chiaro, durante la strage di Sant’Anna di Stazzema, i ribelli non spararono un colpo contro i tedeschi intenti al massacro.
Pesantissime, invece, furono le accuse che ha rivolto loro Giorgio Pisanò, nella sua monumentale opera Storia della guerra civile in Italia.
Pisanò, tanto per ritornare alla questione del tradimento di un partigiano, ha scritto che “al rastrellamento […] partecipò, accanto ai tedeschi, un ex-partigiano comunista, di nazionalità polacca, diventato spia delle SS: fu costui, molto probabilmente, a indicare ai tedeschi le frazioni da distruggere e le famiglie da massacrare”. Di fronte a tali affermazioni, il film-romanzo di Spike Lee assume davvero un’altra veste.
Pisanò ha avuto il coraggio di andare oltre. Ha calcolato le vittime nell’ordine di 300-350 e ha riportato alcune testimonianze in cui si accusava i ribelli di essere scappati all’arrivo delle SS.
Non solo, ha aggiunto che “i comunisti […] non si limitarono a tradire gli abitanti di Sant’Anna, non si limitarono a farli massacrare. Fecero di peggio: come tanti sciacalli tornarono in paese dopo la strage e si misero a spogliare i cadaveri dei trucidati dalle SS”.
Di tutto ciò mai si discute. Nulla si sottopone a revisione. Tutto è chiuso all’interno di una campana di vetro, dove i morti sono usati dalla propaganda antifascista per diffondere odio e far politica.
Ma le campane di vetro, si sa, sono fragili. Molto fragili.


Pietro Cappellari

Commemorazione del 64° anniversario della strage di Rovetta

Riceviamo dal comitato onoranze per i caduti di Rovetta il seguente invito e programma per il 64° anniversario della strage:

COMITATO ONORANZE CADUTI DI ROVETTA

Caro Camerata,


il Consiglio Direttivo, unitamente al Comitato Caduti di Rovetta, ti comunica che il nostro XVII Raduno si terrà nei giorni 24 e 25 Maggio 2009 presso l’Hotel La Bussola di Clusone (Bg), a due chilometri da Rovetta, in Via Brescia n. 14.

La Manifestazione, improntata al ricordo dei nostri Caduti, è ormai una tradizione tra le più sentite e utili per la Continuazione Ideale dei valori di cui i nostri Martiri erano e sono l’esempio più elevato; quindi ti aspettiamo per onorare insieme numerosi la loro Memoria e il significato del loro eroico Sacrificio che per noi non fa parte del passato, ma è vivo nel presente che non dimentica.

Alleghiamo al presente invito il foglio contenente il Programma dei due giorni, le condizioni di partecipazione, e i riferimenti per le prenotazioni e ogni desiderata informazione, a nell’attesa di rincontrarci in questa prossima occasione a Rovetta, ti salutiamo romanamente.

FRANCO MANDELLI
Presidente

comitatorovetta@tiscali.it
www.comitatoonoranzecadutidirovetta.blogspot.com


Il programma del raduno è il seguente:

SABATO 23 Maggio 2009 (Hotel Ristorante ‘La Bussola’ di Clusone)

8,30 Colazione
10,00 Incontro d’Apertura, illustrativo della Celebrazione della Ricorrenza del 64° anniversario della Strage di Rovetta, e assegnazione del Premio relativo alla 4^ edizione del Riconoscimento Nazionale di Merito per operati a favore dei Caduti della Repubblica Sociale Italiana – Continuità Ideale.
13,00 Pranzo
16,30 Riunione commemorativa in riva al Lago d’Iseo e deposizione di una Corona dove furono assassinati i Legionari La Pera e De Vecchi (Lovere, località Visinone, Via Gregorini) e visita alla Tomba dei nostri Caduti nel Cimitero di Lovere.
20,30 Cena
22,00 Fiaccolata di preghiera dai piedi del Cimitero di Rovetta al luogo della Strage e sosta di veglia in omaggio dei nostri Martiri.

DOMENICA 24 Maggio 2009

8,30 Colazione (Hotel Ristorante ‘La Bussola’ di Clusone).
10,30 Tradizionale corteo e sosta al muro di cinta del Cimitero di Rovetta dove i 43 Legionari caddero e dove avrà luogo la Cerimonia del ripristino e la benedizione delle nuove lapidi, quella dei nostri Martiri e l’altra di Padre Antonio Intreccialagli, collocate al posto di quelle barbaramente abbattute, cui seguirà l’ appello ai Caduti e il saluto del Silenzio d’ ordinanza.
Celebrazione della Santa Messa nella Cappella del Cimitero, officiata da Padre Giulio Tam.
13,00 Pranzo presso l’Hotel Ristorante ‘Europa’ di Clusone.
18,00 Saluti e scioglimento del Raduno

CONDIZIONI (Hotel Ristorante ‘La Bussola’ di Clusone)
Venerdì 22 : mezza pensione € 40,00 (bevande incluse) camera singola
: pensione completa 45,00 (bevande incluse) camera singola
Sabato 23 : pensione completa € 40,00 (bevande incluse) camera matrimoniale a persona
: mezza pensione 35,00 (bevande incluse) camera matrimoniale a persona
Domenica 24 : pranzo Euro 30,00 (bevande incluse) presso l’Hotel Ristorante ‘Europa’ di Clusone, in Via Gusmini, 3.
Ogni altra consumazione non è inclusa nelle “condizioni”, quindi è a carico del consumatore
RIFERIMENTI :
Per le prenotazioni di venerdì 22 e sabato 23 : Hotel la Bussola, Via Brescia 14, Clusone (Bg) tel 034624635 fax 034621680, con riferimento alla manifestazione per i Caduti di Rovetta.
Per le prenotazioni del pranzo di domenica 24 : Hotel Ristorante ‘Europa’, Viale Gusmini 3 24023 Clusone (Bg), tel. 0346 21576 fax 0346 24856
Comitato Caduti :
Franco Mandelli tel. 3477536345

XVII Raduno Gruppo Reduci I^ Legione ‘M’ Tagliamento
Rovett, 64° anniversario della Strage

Hotel La Bussola, Clusone (Bg)
Sabato 24 Maggio 2009 ore 10,00

INCONTRO D’APERTURA

P r o g r a m m a
Saluto del Comitato e cenno introduttivo
Gianni Rebaudengo
Saluto del Presidente del Raggrupp.to Naz. Reduci R.S.I.
Stelvio Dal Piaz
Commemorazione e prospettiva della Strage di Rovetta
Carlo Viale
Futuro ipotizzabile della Memoria dei nostri Caduti
Maurizio Canosci
Assegnazione Riconoscimento Nazionale 4^ edizione
Comunicazioni del Comitato, lettura calendario 2009 e commiato
All’Incontro sono stati invitati gli organi della Stampa, della Radio e della Televisione del territorio







Etica Guerriera

Un breve estratto della conferenza intitolata Etica Guerriera, tenuta da professor Mario Polia,durante il campo di formazione tenutosi presso la sede della Fondazione a Terranuova Bracciolini i giorni 1,2,3 Maggio.
La forma semplice con la quale il professore tocca ed illustra temi profondi e spesso di difficile comprensione ci mostra come la vera cultura sia diversa dalla erudizione dove si ricercano e si fa sfoggio di termini e parole difficili, spesso per non dire proprio nulla.