giovedì 30 aprile 2009

LA GIL DI NETTUNA Ritrovato a Roma un prezioso reperto dell’Era Fascista


Il Prof. Alberto Sulpizi di Nettuno, noto ricercatore e fine conoscitore delle tradizioni nettunesi, ha ritrovato nella Capitale un prezioso oggetto: il fregio metallico che contrassegnava la sede della Gioventù Italiana del Littorio di Nettunia Centro.
Il fregio era affisso sul portone del Palazzo baronale in Piazza Guglielmo Marconi, nel borgo.
Nel 1937, l’allora Commissario Prefettizio Aurelio Leoni aveva demolito i caseggiati siti tra il suddetto palazzo e la Collegiata dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista, ricavandone un’ampia piazza.
Proprio quell’anno, l’Opera Nazionale Balilla prendeva il nome di Gioventù Italiana del Littorio.
Quando si decise di trovare più funzionali spazi per l’educazione dei giovani nettunesi, la scelta cadde proprio sul prestigioso Palazzo baronale.
La sede della GIL era all’ultimo piano dell’edificio, mentre all’entrata venne costruito un piccolo sacrario dedicato ai Martiri Fascisti.
Nei magazzini sottostanti, invece, furono sistemate le varie attrezzature della premilitare.
Il nome della piazza fu adottato nel 1939, per omaggiare il grande scienziato Guglielmo Marconi, membro del Gran Consiglio del Fascismo.
Centinaia furono i giovani nettunesi assistiti ed educati nelle strutture dell’ONB e della GIL poi.
L’organizzazione delle Colonie marine e montane di questa istituzione rimangono un primato rimasto imbattuto.
Tutto si concluse con la caduta del Fascismo, il 25 luglio 1943. Il giorno seguente, un gruppo di esagitati vilipese i simboli del Regime ed “assaltò” la Casa del Fascio e la sede della GIL, ormai deserte.
Bastò l’intervento di due Carabinieri Reali per riportare un minimo di ordine.
Durante i vari atti di vandalismo, andò perduto il fregio metallico della GIL, strappato – nel vero senso della parola – dal grande portone e gettato a mare.
Nessuno avrebbe mai ritrovato quel simbolo.
Invece, nell’estate 2005, un sommozzatore – esperto di archeologia – trovò qualcosa di strano tra la sabbia dei fondali, nell’acque antistanti allo stabilimento balneare “Vittoria”: era il simbolo della GIL di Nettunia, aveva attaccato ancora un pezzo di portone…
Dopo un accurato restauro, venne venduto all’antiquario Angelo Curati di Roma. E’ qui, in Via delle Terme di Diocleziano, che il Prof. Sulpizi è riuscito ad “intercettare” il prezioso reperto dell’Era Fascista.
Grazie alla professionalità di questo ricercatore nettunese, tra i più intelligenti amanti delle cultura che Nettuno abbia mai avuto, il fregio della GIL è potuto tornare alla “sua” Nettuno.
E’ un frammento di storia restituito ai Nettunesi e, soprattutto, alle generazioni future, perché sappiamo amare la Storia patria e da essa imparare per crescere.
Grazie Alberto.

Pietro Cappellari
Ricercatore Fondazione della RSI – Istituto Storico


mercoledì 29 aprile 2009

riceviamo e segnaliamo


Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata dal Gruppo di ricerche storiche "Pino Tosca" di Modugno (BA) al sindaco di Bitonto, per una "svista" in una lapide di un caduto appartenente alla divisione Monterosa

"... Il Gruppo ricerche storiche “Pino Tosca” promuove ricerche sulle tradizioni locali e sui caduti di tutte le guerre. Attualmente stiamo svolgendo una ricerca sui caduti pugliesi del periodo 1943/1945. Segnaliamo alla S.V. di aver verificato, da documentazione in possesso dell’Associazione ex combattenti Divisione Alpina Monterosa, che il Sergente Piselli Rocco di anni 25, già residente nel Vs.Comune e fucilato il 5 maggio 1945 a guerra conclusa da partigiani della Brigata Garibaldi in Mezzenile (TO), è stato tumulato nel Sacrario presente nel cimitero di Bitonto con lapide che attribuisce invece l’uccisione ai tedeschi. Per inciso si ricorda che il 5 maggio 1945 i soldati tedeschi erano già rientrati in Germania e che l’Italia era occupata dagli Angloamericani. Pertanto si chiede alla S.V. di voler promuovere in Consiglio Comunale la rimozione della scritta presente sulla lapide sostituendola con: Sergente Piselli Rocco Div. Alpina Monterosa fucilato a guerra conclusa il 5/5/1945 a Mezzenile (TO). Ciò per onestà e rispetto della memoria storica del caduto. Per quanto sopra, si ringrazia e si inviano cordiali saluti..."

rimaniamo in attesa di ulteriori sviluppi della ricerca portata avanti dal gruppo "Pino Tosca"

sabato 25 aprile 2009

25 Aprile : Non possiamo dimenticarvi, camerati!

Come posso dimenticarvi camerati. Sono passati oltre sessant’ anni dalla vostra morte, e noi non possiamo lasciare la bandiera che ci avete consegnato, quella della continuità ideale e del ricordo. Non siete morti inutilmente. Quella goccia d’onore la portiamo nel sangue e nel cuore. Lo scrittore Henry de Montherlant scrisse: “I volti dei giovani in armi apparivano induriti. Tutto era nell’ordine. Così sia. Noi marceremo al posto degli altri se sarà necessario… Le madri in lutto guardavano quei ragazzi così cresciuti, così somiglianti ai loro figli. Quando la folla si allontanò restarono dietro esitanti, come affascinate da un foglio sul muro che splendeva come un sorriso. Prima di varcare la soglia per uscire si fermarono sotto il quadro dove erano scritti i nomi dei caduti del Collegio, per leggere ancora una volta quello che sapevano esserci, un nome che non si sarebbe più mischiato negli affari del mondo”. Sono stato allievo in un collegio ad Oderzo, dove alla fine della guerra, dopo aver consegnato le armi, vennero trucidati dai partigiani 126 ragazzi della Repubblica Sociale. Ma in quel collegio non c’è una lapide che li ricordi. I loro nomi non sono stati incisi sul freddo marmo con la data di nascita e il reggimento d’appartenenza, però i loro nomi sono stati scritti nei nostri cuori. Non c’è posto per chi ha indossato la camicia nera, non c’è posto per quelli come i ragazzi del Collegio Brandolini di Oderzo che sono caduti per la nostra patria. Avevano solo diciotto anni, ma indossavano con onore una divisa, quella della Repubblica Sociale. Furono a migliaia quelli che si arruolarono, a migliaia quelli che furono massacrati alla fine della guerra. Ma non preoccupatevi: quei nostri valori non passeranno mai sotto il segno dell’antifascismo e della resistenza e lasciateci almeno l’onore di ricordarli. Non chiediamo vendetta: la guerra è finita per tutti. A questi soldati non verranno mai dedicate strade, anche la chiesa ha il timore di celebrare delle messe per loro. Ma il silenzio imposto la condanna di chi un tempo li difendeva e li onorava, ora non può che aiutarci a capire che se il vostro cameratismo è morto, il nostro cuore arde ancora. Lasciateci ricordare i nostri martiri, lasciateci mettere dei fiori di campo sulle loro tombe, lasciateci fare il nostro saluto, le nostre radici non si sono ancora seccate, la nostra acqua è pura come quella dei fiumi non ancora inquinati, nei quali si vede il fondale. Non possiamo sopportare ciò che ora accade in Italia. La nostra patria sta soffrendo per una grande crisi, ma la crisi più grave è che stiamo dimenticando d’essere italiani. Stiamo dimenticando quello che hanno fatto i nostri padri, inseguiamo la fine, cerchiamo il precipizio. Lo scultore tedesco Arno Breker, alla fine della seconda guerra mondiale, venne perseguitato, perché aveva creato delle opere d’arte che celebravano quel periodo. Venne umiliato e i vincitori gli distrussero tutte le sue opere , ma lui non si piegò, non si arrese. La rivista Militia riportò queste sue affermazioni : “ … ma certi valori sono indistruttibili, nonostante tutto. E non si può essere colpevoli eternamente! Così a me non è dato di esporre perché io sono colpevole! Non posso lavorare come vorrei perché sono colpevole ! E se qualcuno mi attacca, mi offende sulla stampa o altrove, io non posso difendermi perché non troverei un giudice abbastanza coraggioso da rendermi giustizia. Io sono inesistente ! Io ho sempre torto ! Come il vinto! Io sono un vinto, è tutto!”. Quanti dovettero pagare questo tributo anche in Italia.

Gli storici affermano che ventimila persone vennero uccise dalle vendette partigiane, ventimila massacrati alla fine della guerra, non durante la guerra. Molti corpi non sono stati recuperati, molte donne uccise, molte violentate, e penso alle ausiliarie, il cui sacrificio mi è davanti. Ma a distanza di sessant’anni stiamo ancora discutendo e negando l’onore a quelli che vennero uccisi. Nei campi di battaglia si stanno riesumando un milione di soldati tedeschi caduti in guerra in Russia, Polonia, Ucraina, Bielorussia. Ho trovato questa notizia sul giornale “ La Stampa ”(7 gennaio 2008) .

David Keys scrive : “Un milione di soldati tedeschi caduti sui campi di battaglia della seconda guerra mondiale nell’ Europa dell’Est saranno riesumati dopo sessant’anni e avranno finalmente degna sepoltura in cimiteri di guerra che la Germania sta rapidamente allestendo. Una decisone che però già suscita polemiche, perché tra quei corpi ci sono anche quelli di migliaia di Waffen SS reclutati nei paesi alleati e occupati dal Reich nazista”. Ma nel riesumare i corpi di questi soldati si fa una particolare attenzione nel dividere i buoni dai cattivi. Non bisogna che qualche Waffen SS finisca in un cimitero. Così continua il giornalista: “Tuttavia il progetto è costantemente accompagnato da polemiche e sospetti. In Polonia, le autorità controllano sistematicamente il nome di ogni soldato riesumato (per lo meno quelli identificabili dalle targhette metalliche o altro) e lo confrontano con le liste dei criminali di guerra per assicurarsi che nessuno di loro finisca per aver un posto e un nome nei nuovi cimiteri”.

Credo che non si dovrebbe fare questo: di fronte alla morte ci dovrebbe essere solo pietà. Ogni soldato che muore in guerra ha donato la sua vita. Non si potrebbe posare una pietra su questa drammatica vicenda, una pietra a forma di croce. Forse in questo modo la guerra e i suoi ricordi verrebbero sepolti, non lasciando posto all’odio. In Italia alla fine della guerra una madre raccoglieva i corpi dei soldati tedeschi che trovava nei campi di battaglia e non li giudicava dal grado o dall’uniforme, non le importava se erano stati soldati delle Waffen SS o soldati della Wehrmacht. Con le sue mani di madre pietosa li seppelliva in cimiteri di campagna, avendo cura di informare le rispettive famiglie. Tante madri tedesche l’hanno ringraziata perché grazie a lei hanno trovato i figli. Nessuno ricorda questo episodio. La donna ha dimostrato un grande cuore.

Alcuni giorni fa mi venne donata una gavetta e un elmetto tedesco custoditi da un contadino. Appartenevano a un soldato catturato dai partigiani nelle vicinanze di Motta di Livenza. Prima di massacrarlo, lo fecero dormire in una casa rurale. Il soldato chiedeva pietà. A casa lo attendevano tre figli e inutilmente ne aveva mostrato le foto ai suoi carnefici, ma non riuscì a impietosirli. Il tedesco fu massacrato e il corpo sepolto da qualche parte, non lontano da Motta di Livenza, accanto alle limpide acque del suo fiume. In quei giorni altri due tedeschi furono massacrati a colpi di accetta. Ho saputo di recente che una contadina conserva ancora quella scure. Fatti come questo ve ne sono molti.

Se uno scrittore valido e onesto come Giampaolo Pansa volesse descrivere ciò che accadde a tanti tedeschi in ritirata, ce ne sarebbero di pagine. In questi sessanta anni sono stati tanti e tanti episodi su quello che hanno fatto i tedeschi, ma non altrettanti sui tedeschi uccisi in Italia dai partigiani durante e dopo la fine della guerra. Tanti furono uccisi inutilmente solo per vendetta. Per loro non c’è mai stata una croce. Giovanni XXIII di cui sono usciti tutti i suoi diari su alcune vicende della seconda guerra mondiale scrive: “La caduta di Mussolini” “La notizia più grave del giorno è il ritiro di Mussolini dal potere . La accolgo con molta calma. Il gesto del Duce lo credo atto di saggezza che gli fa onore. No, io non gli getterò pietre contro di lui. Anche per lui sic transit gloria mundi. Ma il gran bene da lui fatto all’Italia resta: il ritirarsi così è espiazione di qualche suo errore. Dominus parcat illi. Ma il papa buono dell’umanità scrive ancora nel suo diario due considerazioni sull’Armistizio. “le notizie di ieri sera annunciavano l’armistizio Eisenhower! Badoglio ha firmato il 3. Certo è un grande dolore per l’Italia, ed io lo condivido: ma conseguenza ineluttabile della guerra andata male, e della violenza dei bombardamenti che non sono guerra ma soprafazione selvaggia”.

Non posso commentare le parole di un papa. Ma vorrei che i nostri capi leggessero il diario di questo papa, specialmente quelli che hanno preso le distanze dal fascismo, chiamandolo il male assoluto, dopo aver definito Benito Mussolini un grande statista. Il papa Giovanni XXIIII su Pizzale Loreto scrive: “30.4. 1945. Giornata triste nel pensiero della fine esecranda riservata dai partigiani – cosiddetti patrioti – a Mussolini con la Clara Petacci e ai suoi più vicini fascisti. Vangelo sanguinoso ed implacabile. Io ho invocato però misericordia e pace”. Il papa buono dell’umanità scriveva in data primo maggio del 1945: “impressioni disgustose circa il trattamento fatto al corpo di Mussolini al Largo Loreto di Milano”.

Non posso non essere d’accordo con quello che ha scritto Giovanni XXIII, il suo cuore ha avuto coraggio, non credo che i nostri politici che ci insegnano a sposare l’antifascismo e la resistenza la pensino come lui. Quante poltrone vacillerebbero e quanto coraggio troveremmo. Io penso che anche in tempi come questi bisogna saper tenere in alto i nostri cuori e il nostro saluto. Io morirò fascista, il mio ultimo respiro resterà fascista. E di Mussolini come dice il papa “il gran bene resta”.

Onore ai tutti i caduti della guerra senza distinzione, onore a chi immolò la sua vita per l’Italia. Non ho nessuna difficoltà a portare il mio saluto nei cimiteri italiani, dove sotto un cumulo di terra sono sepolti i nostri caduti. Io non andrò nelle piazze, lasciatemi marciare solitario tra i nostri ricordi. Ho un famigliare da onorare: un ragazzo di tredici anni. Sua madre tornando a casa dall’ospedale, abbracciando il marito urlava: maledetti partigiani me lo avete ucciso. Era il suo unico figlio credo che meriti pure lei un ricordo. E voi uomini, divenuti massime autorità, che un tempo avevate quella fiamma nel cuore, perché l’avete spenta? Noi pochi o molti saremo soli con il ricordo, il nostro ricordo che non passa attraverso le bandiere rosse, l’antifascismo, la resistenza. La nostra bandiera porta ancora l’aquila che vola verso la montagna come il nostro sguardo. “Il cedere e il rassegnarsi al fato non sono scritti nel libro della mia vita ; provo nella tenacia di questa lotta, che mi ghermisce, nella fierezza di non piegare mai la fronte, nel proposito incrollabile di morire in piedi, una soddisfazione, che il volgo non sa, non può intendere, e che somiglia a quella che la maggior parte degli uomini non sa attingere che solo dalla vittoria”. Gaetano Manfredi, gli oratori del giorno settembre /ottobre 1957 n 9-10

Emilio Del Bel Belluz


Per gentile concessione di www.azionetradizionale.com

Novità editoriale

Riceviamo e pubblichiamo volentieri la recensione del libro di Giannetto Bordin, disponibile presso le nostre sedi.

Spia del “Büro Marine”
Un Balilla moschettiere nei servizi segreti tedeschi

Verona 1943, l’infausta data dell’armistizio lascia un segno profondo nel quattordicenne Giannetto Bordin, allora appena promosso Caposquadra dei Balilla Moschettieri; la scena che si presenta ai suoi occhi è sconfortante, ufficiali che scappano, soldati che gettano via la divisa e cercano disperatamente un abito civile, funzionari del regime che attendono tempi migliori e canaglieria varia che si aggira in città.
La data dell’otto di settembre si abbatté come un uragano sulle coscienze di tutti gli Italiani e li scosse a tal punto da formare, come sottolinea l’autore, un vero e proprio spartiacque; da una parte rimasero gli arrivisti, quelli che dallo stato fascista avevano ottenuto cariche, compensi e onori e che presto salteranno sul carro (armato) dei vincitori, e dall’altra i puri, spesso fascisti della prima ora, che volendo lavare l’onta del tradimento si organizzeranno in squadre di azione ben prima della fondazione della RSI.
Tra questi ultimi il padre del giovane Giannetto, che da subito militò in quella che poi sarebbe diventata nel 1944 la XXI brigata nera “Stefano Rizzardi”; che sarà la squadra d’azione responsabile dell’ordine pubblico durante il processo ai traditori del Gran Consiglio del Fascismo del 25 Luglio 1943, tenutosi a Verona nel gennaio del 1944, presso la sala concerti di Castelvecchio.
Nel suo libro l’autore narra con dovizia di particolari la sua particolare esperienza di combattente della RSI; raggiunto il padre nel novembre del 1943, presso la futura Brigata Nera, vive le vicende di questa, vicende spesso tragiche e dolorose, essendo quello il periodo in cui l’infame mano gappista comincia a colpire, fino al 1944, quando viene contattato da elementi del servizio informazioni della Marina Germanica, per essere addestrato come elemento da infiltrare oltre le linee nemiche come marconista, per trasmettere preziose informazioni alle forze dell’Asse.
L’addestramento viene svolto a Rovereto, sotto la guida di rigidi istruttori Tedeschi, purtroppo termina troppo tardi per essere impegnato in azione, infatti torna a Verona il 23 Aprile del 1945; di lì a poco ( il 26 Aprile) gli Americani sarebbero entrati in Città.
Il libro, pur non avendo altre pretese, che quello di narrare i fatti veramente accaduti durante il periodo della Repubblica Sociale, riesce a trasmettere in pieno il clima e la fede che animava certe scelte sicuramente “scomode”, scelte che venivano rispettate anche dai nemici anglo-americani.
Riportiamo un brano del libro a tal proposito, esemplificativo della differenza di vedute tra “partigiani” e inglesi : “ (…) siccome i nostri avversarsi continuavano ad inveire ed insultare i “fascisti”cercando la complicità degli inglesi, che evidentemente ritenevano dovuta d’ufficio, Il sottoufficiale estrasse una grossa pistola dalla fondina e, impugnandola con aria minacciosa, esplose un colpo in aria. Gli ex partigiani zittirono di colpo. Fu allora che nel più assoluto silenzio, con voce chiara, lasciando allibitii presenti, l’inglese gridò una frase rimasta indelebilmente scolpita nella mia memoria: “Partisan Italian bastards, Fascists Italian Gentelmen”.

Prossimi appuntamenti

I giorni 1,2,3 Maggio presso la sede dell'istituto a Terranova bracciolini, verrà organizzato un campo militante.
Sarà un momento di incontro per le varie delegazioni di tutto il territtorio nazionale, che parteciperanno alle varie attività organizzate per l'occasione, che spazieranno dai lavori per mantenere in efficenza la sede ad incontri di approfondimento culturale.
Per l'occasione verranno invitati relatori di prim'ordine per preparazione culturale tra i quali il Professor Mario Polia e Maurzio rossi.

un elenco ancora provvisorio dei titoli e delle date delle conferenze è il seguente:

Venerdi 1 maggio, ore 17.00
Revisionismo: Tecnica ed indagine nella ricerca storica
Interviene Dott. P. Cappellari vicepresidente della
Delegazione Romana della Fondazione RSI
Sabato 2 Maggio, ore 17.30
Uomini sopra le rovine
Dai combattenti dell'onore, ai militanti del terzo millennio
Interviene Maurizio Rossi

venerdì 24 aprile 2009

Ricordiamo il 23 aprile giorno dedicato a San Giorgio protettore dei cavalieri e dei soldati

O glorioso San Giorgio che sacrificaste il sangue e la vita per confessare la fede, otteneteci dal Signore la grazia di essere con voi disposti a soffrire per amor suo qualunque affronto e qualunque tormento, anzi che perdere una sola delle cristiane virtù; fate che, in mancanza di carnefici, sappiamo da noi stessi mortificare la nostra carne cogli esercizi della penitenza affinché morendo volontariamente al mondo e a noi stessi, meritiamo di vivere a Dio in questa vita, per essere poi con Dio in tutti i secoli dei secoli.

Così sia!

NOI GIOVANI ABBIAMO UNA MISSIONE

Perché collaboriamo con i reduci dell’Istituto Storico della R.S.I.

Questo articolo e’ rivolto soprattutto a quei giovani che credono nel patrimonio storico, umano e spirituale della Repubblica Sociale Italiana. Coloro che vogliono contribuire e partecipare a questa nuova iniziativa di collaborazione,possono contattarci direttamente nelle sedi dell’associazione.
Le “chiacchiere” non ci sono mai piaciute, così come le persone tanto avvezze a parlar bene ma a razzolar poco. Il nostro riferimento è la Tradizione, parola che racchiude un universo di simboli, miti, eroi, ma soprattutto parola che richiama in maniera indiscutibile all’azione. Questa premessa è necessaria, poiché quando abbiamo l’onore di collaborare con i reduci della R.S.I. dobbiamo essere consapevoli di avere di fronte uomini d’azione, di milizia, dei soldati. La Tradizione etimologicamente significa tramandare qualcosa, un qualcosa che si spiega con i valori quali la lealtà, il sacrificio, l’onore e la fedeltà. Coloro che l’8 settembre scelsero di combattere per la patria, lo fecero in modo disinteressato, con l’impersonalità attiva di chi è animato dalla virtù e dai valori dello spirito, di chi ha un fuoco che brucia nel petto; impersonalità tipica dei legionari, ardore tipico del combattente. L’esperienza che intrapresero, per molti fino all’estremo sacrificio, è un bagaglio inestimabile di un “altro sapere”, come ebbe a dire un “vecchio” guerriero di nome Rutilio Sermonti, un sapere che solo chi coltiva il proprio spirito può conoscere ed ammirare. E il nostro compito, oggi, è far sì che questo bagaglio non venga lasciato nell’oblio della dimenticanza, perché la Tradizione è anche testimonianza, conservazione della memoria storica di un popolo: abbiamo la possibilità di ascoltare le loro esperienze, di conoscere il significato dell’essere fedeli, per oltre mezzo secolo, ad una linea ed uno stile, sia in pace sia in guerra. Loro hanno vissuto l’onore, la fedeltà, la lealtà, la fratellanza, il cameratismo, hanno conosciuto il dolore per un fratello ucciso in battaglia, il coraggio e la forza di volontà che spinge ad andare avanti sempre, anche quando sei allo stremo. Loro hanno avuto nella vita almeno un’ora immortale, come dice il generale Degrelle. Loro hanno vissuto! E noi, oggi, possiamo dire lo stesso? Siamo i figli di un’epoca dominata dal lusso e dalla comodità, dalla mentalità borghese dell’uomo vile, di colui che non sa cosa significhi sacrificarsi per una idea, di chi, codardo e menzognero, è traditore prima di tutto di se stesso. Siamo i giovani del terzo millennio, i figli della decadente cultura occidentale, siamo quelli che consumano la vita senza sapere chi siamo, quelli che la società moderna vuole sonnambuli, siamo i prigionieri della caverna di Platone che non sanno neanche dell’esistenza del sole. Ma una possibilità l’abbiamo ancora, a patto di conservare l’umiltà di chi vuole imparare, la volontà di chi vuole lottare, l’abnegazione di fare militanza in nome di quei valori della Tradizione che i combattenti della R.S.I. hanno saputo incarnare nella vita. Sono loro gli ultimi baluardi di cosa significhi vivere la Tradizione, contro tutto e contro tutti, col coraggio di chi, animato dalla verità e dalla giustizia, non cede neanche un metro. Possiamo lavorarci a fianco, guardarli negli occhi, imparare dalle loro esperienze, scoprire il patrimonio di virtù e di coraggio di cui sono portatori, aiutandoli nel contempo nell’incredibile opera di conservazione, tutela e riscoperta storica di testi, documenti, foto, che raccontino le gesta di quegli uomini che hanno combattuto “dalla parte sbagliata”. Racconti che ci aiutino a vivere, perché se vogliamo affermare un’idea, se vogliamo essere in grado di combattere un nemico diverso da quello di sessant’anni fa ma altrettanto forte e disposto a sopraffarci, abbiamo bisogno di esempi, di testimoni di coraggio e forza d’animo, di uomini. La loro eredità è la nostra eredità ed anche se oggi molti si affrettano a definirla scomoda ed ingombrante, il nostro compito è quella di farla conoscere, divulgarla, svolgere un’operazione di verità che cancelli il fango che l’ha ricoperta. Il nostro vuole essere un aiuto concreto, partecipativo, attivo, ci mettiamo a disposizione per organizzare iniziative in cui la cultura sia azione e formazione, in cui si conosca e si impari da chi, dopo l’8 settembre, ha scelto la strada più difficile, da chi è ancora leone in un mondo di pecore.
Abbiamo bisogno della forza di chi ha occhi che ancora brillano.
Il tepore di una stufa elettrica non ci basta più, abbiamo bisogno del calore di un fuoco che brucia.
In alto i cuori!


Comunità militante di Raido, Roma

martedì 21 aprile 2009

Resoconto dell' incontro di domenica 19 Aprile


La delegazione Romana è stata presente all'incontro tenutosi presso la sede dell'istituto a Terranuova Bracciolini (AR) domenica 19 Aprile.
La sala conferenze dell'stituto ha accolto molti rappresentati delle delgazioni di tutta italia, che hanno potuto partecipare a tutti gli argomenti messi in ordine del giorno ed illustrati dal presidente Ingegner Conti. In particolare è stata presentata la nuova sezione ligure del'istituto e la delegazione romana ha fatto il punto sulle attività svolte e da svolgere nel breve periodo.
A seguire, l'intervento del Professor Oreste Foppiani ha portato nuovi spunti di riflessione e nuovi elementi, per delineare la situazione giuridico amministrativa degli internati Italiani post 8 di settembre, sia nei campi di prigionia Tedeschi, sia in quelli anglo-americani.
Speriamo vivamente di poter accogliere, quanto prima brani del suo studio su questo sito.

domenica 12 aprile 2009

Punto raccolta aiuti per l'abruzzo

Presso il domicilio della Delegazione Romana della Fondazione RSI, viene effettuata una raccolta di materiali per le popolazioni colpite dal terremoto.

RACCOLTA MATERIALI

COSA PORTARE:- biancheria intima (mutande, calzini, canottiere)- lenzuola- cuscini- coperte- sacchi a pelo- tende- lettini- materassi- scarpe- tute- stufe e altri tipi di riscaldamento elettrico- libri (per una futura biblioteca)

Dal Lunedì al Sabato dalle 10.00 alle 20.00

Delegazione Romana - Via Scire’ 21-23 a Roma (Quartiere Nomentano-Africano).
per tutte le INFO: raidomedia@gmail.com

Confidiamo nel vostro sostegno

venerdì 10 aprile 2009

SALVATO L’ARCHVIO-BIBLIOTECA DI CIPRIANO PORCU

Conclusa l’opera di salvataggio dell’importante patrimonio culturale

Grazie all’interessamento del Cav. Uff. Dott. Pietro Cappellari, Vicepresidente della Delegazione di Roma della Fondazione della RSI – Istituto Storico, è stato posto in salvo l’archivio-biblioteca del noto cittadino anziate Cipriano Porcu.

Per molti anni impegnato in politica – era stato Segretario amministrativo della Sezione “Piero e Bruno Fioravanti” del MSI di Anzio – Cipriano era conosciuto anche per l’impegno che aveva profuso a sostegno della locale squadra di baseball.

Nel corso degli anni, Porcu aveva allestito un’importante collezione di documenti e di libri. Purtroppo, il 27 gennaio 2003, dopo lunga malattia, Cipriano ci lasciò e il suo immenso patrimonio rischiò di andare perduto.

Nello scorso novembre, Pietro Cappellari – intimo amico di Porcu – volle verificare lo stato dell’archivio-biblioteca e, dopo un’ispezione, decise di porre in salvo le opere più pregiate della collezione.

«Purtroppo – ha detto Cappellari – la sistemazione provvisoria dell’importante patrimonio culturale era infelice, a causa dell’umidità persistente che stava pregiudicando la conservazione di molti documenti e pubblicazioni. La necessità, tuttavia, non era solo quella di salvare l’archivio-biblioteca, ma di poter valorizzare questo materiale e renderlo fruibile ad un vasto pubblico. Di questo progetto ne avevo già parlato con Porcu durante un viaggio che ci stava conducendo a Terranuova Bracciolini (Arezzo), per assistere ad una conferenza indetta dalla Fondazione della RSI – Istituto Storico. Certo, nessuno pensava che poco dopo ci avrebbe lasciato.

Quando nel novembre 2008 ho potuto verificare la situazione di emergenza che si era creata, ho pensato di iniziare immediatamente un’opera di recupero, di restauro e di catalogazione di tutto il materiale. E’ stato così possibile dividere tutto l’archivio-biblioteca in sezioni e pianificare per ogni sezione una giusta destinazione d’uso. Tutte le pubblicazioni riguardanti la storia locale e il baseball sono state trasferite nel fondo “Cento Libri per Nettuno”, mentre le altre opere a carattere generale sono state versate alla Biblioteca Comunale di Leonessa (Rieti). I documenti relativi alla storia della Repubblica Sociale Italiana sono stati donati alla Fondazione della RSI – Istituto Storico di Terranuova Bracciolini. Parte di questo materiale è stato da me utilizzato per l’elaborazione de I Legionari di Nettunia. I caduti della Repubblica Sociale Italiana di Anzio e Nettuno, che vedrà la luce il prossimo mese per i tipi dell’Herald Editore di Roma. La parte più preziosa dell’archivio riguardava la documentazione relativa al MSI degli anni ’60-’70. Grazie alla collaborazione dell’Associazione Culturale “Raido”, due casse di importanti carteggi sono stati versati alla Fondazione “Ugo Spirito” di Roma e saranno presto a disposizione degli studiosi impegnati a ricostruire le vicende dei movimenti fascisti del dopoguerra».



Lemmonio Boreo

SI TORNA A PARLARE DELLA “FOSSA DI LEONESSA”

Nuova indagine del Ministero della Difesa

Il 26 agosto 2004, una missione archeologica guidata dal Gr. Uff. Prof. Mario Polia, nella zona di Fuscello di Leonessa (Rieti), ritrovò quella che sembrò essere una fossa comune. A poca distanza da alcune rovine medioevali vennero rinvenuti frammenti ossei di indiscutibile appartenenza umana.
Dopo aver smosso delle zolle di terra, fu riporta alla luce la parte inferiore di uno scheletro umano, la cui datazione approssimativa risultò essere di 50 anni. Della missione archeologica faceva parte anche il Cav. Uff. Dott. Pietro Cappellari, ricercatore della Fondazione della RSI – Istituto Storico, da anni impegnato nello studio della guerra civile sull’Appennino umbro-laziale.
L’approssimativa datazione faceva risalire i resti al periodo della seconda guerra mondiale, quando su queste montagne si verificarono stragi germaniche e non pochi omicidi compiuti dai partigiani.
Il ritrovamento di più ossa fece pensare che in quella fossa fossero presenti i resti di almeno due persone. Infine, il rinvenimento di un proiettile all’interno di un muro crivellato da colpi sembrò dipingere una classica scena di esecuzione sommaria.
Vennero allertati i Carabinieri e il tutto fu affidato alla Magistratura. Nessuno si sbilanciò nell’identificare il corpo – o i corpi – anche se, in quel vallone, nei primi mesi del 1944, avvennero episodi mai chiariti come la scomparsa del Comandante partigiano Mario Lupo – secondo alcuni ucciso dai comunisti a causa del suo moderatismo –; la scomparsa di una ragazza sequestrata dai ribelli a Polino (Terni) e mai più ritrovata; l’uccisione di due combattenti della RSI i cui corpi scomparvero nel nulla. Tutti episodi rimossi dalla memoria collettiva e su cui scese una ferrea cappa di silenzio ed omertà.
Nonostante le gravi ipotesi di reato quali strage, vilipendio ed occultamento di cadavere, la Magistratura reatina, nell’assoluta mancanza di indizi in grado di ricostruire i fatti, non poter far altro che archiviare l’inchiesta.
«Altro probabilmente non si poteva fare – commenta Pietro Cappellari, attualmente Vicepresidente della Delegazione di Roma della Fondazione della RSI – anche se stupisce il silenzio generale su una scoperta così inusuale. E’ come se nessuno volesse immischiarsi in questa faccenda, timoroso di scoperchiare chissà quale vaso di Pandora. Per il solo sospetto che quei resti potessero essere di caduti della RSI, oppure configurare crimini partigiani, tutti se ne sono lavate le mani. Eppure nulla è emerso con certezza, quei resti potevano essere di chiunque. L’unica consolazione è la comparsa sul luogo dei ritrovamenti di una croce posta da mani ignote. L’abbiamo ribattezzata “croce silente”, una croce in memoria di tutti i caduti della RSI a cui è stato negato il diritto alla memoria: essa rimane silenziosa in mezzo ai boschi ad indicare alle generazioni future chi ha sacrificato la propria vita per la Patria. Molto romantico, ma ciò non ci deve far dimenticare che, nel 2004, non tutte le ossa poterono essere recuperate. In virtù di ciò, nell’ottobre scorso, abbiamo presentato un esposto al Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra – che si occupa di tutelare anche le sepolture dei combattenti della RSI – segnalando quanto a suo tempo denunciammo alla Magistratura. Il 9 marzo 2009, il Commissario Generale Gen. C.A. CC Vittorio Barbato ci ha comunicato che ha interessato il Comando Provinciale dei Carabinieri di Rieti “affinché provveda ad effettuare gli opportuni ed approfonditi accertamenti volti a verificare la presenza nella zona di resti umani”. Così a quasi cinque anni dalla scoperta si torna a parlare della “fossa di Leonessa”. Speriamo che le indagini, nonostante il tempo trascorso, trovino una giusta conclusione e magari possano aiutare a comprendere cosa effettivamente accadde nel “vallone della morte” in quei primi mesi del 1944».



Lemmonio Boreo

SALVATA LA TOMBA DI UN CADUTO DELLA RSI

Intervento della Fondazione della RSI in difesa della memoria storica

La Fondazione della RSI – Istituto Storico è riuscita a salvare la tomba del Tenente della Guardia Nazionale Repubblicana Giuseppe Camerini. Il merito dell’operazione va al Cav. Uff. Dott. Pietro Cappellari – Vicepresidente della Delegazione di Roma della FISRSI – e al ricercatore della Fondazione stessa Paolo Teoni Minucci.
«La storia del Ten. Camerini è una delle tante storie dimenticate del nostro passato – ha dichiarato Cappellari – quelle di cui è meglio non parlare. Mi sono imbattuto nella sua figura quasi per caso, durante la stesura de I Legionari di Nettunia. I caduti della Repubblica Sociale Italiana di Anzio e Nettuno (1943-1945), che uscirà nei prossimi giorni per i tipi dell’Herald Editore di Roma. Il Ten. Camerini era il Comandante di una Squadra di Militi della GNR di Brescia in cui militava anche il Nettuniano Piero Fioravanti. Questa Squadra, durante un combattimento sul Monte Genevris (Torino), venne catturata dai partigiani. Tutte le Camicie Nere furono fucilate il 3 agosto 1944, dopo aver rifiutato di rinnegare la propria fede fascista, morendo esibendosi in un provocatorio saluto romano davanti ai mitra dei loro carnefici. Dall’esame dei documenti era venuto fuori che la tomba del Ten. Camerini era situata nel cimitero di Brescia. Incaricai il ricercatore della Fondazione della RSI Paolo Teoni Minucci di verificare la notizia. Non solo lo studioso bresciano riuscì ad individuare il luogo di sepoltura del giovane Ufficiale della RSI, ma mi segnalò che la tomba non era considerata “sepoltura militare”, ma civile e, quindi, essendo ormai i discendenti irreperibili, a rischio di distruzione. Infatti, le tombe civili, dopo dieci anni, di norma vengono smantellate e i resti gettati nell’ossario comune. Ciò è impossibile per le tombe dei militari, tutelate da apposite leggi della Repubblica Italiana che ne difendono in perpetuo la memoria. Conscio della gravità della situazione ho subito fatto un esposto all’Onorcaduti del Ministero della Difesa, segnalando il caso. Dopo pochi giorni, l’Onorcaduti mi ha risposto che la tomba del Ten. Camerini sarà riconosciuta come “sepoltura militare” e che ha già avviato la pratica di “protezione” presso le competenti Autorità del Comune di Brescia».
Grazie all’intervento dei due ricercatori della Fondazione della RSI – Istituto Storico, la tomba del Ten. Camerini è oggi una sepoltura militare, tutelata dal Ministero della Difesa e posta alla venerazione delle giovani generazioni italiane che non mancheranno di omaggiare, anche a Brescia, chi si è immolato per la Patria.

Lemmonio Boreo

Assemblea dei Soci

Il prossimo 19 Aprile presso la sede di Terranuova Bracciolini (AZ) - località Cicogna, Via Pian Di Maggio n° 27 si svolgerà la prima assemblea dei Soci della Fondazione della RSI - Istituto Storico.
A seguire le comunicazione del Prof. Oreste Foppiani.

lunedì 6 aprile 2009

Costituita la Delegazione Romana della Fondazione RSI

Grande successo sabato 24 gennaio 2009 per la presentazione in Roma delle attività della Fondazione della RSI – Istituto Storico di Terranuova Bracciolini (Arezzo).
In Via Scirè 21-23, nella sede della Associazione Raido - www.raido.it, è accorso il pubblico delle grandi occasioni.
La conferenza, presentata da un membro dell'associazione ospitante e tenuta dall’Ing. Arturo Conti Presidente della Fondazione, è stata preceduta dalla visione di un breve video composto dall’Istituto Storico sulla Repubblica Sociale Italiana.
Al termine della manifestazione è stata ufficialmente costituita la Delegazione di Roma della Fondazione della RSI – Istituto Storico, la cui presidenza è stata affidata all'Ing. Bruno Lazzarotto che si varrà della collaborazione di due Vicepresidenti: il Dott. Pietro Cappellari e Benito Graziano D’Eufemia. Segretario della Delegazione il Dott Piergiorgio Ottaviani