martedì 29 dicembre 2009

Segnalazione di un sito molto interessante

Segnaliamo il seguente sito internet:

http://libridecimarsi.blogspot.com/

che riporta molte recensioni di libri sulla storia della Repubblica Sociale Italiana, alcuni dei quali molto rari ed antichi.
una iniziativa senz'altro meritevole.

Novità editoriale

E' disponibile presso la sede della delegazione Romana istituto storico RSI, il testo di Lodovico Galli: "Riflessioni sui Bombardamenti Aerei Brescia 1943-1945", un testo fondamentale per la documentazione delle incursioni aeree degli alleati sulla città di brescia, il libro ricco di foto e di immagini dell'epoca rende omaggio a chi perse la vita durante quei giorni bui.
Non manca l'intervista al Pilota Felice Squassoni, che difese i Cieli Italiani e le popolazioni indifese fino alla fine.

Per ordinazioni si prega di contattare la sede allo 06/86217334, oppure tramite mail

giovedì 24 dicembre 2009

Auguri di un sereno Natale

La delegazione Romana dell'istituto storico Rsi augura a tutti un buon Natale

LA DONNA FRA RIVOLUZIONE E TRADIZIONE

E' uscito il nuovo DVD della collana "Percorsi al Femminile"


Con questo incontro si è concluso il ciclo di conferenze “Percorsi al Femminile”; il compito di chiudere questo viaggio ideale è stato affidato a Sonia Michelacci, la quale partendo dalle donne di Sparta, passando per l’intensa figura di Evita Peron, ha condotto la platea fin nei perigliosi sentieri del mondo attuale. Un viaggio che ha attraversato l’universo femminile e che ha avuto come scopo il voler riscoprire il ruolo "originale" della donna: parlare senza retorica o artificiosità cercando e ritrovando, nella Tradizione, il suo ruolo naturale; questo è stato lo spirito che ha animato il Cuib femminile nella realizzazione di questi incontri.


Disponibile su ordinazione presso la sede della Delegazione Romana, per averlo contattare il 06/86217334

martedì 22 dicembre 2009

Donne soldato e Ausiliarie

Riteniamo utile pubblicare la seguente notizia per far riflettere sulla sostanziale e profonda differenza tra come viene considerato l'utilizzo delle donne nelle Forze armate oggi e la concezione che nella RSI portò a costituire il Servizio Ausiliario Femminile

Un figlio per il rimpatrio

Evidentemente sono in troppe a farsi mettere incinta per essere rimpatriate dal fronte…

BAGDAD - Potranno essere punite, e persino processate da corti marziali le donne soldato che rimangono incinte durante la loro permanenza al fronte. Lo ha stabilito il comando generale delle forze statunitensi nel nord del paese. E’ quanto rivela “Star and Stripes”, giornale gestito da militari, indipendente dal Pentagono, precisando che lo strano ordine, con cui la gravidanza viene inserita tra le proibizioni, è entrato in vigore lo scorso 4 novembre.

La norma interessa “tutto il personale militare, e tutti i civili che sono impiegati o accompagnano i militari nel nord dell’Iraq”. A rischiare la punizione non sono solo le donne soldato, ma anche l’eventuale padre, anche se si tratta del legittimo marito.

Come ha precisato un portavoce dell’esercito in una e-mail a Stars and Stripes, il divieto si applica anche alle coppie sposate che si trovano in missione di guerra all’estero: sia marito che moglie rischiano la punizione.

Il maggiore Lee Peters ha poi cercato di ridimensionare la portata del divieto, sottolineando che si tenderà ad applicarla quando la gravidanza di una militare, ed il suo rientro in patria entro 14 giorni, rischierà di minare l’efficacia dell’azione di un’unità, creando “un vuoto” che solo l’invio di un altro militare potrà riempire.

Un avvicendamento quanto mai difficile per le forze armate americane, ormai ridotte allo stremo da otto anni di guerre all’estero. In Iraq è stato avviato il ritiro, ma vanno inviati in Afghanistan nei prossimi sei mesi 30mila rinforzi. Questa misura non è stata ancora mai applicata, ha precisato il colonnello David Thompson, ispettore generale dei militari in Iraq. Che pur difendendone la legalità, ammette: è la prima volta, a sua memoria, che viene espresso un esplicito divieto del genere.

Ed Eugene Fidell, professore di diritto militare alla Yale Law School, assicura di comprendere i motivi che hanno spinto il comando ad emettere l’ordine in un momento in cui c’è disperato bisogno di forze in campo, ma sottolinea: “L’esplicito divieto rischia di trasformarsi in un complicato nodo di problemi legali, etici e procedurali. Siamo di fronte ad un problema che investe il nodo dell’integrità personale: i diritti riproduttivi”.

(20 dicembre 2009)

Tratto da www.azionetradizionale.com

venerdì 18 dicembre 2009

Solstizio 2009

Invece di maledire il buio
è meglio accendere una candela



NATALIS SOLIS INVICTI


Se non si conosce il retaggio spirituale che mosse alcune antiche tradizioni, è difficile che si riesca ad individuare il vero significato del NATALE. Per molti, anche se non tutti, sarà una sorpresa leggere quanto d’appresso si troverà scritto, ma è la realtà. Il Natale, da alcuni secoli a questa parte, viene celebrato come una festività che si rifà alla nascita del Cristo. E’ in uso, pressochè in tutto l’occidente cristianizzato, celebrare questa ricorrenza con simbolismi quale il presepe o l’albero di natale. Chi oggi abbia la convinzione che il Natale (come comunemente viene inteso) tragga le sue radici dall’avvenuta nascita del Cristo commette un grosso sbaglio, perché le cose stanno diversamente. Infatti se si andasse a ricercare l’origine di alcune feste religiose ci si accorgerebbe come molte di queste siano state soppiantate dal culto cristiano, che ne ha fatto l’uso e lo abuso che glien’è parso. Anche la “festa di Natale” rientra nel contesto di questa logica. Il Natale e l’Anno Nuovo sono residui di un mondo spirituale dimenticato e forse sconosciuto; sono delle testimonianze di una concezione “primordiale” dell’Universo e dell’Esistenza, che non hanno nulla a che vedere con la nascita del Bambino Gesù che, pur tuttavia, era e rimane una ricorrenza propria di una specifica tradizione che è appunto quella cristiana. Oggi come oggi il Natale e il Capodanno rappresentano due differenti ricorrenze di cui la prima viene festeggiata il 25 Dicembre, l’altra il 1° Gennaio.Nel passato le due date coincidevano, perché il Natale traeva origine dal “NATALIS SOLIS INVICTI” (Nascita del sole invincibile). Data questa, appunto, che ricorreva il 21 Dicembre (SOLSTIZIO D’INVERNO), che astronomicamente corrisponde al momento in cui il sole tocca il punto più basso dell’eclittica (cioè dell’ellisse che la terra compie girando attorno al sole), poi ricomincia la fase ascendente. Il giorno in cui ciò accade è il più corto dell’anno e si ha quasi l’impressione che questo “sole” tramonti, sprofondi quasi per non riapparire più; ma ecco che subito dopo, quasi per incanto, esso si rialza nel cielo a risplendere di nuovo chiarore…è un nuovo anno, un nuovo ciclo che comincia. Spesso nell’antichità all’idea del nuovo anno, del sole intramontabile si associava il simbolismo dell’albero sempre verde o albero della vita ed era in uso presso molti popoli nordici l’accensione di candele sopra l’albero proprio il giorno in cui cadeva il Solstizio. Ciò sottolineava appunto il carattere di rinascita di luce che aveva tale evento. L’odierno albero natalizio non è altro che una reminiscenza di tale significato.Avendo ricordato tutto ciò bisogna aggiungere una cosa assai importante: “tutti coloro che nell’antichità celebravano tali eventi non erano né adoratori del sole, ne selvaggi atterriti dall’idea che il sole non potesse risorgere. Queste sono solo incomprensioni di una certa storia delle religioni.In realtà essi ritualizzavano fenomeni e le forze della natura nella misura in cui questi venivano intesi come manifestazioni del Divino e nell’insieme dei suoi aspetti – sole, anno, luce, elementi, ecc. – rimandavano ad un ordine superiore”. Ma queste storie per il “moderno” così preso e infaccendato da problemi importanti come il computer, lo stadio, le discoteche e le macchine riescono solo a fargli cogliere il lato curioso della faccenda… il resto passa nel dimenticatoio.

Tratto da Sioux- Bollettino interno al C.S. Heliodromos - n.8 (21/12/85)

Auguri dal Cuib Femminile di Raido, Dalla Delegazione Romana Fondazione Istituto Storico RSI

Appuntamento per il 27 dicembre



Domenica 27 DICEMBRE 2009 alle ore 18:00

alla presentazione del libro

I Legionari di Nettunia.

I caduti della Repubblica Sociale Italiana di Anzio e Nettuno

(1943-1945)

di Pietro Cappellari

Interverrano:

Dott.ssa Elisa VERADIin rappresentanza della Fondazione della RSI

Dott. Pietro CAPPELLARIricercatore della Fondazione della RSI

Dott. Giampaolo COSTAresponsabile della Sezione di Fondi di Forza Nuova

Organizzazione:

viki.88.dux@hotmail.it

Per gli utenti di Facebook: http://www.facebook.com/home.php?ref=home#/event.php?eid=205270164393&index=1

La presentazione si terrà presso la

Sezione “Ettore Muti”

di Forza Nuova

in Via S. Bartolomeo, 5

FONDI (LATINA)



mercoledì 16 dicembre 2009

"Mai Morti"

Sarà presto disponibile presso la sede della delegazione Romana il nuovo libro di Franco Minelli sugli arditi del Battaglione Sagittario della Decima Mas, riportiamo la recensione che ne fece il comandante Gallitto:

" Già dalla copertina, il Diario dimostra il suo pregio: Franco Minelli ne è l'Autore. Ma,contrariamente a quanto, normalmente, è accaduto a lavori autobiografici, Egli non è autoreferenziale: l'oggetto del Suo impegno non è Franco Minelli, ma il Sagittario. Minelli non afferma che il Sagittario aveva ricevuto gloria e visibilità dalle imprese del Minelli, ma a Franco Minelli era pervenuta gloria e visibilità per avere Egli partecipato alle imprese del Reparto, essendone Egli stato, come tutti gli altri, uno dei protagonisti.
Raro esempio di onestà morale ed intellettuale, poiché se tutti avessimo applicato il "codice" Minelli, con molta probabilità avremmo potuto avere una "storia" più completa e documentata di tutti i Reparti che componevano quello straordinario organismo che si denominava "Decima Flottiglia Mas della R.S.I.", il cui artefice si chiamava J.Valerio Borghese.
Purtroppo così non è stato ed abbiamo lasciato scorrere tanto tempo invano: ma il Diario di Minelli potrebbe essere stato uno sprone per chi ancora non lo avesse fatto ed ha ancora la possibilità di farlo, magari con l'aiuto di tanti nostri giovani ricercatori: quanti e quali erano i Reparti che componevano la Decima, chi erano i componenti dei singoli Reparti, chi erano i loro Comandanti, quali imprese avevano affrontato, come la pensavano, che volto avevano, etc., etc.,!
E' questo il grande pregio del Diario di Minelli: perché "Mai Morti"? e poi, perché "Sagittario"? e poi chi erano stati i Comandanti? Chi erano stati i componenti del Reparto?, che volto avevano, cosa pensavano, dove avevano operato? Un documentario straordinario! Ripeto, un documentario, raccolta di documenti autentici, fotografici addirittura, che resteranno nel tempo!
Un Reparto straordinario, con Comandanti straordinari, con componenti straordinari, i quali avevano operato dal Veneto al Piemonte e dal Piemonte al Veneto, in condizioni difficilissime, i quali avevano affrontato e superato ogni difficoltà, con fede, con entusiasmo, con profonda coscienza del lori dovere: fra loro e con loro c'era Franco Minelli, il quale, raccontando gli altri, ha raccontato se stesso.
Un libro documentario da leggere, anche semplicemente da sfogliare, di tanto in tanto, per tenere vivo ed attuale il ricordo della Decima e di un suo glorioso Reparto, dei suoi protagonisti, ieri come oggi, come domani, per sempre: per l'appunto…"MAI MORTI".

Per ordinare il testo potete contattare la nostra sede allo 06/86217334








martedì 8 dicembre 2009

Numero speciale di Ritterkreuz sui volontari Italiani nelle formazioni combattenti delle SS

E' disponibile presso la sede della Delegazione romana della Fondazione Istituto Storico RSI, il primo numero speciale di Ritterkreuz, mensile diretto da Massimiliano Afiero dedicato ai volontari Italiani nelle formazioni combattenti delle SS.



Il prezzo della rivista è di 12 euro, spese di spedizione escluse, per ordinarlo vi preghiamo di rivolgervi allo 06/86217334.

venerdì 4 dicembre 2009

Fandonie televisive

Riceviamo e pubblichiamo:


Raramente ci occupiamo di televisione, purtroppo questa volta, siamo costretti.
In previsione della trasmissione da parte di Raiuno il 6 e 7 dicembre, del filmone "Il Sangue dei vinti" liberamente, molto liberamente, ispirato dall'omonimo libro di Pansa, dobbiamo necessariamente sollecitare l'attenzione. A tale riguardo, abbiamo rispolverato una parte di un articolo pubblicato questa estate. Risparmiando al lettore la parte relativa al dibattito che precedette la proiezione al Santa Marinella film festival, riteniamo assolutamente opportuna la riproposizione della parte relativa al commento del film.

Sollecitiamo inoltre tutti coloro che hanno a cuore i caduti, i combattenti, i reduci, le ausiliarie e i parenti dei caduti della RSI ad iniziare già da oggi una campagna controinformativa circa le menzogne raccontate dal film.


Inizia il film, per un attimo si crede che si stia per ribaltare la Storia scritta dai vincitori.Tutta fuffa, tutto falso. Tutto vergognosamente costruito per alleviare le coscienze sporche dei rinnegati. Del resto lo stesso Pansa non può esimersi dal dire che il Film con il suo libro non c’entra niente.
Il film è un fumettone indigeribile, il sangue che scorre è quello dei partigiani, i tedeschi sono i soliti cattivissimi che sparano alle spalle dei bambini (quei trentamila che riposano al cimitero al Passo della Futa, quelli non erano poi così cattivi, erano partiti dal loro paesino per salvarci le terga dagli americani) e soprattutto - è questa la cosa più grave - finisce proprio dove dovrebbe iniziare, il 25 aprile del 1945. Era necessario farlo iniziare nel 1943? Era necessario intenerirlo con investigazioni, dolci bambine orfane, professoresse snob della cui interpretazione l’attrice potrebbe non esserne così fiera?Dalla data in cui inizia il massacro di gente inerme che con quella guerra non c’entrava niente, nessun episodio niente di niente. E’ per tutto ciò che continuiamo a rimanere vicini ai combattenti ed ai reduci della RSI, alle fiere Ausiliarie del SAF al nostro argento vivo. Presso la loro Sede ci sono i documenti, gli archivi, i libri, le memorie, che sono pregne di onore, di giustizia, di responsabilità, di una chiara visione della vita e del mondo e del chiaro intento di sacrificare tutto per la verità.I loro occhi ci riempiono di energia ogni volta che li incontriamo. E’ per questo che non ci fidiamo più dei cosiddetti democratici, abbiamo imparato la lezione, arrendersi a quest’ultimi significa soccombere da inermi, che volete fare sarem romantici ma preferiamo morire combattendo. Magari la prossima volta anziché stare a casa, venite a fare un giro alla Fondazione della RSI a Terranuova Bracciolini (http://www.istitutostoricorsi.org/), può essere che la memoria vi si rinfreschi!


Tratto da un articolo dalla rete, "alla prima de "Il Sangue dei Vinti".
Il sangue dei vinti. Ma sullo schermo scorre soprattutto il sangue dei partigiani, i vincitori. «Non è il libro di Pansa», si agita sulla sedia Ennio Albano, classe ‘14, repubblichino di Salò arrivato al Festival alla prima del film di Michele Soavi per essere ripagato in parte da quelle che considera bugie della storia: «Ancora una volta non hanno raccontato cosa è successo, la nostra verità». Quando in una scena il fascista spara nella schiena a un bambino, non si tiene più. Va da Giampaolo Pansa, per condividere la delusione, ma non trova una spalla su cui piangere. L’autore ammette che il film non è il suo libro ma dice che si è commosso, emozionato. Gli è piaciuto. E fa capire che è già stato un miracolo riuscire a vederlo: «Conoscendo i polli del pollaio Italia il film mi basta e addirittura mi avanza. È un passo in più verso una storia mai pacificata».
Allora forse non ci siamo capiti .....

Tratto da www.aurhelio.blogspot.com

Disponibile presso la sede della fondazione il testo originale di Giampaolo Pansa il sangue dei vinti, per ordini contattateci allo 06/86217334

martedì 1 dicembre 2009

Albo dei Caduti e dispersi della Repubblica Sociale Italiana

Disponibile presso la sede della Delegazione Romana della Fondazione Istituto Storico RSI, le ultime copie dell'albo dei caduti e dispersi della Repubblica Sociale Italiana, un testo fondamentale che raggruppa tutti i caduti della Repubblica Sociale Italiana.



Per Ordinazioni potete telefonare direttamente alla sede allo 06/86217335

venerdì 27 novembre 2009

Novità editoriale sul battaglione Fulmine

Riceviamo volentieri e pubblichiamo:

BATTAGLIONE FULMINE X° FLOTTIGLIA MAS


Schio, 30 aprile 1945. Con la resa onorevole alle truppe dell’88ª Divisione americana nel campo sportivo del Lanificio Rossi cessa di esistere il Battaglione Fulmine della X Flottiglia MAS. Ha così termine una storia iniziata nella primavera del 1944 nella caserma San Bartolomeo di La Spezia, quando per iniziativa del T.F. Luigi Carallo si decise di costituire, nell’ambito della fanteria di marina della RSI, un reparto che si rifacesse alla specialità dei bersaglieri. Il Battaglione Fulmine - così battezzato in onore di un cacciatorpediniere della Regia Marina - dopo l’iniziale addestramento in provincia di Lucca fu dislocato su vari scenari del territorio italiano settentrionale, scontrandosi in diverse occasioni con le formazioni partigiane delle zone in cui si trovò ad operare: in provincia di Torino e Cuneo (giugno-novembre 1944); nel Trevigiano e ai confini della Carnia (novembre-dicembre 1944); nel Goriziano a difesa della frontiera orientale contro il IX Korpus del maresciallo Tito (dicembre 1944-gennaio 1945), operazione culminata nella sanguinosa battaglia di Tarnova della Selva in cui il reparto sacrificò un terzo degli effettivi per impedire l’invasione di Gorizia; ancora in provincia di Treviso (febbraio 1945) ed infine nel Vicentino (marzo-aprile 1945).Gli autori di questo volume - Riccardo Maculan e Maurizio Gamberini - ne ripercorrono le vicende belliche, descrivendone al contempo struttura, organici ed armamenti e corredando una ricerca ventennale di un notevole apparato fotografico in buona parte inedito.Formato: A4 - Pagine 166 con 144 foto delle quali 85 inedite, analisi dettagliata dei fatti d’arme, degli organici e dei caduti.

Autori: Riccardo Maculan, Maurizio Gamberini
Editore: Menin
Prima edizione: ottobre 2009
Formato: 21 x 29,7 cm
Codice ISBN: 978-88-89275-11-5
Legatura: brossura
Copertina: cartoncino plasticato opaco
Pagine: 168
Fotografie: 144 (85 inedite)
Documenti inediti

Prezzo di copertina: € 18,00

Tratto da www.riccardomaculan.com

Il testo è disponibile presso la sede della delegazione romana, per ordinarlo potete inviarci una mail oppure telefonare allo 06/86217334

giovedì 26 novembre 2009

Presentazione libraria

In occasione della Inaugurazione della sezione di Frosinone
dell'associazione culturale "AZIONE NUOVA"

La S.V. è invitata
Domenica 29 novembre 2009 alle ore 11:00
in Via Gaeta, 70 FROSINONE
(zona stazione ferrioviaria)
alla presentazione del libro :
I Legionari di Nettunia.
I caduti della Repubblica Sociale Italiana di Anzio e Nettuno
(1943-1945)
di Pietro Cappellari

Oltre all'Autore interverrano:
Sergio ARDUINI – Federale di Frosinone
Mariano RENZETTI – reduce della Legione GNR M “Tagliamento”
Organizzazione: cell. 333.69.13.528
Per gli utenti di Facebook: http://www.facebook.com/event.php?eid=198842314687

mercoledì 25 novembre 2009

21 e 22 Novembre - Terranuova Bracciolini - AR

Incontro presso la Fondazione RSI - Istituto Storico

Con il consueto spirito cameratesco e con il dovere della trasmissione dell’eredità, il 21 e il 22 Novembre decine di persone, provenienti da diverse città, si sono ritrovate all'Istituto Storico della RSI di Terranuova Bracciolini. Due giorni per ricaricare le batterie, liberandosi dalle tentacolari maglie della modernità e per ritrovare vecchi e nuovi collaboratori della Fondazione RSI.

Già da venerdì, infatti, alcuni ragazzi della Delegazione Romana si sono dedicati alle attività di ristrutturazione e manutenzione della sede di Terranuova Bracciolini.
La costante attività volta al miglioramento della sede, rappresenta la volontà di mantenere in ordine il corpo per ospitare bene lo spirito. Volgendo l’attenzione non solo allo studio e alla riflessione, si mantiene quindi in equilibrio l’esercizio del dovere.
I lavori proseguono, rendendo la sede più adatta a portare avanti il suo obbiettivo di trasmissione e, conforme ad ospitare sempre più partecipanti ai lavori ed ai momenti di convivialità, si riesce sviluppare il progetto di una migliore sistemazione dei locali degli archivi e degli oggetti storici presenti nella sede.

Nella giornata di Sabato, sono arrivati molti amici e collaboratori, si sono impegnati nei lavori di manutenzione della sede e nella normale gestione delle attività permanenti dell'Istituto, ad esempio il coordinamento ed il miglioramento dell'enorme biblioteca di cui è dotato quest’ultimo.
Nella mattinata di domenica ha avuto luogo l’assemblea dei soci, nella quale le delegazioni hanno illustrato le loro attività, la delegazione romana ha brevemente messo al corrente i presenti dello svolgimento dei lavori nella sede e delle ricerche in atto, lasciando poi spazio ai due relatori che hanno approfondito aspetti storici (e non solo) poco noti della Repubblica Sociale: l'Aeronautica repubblicana da un lato, ed il contributo dato dai giovanissimi volontari sardi alla RSI. Numerosi i presenti, che hanno ascoltato e partecipato a tutto il dibattito con attenzione, chiarendo molti punti oscuri su episodi e storie molto spesso occultate e manipolate da una storia troppe volte a senso unico.
Quello che più vale, sicuramente è stato il poter ancora una volta essere vicino ai combattenti della RSI, il cui esempio ed il valore inossidabile ogni volta ci arricchisce. Non solo perché in grado di trasmetterci ogni volta la freschezza dei loro vent'anni donati alla patria, ma perché abbiamo nei loro confronti una missione: raccoglierne il testimone.... non domani o tra dieci anni: ma qui ed ora! Loro, come sempre, sono pronti a cederlo: spetta solo e soltanto a noi dimostrargli d'essere in grado di portarlo avanti con lo stesso spirito e carattere da loro dimostrato. ....Il cammino è duro, ma noi lo affronteremo con in vista il loro esempio.

giovedì 19 novembre 2009

Prossima conferenza presso la sede della Fondazione

Segnaliamo il prossimo incontro presso la sede della Fondazione a Terranuova Bracciolini (AR)

22/11/2009


Paolo Ciuffoni Stanghini
L'AERONAUTICA NAZIONALE REPUBBLICANA


A seguire presentazione del libro di Angelo Abis:
L'ultima frontiera dell'onore
Al termine degli interventi, rancio comunitario.

Per prenotazioni potete contattare la sede della delegazione Romana


Presto in libreria

Sarà disponibile presto, presso la sede della delegazione Romana, l'ultimo lavoro di Filippo Giannini, del quale riportiamo una breve presentazione dell'autore:

“BENITO MUSSOLINI – NELL’ITALIA DEI MIRACOLI”
e poi: POVERA ITALIA

di Filippo Giannini

Una breve premessa: “Benito Mussolini – nell’Italia dei miracoli” è il titolo del mio ultimo libro che verrà distribuito quanto prima. Ma il titolo del libro rispecchia, in riduttivo, i miracoli compiuti in “quegli anni”. Dato che non è ancora in distribuzione, non credo di fare facile propaganda. E poi, anche se fosse…

Ricordo, dovevo avere sette-otto anni, frequentavo la scuola elementare Grazioli Lante della Rovere, a Roma, nel corso di una lezione la maestra, Signora Gandolfi, ci avvertì di tenerci pronti e avvertire i nostri genitori che era in programma una sorpresa: una gita scolastica. Venne il giorno, indossai la mia divisa di Figlio della Lupa e dalla scuola, con altre classi, prendemmo posto su un pullman e partimmo. Il breve viaggio si concluse quando giungemmo ai piedi di una collina spoglia di vegetazione dove era ad attenderci il Duce. Ci vennero consegnate delle piantine ed un bastone appuntito. Con un brevissimo discorso il Duce ci spiegò il motivo della nostra convocazione, poi si mise alla nostra testa ed iniziò a piantare quelli che poi, in futuro, sarebbero diventati alberi. Noi lo seguimmo e lo imitammo, consci di fare qualcosa di importante.
Oggi, a oltre settant’anni da quel giorno assistiamo ai miracoli dell’Italia democratica: l’Italia va in pezzi. Quello che allora, con mirabile previdenza fu compiuto, è stato distrutto. Il disboscamento, la cementificazione dissennata del territorio hanno fatto sì che si verifichino frane e smottamenti con morti e distruzioni. L’imponente patrimonio forestale e demaniale dello Stato realizzato, curato, protetto e incrementato grazie alla legge fascista n. 3267 del 30/12/1923 fu tradotta in realtà da Arrigo Serpieri, il quale con altri validi dirigenti forestali trasse in realtà norme sul . Si consideri che la superficie boschiva ereditata dal governo Mussolini ammontante a 4,5 milioni di ettari del 1920 fu portata a circa 6 milioni nel 1940. E questo significa un incremento di centinaia di milioni di alberi i quali, affondando le radici in profondità nel terreno lo solidificano, all’incirca come agisce il ferro nel cemento.
Era tanto sentita la cura e susseguentemente l’assetto territoriale che il Governo fascista istituì (come ha scritto Armando Casillo) . Aggiunge Casillo: . Certo! Se gli amministratori democratici di oggi avessero a cuore gli interessi del territorio almeno simile a quello che animava il male assoluto.
La saggia politica agraria ispirata e pilotata da Arrigo Serpieri promosse numerose leggi di carattere fondamentale, tra le quali, le più importanti: la legge N° 3256 del 30/12/23, sulla bonifica idraulica e della difesa del suolo; la legge N° 753 del 18/5/24 sulle trasformazioni agrarie di pubblico interesse.

Serpieri venne eletto deputato al Parlamento nel 1924, incari¬co rinnovato fino al 1935 quando fu nominato Senatore del Re¬gno e capo della Commissione Agricoltura. Dal Senato fu epurato nel dopoguerra dal Governo Bonomi perché fascista.
Come Sottosegretario di Stato organizzò e diresse i servizi per la prima applicazione della legge n° 3134 del 24/12/28 (Legge Mussolini) per la Bonifica integrale, le cui opere vennero af¬fidate all'ONC.
Le prime bonifiche, con impianti idrovori per il sollevamento delle acque, ebbero inizio nel basso Veneto e in Emilia. Nuova terra venne posta al servizio dell'agricoltura e, con essa, si crearo¬no nuovi posti di lavoro.
Dal suolo bonificato sorgono irrigazioni, si costruiscono stra¬de, acquedotti, reti elettriche, opere edilizie, borghi rurali ed ogni genere di infrastrutture. Con questa tecnica la bonifica di Serpieri va ben al di là del semplice prosciugamento e diventa strumento di progresso economico.

Dalle Paludi Pontine sorsero in tempi fascisti (così detti per indicare in poco tempo) vere e proprie città: Littoria, inaugura¬ta il 18 dicembre 1932, Sabaudia (giudicata uno dei più raffinati esempi di urbanistica razionale europea) il 15 aprile 1934; Pontinia, il 18 dicembre 1935; Aprilia, il 29 ottobre 1938; Pomezia, il 29 ottobre 1939. Nell'Agro Pontino furono costruite ben 3040 ca¬se coloniche, 499 chilometri di strade, 205 chilometri di canali, 15.000 chilometri di scoline. Furono dissodati 41.600 ettari di ter¬reno, furono costruiti quattordici nuovi borghi che portano il no¬me delle principali battaglie alle quali parteciparono i nostri fanti. La bonifica di Maccarese, nell'Agro romano, è un'altra im¬portante realtà: un’azienda modello agricolo-zootecnico-vivaistica, sorse su oltre 5 mila ettari di terreni bonificati con centinaia di case, campi sperimentali, caseifici, cantine sociali: tutto gestito da oltre 1500 lavoratori tecnici ecc.
La bonifica integrale continuava senza soste: quella dell'Isola Sacra a Roma, con la fondazione di Acilia e di Ardea; quella dove poi sorgeranno Fertilia (Sassari), Mussolinia (oggi Arborea-Oristano); quella del Campidano (Cagliari), quella di Metaponto (Matera). E così le bonifiche si estenderanno in Cam¬pania, Puglie, Calabria, Lucania, Sicilia, Dalmazia.
Questi miracoli venivano seguiti e apprezzati anche all’estero, tanto da muovere l’ammirazione e la curiosità di tecnici europei, americani e sovietici. Le Corbusier, il maestro del movimento moderno d’architettura, venne a Roma e in una conferenza tenuta all’Accademia d’Italia, ne elogiò i pregi.

Non possono essere dimenticate le grandi opere realizzate in Somalia, Eritrea e in Libia; a solo titolo d'esempio citiamo il la¬voro svolto da Carlo Lattanzi che visse per oltre quarant’anni sul¬la Quarta Sponda. Si deve alla sua instancabile attività la boni¬fica e la messa a coltura di ampie aree a grano, oliveti, vigneti, frutteti ecc. su oltre 2600 ettari di terreni aridi e sabbiosi.
Un cenno merita anche la gigantesca opera realizzata dall'in¬gegnere idraulico Mario Giandotti progettista di un poderoso canale che, attin¬gendo acque dal Po, irriga ampie aree di terreni coltivati nelle pro¬vince di Modena, Mantova, Bologna, Ravenna, Forlì. Oltre 340 chilometri di canali danno vita a ben 325 mila ettari di terreno.

Armando Casillo (dal cui lavoro abbiamo attinto alcuni dati) riporta i risultati delle bonifiche e delle leggi rurali. Ecco un som¬mario elenco: 5.886.796 ettari bonificati, tra il 1923 e il 1938, un confronto è necessario fra il periodo pre-fascista, quando in 52 anni nell'intera Penisola furono bonificati appena 1.390.361 etta¬ri. A queste vanno aggiunte quelle delle colonie, dell'Etiopia e, poi, dell'Albania. Si aggiungano 32.400 chilometri di strade; 5.400 acquedotti; 15 nuove città e centinaia di borghi; oltre un milione di ettari di terreno rimboscati; un milione di fabbricati ru¬rali; l'incremento della produzione che passò da 100 a 2.438; il lavoro agricolo per ettaro che aumentò da 100 a 3.618; i lavorato¬ri occupati nelle opere di bonifica e nei nuovi poderi superavano le 500 mila unità.
Politica territoriale se ne faceva anche in periodo pre-fascista, ma fu solo col fascismo che si parlò per la prima volta esplicitamente di “piani” – generali, speciali, zonali, di settore ecc – in altre parole il tutto veniva abbracciato in un programma strategico di sviluppo, il piano mussoliniano della società italiana.
Per presentare un parallelo con la società di oggi, possiamo sostenere che non tutte le iniziative del Ventennio in materia di assetto del territorio nacquero dal nulla; al contrario la politica fascista del territorio riprese e rilanciò vecchi progetti dell’età giolittiana, quando, cioè tutto si stava stancamente trascinando da anni di rinvii. Il fascismo avviò, in tutta Italia, con decisione quei lavori imprimendogli quelle caratteristiche dell’inconfondibile stile del Regime: scuole, prefetture, stadi, mercati, colonie e quant’altro fosse necessario, sia per l’assetto del territorio, che per la modernizzazione del Paese. Né va dimenticato che questo miracolo fu compiuto nel pieno della gravissima crisi congiunturale esplosa nel 1929. Non può mancare una nota antifascista (sempre quella nata dalla Resistenza); ha scritto Piero Palombo, a pag. 84 ne “L’Economia Italiana tra le due guerre”: <(…). Duole (sì, è scritto proprio così: duole, nda) ricordarlo: i primi ecologisti indossano l’orbace>.

Per tornare ai “miei alberelli piantati ai piedi di quella collina”, come ho scritto all’inizio, voglio doverosamente ricordare che in quell’epoca, che oggi non si può nominare, venne istituita la Festa degli Alberi, per proteggerli e incrementarli, festa caduta in disuso proprio perché voluta da Mussolini.
In questi giorni assistiamo al continuo, costante dissesto idrogeologico, alle disastrose frane avvenute in provincia di Messina e a Ischia che non sono che un microscopico esempio di come, oggi, il territorio sia stato abbandonato. Ma un richiamo ancora più severo va prospettato per la leggerezza (termine riduttivo, assolutamente improprio) con la quale sono state permesse costruzioni eseguite sino quasi alla bocca del Vesuvio. L’incuria, la superficialità criminale, la leggerezza di tutto ciò è solo un classico esempio di come la cura del cittadino non venga assolutamente presa in considerazione. Si pensi solo cosa potrebbe accadere se quel vulcano riprendesse ad eruttare, come è già accaduto in passato, con violenza ed improvvisamente.

Gli attuali amministratori dell’Italia antifascista e democratica (nata dalla Resistenza), “impelagati come sono a salvaguardare il presente e l’avvenire del popolo italiano” (bah!) non hanno tempo né modo (certe cose sono tassativamente proibite dal Diktat imposto dai liberatori) di ispirarsi alle iniziative dei grandi italiani, nomi come quello di Arrigo Serpieri del quale desidero, per terminare, aggiungere una brevissima nota. A questo grande italiano si debbono, oltre alle leggi sopra citate, anche quelle della bonifica integrale del 1928 e, soprattutto quella del 1933, a lui si deve anche la legge del 1940 per la colonizzazione del latifondo siciliano. Abbandonata la politica attiva, fu Rettore dell’Università di Firenze dal 1937 al 1943. Epurato dai liberatori, riprese l’insegnamento solo nel 1949.
Non bastano certo le presenti brevi considerazioni a rendere dell’Uomo un’immagine completa, sia per quanto riguarda il suo contributo scientifico, sia per ciò che si riferisce alle opere da Lui promosse. Volendo approfondire la Sua personalità citiamo le parole con le quali dettò il Suo testamento nel 1946: «Ho stracciato commosso un mio primo testamento scritto l'11 giugno 1940 primo giorno di guerra, con l'animo vibrante di fede nella vittoria e nell'avvenire della Patria; lo ri¬scrivo in uno dei più tristi periodi della mia vita, quando è crolla¬to quel fascismo nel quale avevo creduto;
quando l'Italia è tragicamente sconfitta, materialmente e moralmente rovinata; quando è pure caduta in rovina quella posizione sociale e quella modesta posizione personale che con quarant'anni di assiduo, onesto lavo¬ro avevo conquistato e pensato di poter godere - per me, ma soprat¬tutto per la mia Iole - nella vecchiaia. Quando la morte verrà sarà una liberazione. Iddio protegga e salvi l'Italia».
La preghiera NON è stata ascoltata da Dio.

Termino questa testimonianza ricordando che anche nella Repubblica Sociale Italiana, quindi nel periodo più grave, ma anche più puro, la cura del territorio continuò; ne fa fede quanto ha scritto Antonio Pantano nel suo libro “Ezra Pound e la Repubblica Sociale Italiana”, nel Capitolo “Edoardo Pantano (padre di Antonio Pantano) Commissario straordinario a Valenza nel 1944”: <(…). 6) Trasformazione radicale della provincia comunale dell’alluvione del Po, con impianto di 5300 pioppi, di 3000 salici e di 6000 talee in vivaio, per una superficie complessiva di 16 ettari. Utilizzazione di qualsiasi superficie, che ha portato a realizzare, tra l’altro, negli intervalli dei nuovi pioppi, un seminativo di 12 chilometri di fagioli. Piantagioni sperimentali di girasoli>. Nel paragrafo 8): . E tutto questo, ripetiamo, nel pieno di una guerra distruttiva, fra bombardamenti terroristici e altrettanto terroristici attentati dei partigiani e incitamenti al sabotaggio provenienti da Radio Londra, Radio Bari, Radio Napoli.
Questi erano gli uomini del miracolo di Mussolini. Poi sono arrivati i liberatori e ne godiamo le attività.


Ringraziamo l'autore per la recensione, per ordininare il libro si prega di contattare la sede allo 06/86217334, oppure tramite mail a fondazionersiroma@gmail.com

mercoledì 18 novembre 2009

Recensione conferenza 14 Novembre

Riceviamo e pubblichiamo :


In occasione della presentazione del saggio “I Legionari di Nettunia” edito dalla Herald Editore, saggio storico unico nei suoi contenuti, Sabato 14 Novembre presso i locali dell’associazione culturale Raido in Via Scirè a Roma, si è svolto un incontro denso di molti significati. All’evento, organizzato in collaborazione con la delegazione romana della Fondazione Istituto Storico della RSI, hanno partecipato l’autore del saggio il Dott. Cappellari ed il combattente RSI “fiamma Bianca” Stelvio Dal Piaz.
Dopo una breve introduzione da parte del Segretario della Delegazione Romana dell’Istituto Dott. Ottaviani, l’autore è subito entrato nel merito del lavoro editoriale.
Il saggio tratta infatti vicende inedite sopravvissute solamente nella memoria di chi le ha vissute e che fin’ora, come molti altri avvenimenti che compongono la nostra storia, la “cultura” ha pensato fosse meglio insabbiare. Quest’opera, tutt’altro che di carattere localistico, come il titolo potrebbe erroneamente tradire, è frutto di una rigorosa ricerca storica di oltre dieci anni e racchiude le avventure di questi ragazzi che, rispondendo positivamente alla chiamata del dovere, partirono dalla zona di Anzio e Nettuno per andare a combattere in alta Italia tra le file della Repubblica Sociale Italiana.
Vengono così ricostruiti molti fatti storici fin’ora rimasti oscuri, come il disarmo del presidio di Trino Vercellese della VII Brigata Nera, lo scontro di Monforte d’Alba della compagnia OP della GNR di Imperia o molti altri che si possono trovare nel libro e con cui Cappellari ha affascinato il pubblico presente. Storie eroiche di ragazzi che, seguendo la scelta dell’onore e mettendo da parte tutte le ambizioni personali ed i sogni che la giovinezza regala, non hanno più potuto vedere le loro famiglie, le loro fidanzate, le loro case conquistando così la gloria, divenendo degli esempi per l’eternità.
La testimonianza vivente, di un uomo che scelse di rimanere in piedi sopra le rovine, dopo le parole del giovane ricercatore della Fondazione Istituto Storico della RSI sono state quelle del combattente aretino Stelvio dal Piaz, rappresentante di quei giovani che con gran carattere non sono ancora tornati dal fronte e continuano la loro battaglia con altre armi.
Le situazioni che impone la guerra, le scelte e le responsabilità da assumere repentinamente che possono stravolgere la vita in maniera radicale, le emozioni che si provano sul fronte con i nemici a breve distanza. Tutto ciò Stelvio Dal Piaz lo ha consegnato come eredità agli ospiti della serata come solo un guerriero, poiché per lui sono esperienze di vita vissuta, è in grado di fare, trasmettendo quella soluzione di ethos e pathos che si può avvertire anche solo incrociandone lo sguardo.

Successivamente agli interventi dei relatori, oltre alle domande dal pubblico ed il vivace interevento della ausiliaria Nadia Sala, da sottolineare le riflessioni portate da Paolo Emiliani ed Ernesto Roli - graditi ospiti del’evento, che hanno agganciato le riflessioni offerte dai relatori alla attualità confermando le lungimiranti visioni dell’esperienza sotto le insegne della RSI.

Si ringrazia www.azionetradizionale.com

Novità editoriale

Disponibile presso la sede della Delegazione Romana la seguente novità editoriale:

…Come il diamante! I Carristi italiani 1943-‘45

La storia delle unità corazzate italiane nel periodo 1943-’45 viene narrato per la prima volta in un unico volume, con una dovizia di particolari e una veste grafica fuori dal comune. Anni di ricerche negli archivi italiani e tedeschi e decine di interviste ai reduci dei reparti hanno permesso di ricostruire nel dettaglio le vicende di tutti i reparti della RSI dotati di mezzi corazzati o blindati, con una trattazione suddivisa per arma di appartenenza e singole unità. Per la prima volta viene narrata l’evoluzione generale dell’arma carrista dell’ENR e vengono illustrati e analizzati i motivi che portarono a un sostanziale fallimento dei tentativi di creare importanti unità corazzate da affiancare alle divisioni di fanteria addestrate in Germania. Anche la sorte delle unità corazzate del Regno del sud viene per la prima volta narrata dettagliatamente. La parte iconografica utilizza in parte fotografie già note, molte delle quali riprodotte per la prima volta in modo impeccabile, identificate correttamente e ricollocate nel giusto momento storico, in parte invece interessanti fotografie inedite utili a chiarire molti aspetti, anche uniformologici, che finora non erano mai stati trattati nella pubblicistica. Gli organigrammi delle unità più importanti sono stati ricostruiti per la prima volta nel dettaglio e vengono anche pubblicati svariati documenti inediti.

Autori: Sergio Corbatti, Marco Nava
Editore:
Laran Editions
Pagine:
334 con 328 foto b/n, 36 documenti e 23 organigrammi; rilegato 21 x 29,50 cm.
Anno:
2008
Prezzo:
48 €

Per ordinazioni inviateci una mail

Incontro alla Fondazione RSI - Istituto Storico


22/11/2009
XXIII ANNIVERSARIO DELL'ISTITUTO STORICO RSI
Incontro con i Soci della Fondazione della RSI - Istituto Storico.
Ore 10.30, Comunicazione dell'Ing. Arturo Conti

A seguire: Paolo Ciuffoni Stanghini
L'AERONAUTICA NAZIONALE REPUBBLICANA
Presentazione del libro di Angelo Abis:L'ultima frontiera dell'onore
Al termine degli interventi, rancio comunitario.
La prenotazione è consigliata, la puntualità gradita!

sabato 7 novembre 2009

La parola ad un combattente sempre in prima linea

Riportiamo il seguente discorso pronunciato da Stelvio Dal Piaz Vicepresidente del Raggruppamento Nazionale Combattenti e Reduci R.S.I. - Continuità Ideale presso il cimitero monumentale del Verano in Roma -durante la commemorazione dell’assassinio dei 43 Legionari della Legione d’ Assalto M “Tagliamento”:



Cari Commilitoni, cari Camerati,
siamo qui riuniti per non dimenticare, siamo qui per ricordare il sacrificio di questi ragazzi.

La strage di Rovetta ha assunto per noi tutti un significato simbolico per l’età degli assassinati: il più anziano, il S.Tenente che li comandava, aveva solo 22 anni e giù fino a scalare ai quindicenni. Oggi 7 settembre é la vigilia dell’infausta e vergognosa resa senza condizoni. Siamo certi che come ogni anno, sempre qui a Roma, ci sarà una celebrazione ritualistica basata sullo stravolgimento di eventi che richiederebbero, viceversa, una lettura della Storia sulla base della verità. Mi riferisco a quanto avvenne a Porta S.Paolo dove, militari italiani, nel momento della vergogna, dell’abbandono e dello sfacelo della Nazione, rifiutarono – per senso dell’Onore - di farsi disarmare dai Tedeschi ancorché alleati. Si trascura di precisare però che, con la nascita delle R.S.l., la maggioranza degli stessi militari con in testa i loro ufficiali, militarono fino all’ultimo nelle Forze Armate Repubblicane. Ma noi sopravvissuti siamo consapevoli di vivere in un regime nato e cresciuto nella menzogna, nel servilismo allo straniero e nel tradimento. Per cui é nella logica delle cose che questi ragazzi di cui noi oggi vogliamo onorare il sacrificio, siano dimenticati dall’Italia ufficiale. Questi adolescenti in Camicia Nera impreziosita dall’ “M rossa” quale segno di gloria e di distinzione, appartenenti ad un reparto di eccellenza, per l’Italia ufficiale non sono morti, anzi, non sono mai esistiti. Il loro olocausto é ignorato dal sistema nato dal tradimento della Patria e noi sopravvissuti siamo qui oggi non per una cerimonia dal sapore nostalgicamente reducistico ma per compiere un atto politico nella loro Memoria, per riaffermare coerentemente la fedeltà all’Idea e per inchiodare alla loro responsabilità gli autori materiali e morali della strage. Autori che hanno un volto ed una loro fisicità ben precisa identificabile nella partecipazione dei partigiani comunisti nella veste di macellai, la responsabilità diretta e personale del solito “don Abbondio” e la presenza e la supervisione di agenti dei servizi anglo-americani. Per tutto ciò io non perdono e non me la sento – anche in questa circostanza - di invocare il perdono. Potremo parlare di perdono solo quando verrà resa giustizia a questi ragazzi, consapevole che non c’é giustizia senza verità.
Uno di questi adolescenti (che non dimentichiamolo, per la loro formazione morale e culturale rappresentavano la futura classe dirigente della Nazione italiana ! ) ha lasciato un piccolo biglietto con su scritto: “Sono morto per l’Italia !”.
Vi prego di riflettere sul tempo verbale della frase dato che non scrive: “muoio per l’Italia” come sarebbe stato più logico nella tragicità del momento. Egli, con l’animo sereno e nella consapevolezza del supremo sacrificio, era già di là e lanciava quest’ultimo messaggio, non solo ai familiari, ma soprattutto al Tribunale della Storia. Noi sopravvissuti abbiamo il dovere di raccogliere questo messaggio per trasmetterlo, nel suo significato etico, alle giovani generazioni ancora sensibili ai valori della nostra tradizione italiana ed europea.
(Stelvio Dal Piaz)

tratto da www.socialismonazionale.net


Stelvio Dal Piaz, sarà presente alla presentazione del libro del Dottor Cappellari presso la Sede della Delegazione Romana della Fondazione Istituto storico Rsi sabato il 14 novembre

sabato 31 ottobre 2009

Prossimo appuntamento

Riceviamo e pubblichiamo:

Il 2 novembre alle ore 10,30 il Sindaco di Anzio con autorità civili e militari renderà omaggio al Sacrario del Campo della Memoria a Nettuno, sarà presente una delegazione della Associazione Campo della memoria.
DECIMA !
ASSOCIAZIONE CAMPO DELLA MEMORIA
Alberto Indri

mercoledì 28 ottobre 2009

In occasione del 28 Ottobre

In occasione della ricorrenza del 28 Ottobre, tra tanti inviti per cene ed abbuffate varie, riteniamo doveroso pubblicare il seguente intervento:


DIES IRAE
I GIORNI DELL’IRA
di Filippo Giannini

I “Giorni dell’Ira” furono quelli del febbraio 1947, quando gli “Angeli del Bene” (così amavano appellarsi i liberatori) ci imposero un Diktat di una spietatezza tale da renderci ancora oggi schiavi di un Paese che è tutt’ora capofila di una coalizione di Stati canaglia.
Pochi italiani conoscono il testo del Trattato di Pace (Diktat, appunto) che ci fu imposto a Parigi nel febbraio 1947, da quei Paesi vincitori della guerra 1939-1945 i quali dopo averci costretto al conflitto (“Ci sono Paesi che costringono alla guerra e Paesi che la subiscono” – Benito Mussolini) ci hanno umiliato oltre ogni dire. Pochi italiani sanno, fra gli altri argomenti, che in quei giorni – Dies Irae, appunto – i vincitori si inventarono e ci imposero anche il l’XI Comandamento: oltre all’onora il padre e la madre, o non avrai altro Dio all’infuori di me, concepirono, per salvaguardarsi da ulteriori pericoli, anche “Ricordati di maledire, almeno una volta al giorno, Mussolini e il fascismo”. Dopo queste premesse passo all’argomento.
Leggo sul periodico “Cinquanta e più” una lettera di una Signora di Genova, lettera esaltante il Governo Mussolini; contenente anche la risposta a firma di R.B. (che dovrebbe essere, se non erro, della giornalista Rosella Bennati), la quale, fedele osservante dell’XI Comandamento si avventura in una disquisizione, che dovrebbe essere storica, dei danni arrecati dal Fascismo a questo povero Paese. Dopo aver riconosciuto, bontà sua :. Dopo questo fin troppo limitato riconoscimento, la brava giornalista elenca tutta una serie di malefatte, di cattiverie commesse dal Capo del fascismo nel corso del suo Governo. Eccole: (1); (2); (3); (4); (5); (6); < (7); e finalmente: (9).
Sin qui l’analisi “storica” di R.B.. Riconosco che il contestare quanto dalla giornalista scritto mi costringe ad una lunga dissertazione, prego il lettore di aver pazienza. Quindi iniziamo avvalendoci di testimonianze al di sopra di ogni sospetto (come il lettore potrà constatare) e, soprattutto di documenti, la maggior parte dei quali di provenienza dagli Archivi dei Ministeri e dall’Archivio Centrale dello Stato.
Paragrafo 1) - Il Fascismo nacque a marzo del 1919. Chiunque può andare a leggere nelle Biblioteche nazionali giornali immediatamente precedenti a quella data e potrà prendere atto degli atti di violenza commessi dalle squadracce rosse che operavano principalmente nella bassa padana per costringere gli agricoltori ad aderire ai sindacati di sinistra. Ha scritto Gaetano Salvemini (Scritti sul Fascismo, 1° Volume), nonostante il suo radicato antifascismo, che tanta violenza poteva aver luogo per l’incapacità delle forze dell’ordine e della magistratura e . Il professor Ardito Desio così rispose ad una domanda di un giornalista: . Il giornalista inglese Percival Phillips, del Daily Mail, che visse molti anni in Italia, così ricorda quegli anni: . Se tutto ciò non bastasse alla Signora R.B., aggiungo il parere di De Gasperi, che su Il Nuovo Trentino del 7 aprile 1921, così ha scritto: . E come conclusione di questo paragrafo, riportiamo l’osservazione di Antonio Falcone: .
Paragrafo 2) – In una intervista rilasciata da Matteo Matteotti (figlio di Giacomo Matteotti) al giornalista Marcello Staglieno e riportata su Storia Illustrata del novembre 1985, il figlio del deputato socialista fra l’altro affermò: . E’ superfluo aggiungere che Matteo Matteotti, a pochi giorni dall’intervista, fu costretto ad una ritrattazione della stessa. Carlo Silvestri, socialista e giornalista del Corriere della Sera, sin dal primo momento attribuì a Mussolini la responsabilità della morte di Giacomo Matteotti. Carlo Silvestri, negli anni che seguirono e a seguito dello studio di alcuni documenti, definì il Duce completamente estraneo alla morte del deputato socialista. I due processi celebrati nel 1947 contro i responsabili del delitto, riconobbero la totale estraneità di Mussolini quale mandante (e si deve ricordare che la vedova di Matteotti, Veglia Ruffo, malgrado fosse osteggiata dai socialisti, volle incontrare Mussolini, dimostrando in questo modo di credere nell’innocenza del Duce). Carlo Silvestri per le sue coraggiose testimonianze fu minacciato e insultato. E’ famosa la risposta che dette al deputato comunista Pajetta: . Ed ora, Signora R.B., perché non ha ricordato il caso di Armando Casalini? Forse la Signora non sa nemmeno chi sia, Vero? I fratelli Rosselli erano antifascisti, liberissimi di entrare ed uscire dall’Italia a loro piacere, tanto che il loro visto veniva rinnovato quando lo desideravano. C’è un volume del giornalista e storico Franco Bandini che documenta la vicenda, “Cono d’Ombra”. E’ un volume di più di 500 pagine, quindi documentatissimo e su questa documentazione Franco Bandini rovescia la responsabilità dell’assassinio. Le Figaro del 14 giugno 1937, quindi a pochi giorni dalla morte dei due fratelli, uscì con due sensazionali titoli: “Carlo Rosselli, amnistiato dal Governo italiano stava rientrando nel suo paese”. “I documenti segreti in suo possesso sono alla base del crimine”. 9 giugno 1937, data del crimine: siamo nel pieno della guerra civile spagnola. Carlo e Nello Rosselli hanno duramente combattuto dalla parte dei rossi. Per quale motivo i due fratelli abbandonano il fronte per “rientrare nel proprio paese”? Cosa contenevano i documenti segreti che portavano con loro e che furono trafugati dagli assassini? Per più di sessant’anni la Storia ha accettato senza discutere che i mandanti del delitto si trovassero a Roma, e più precisamente nel ministero degli Esteri italiano. Franco Bandini documenta, invece, che l’ordine di uccidere i Rosselli proveniva da Oriente e la causa della loro morte va ricercata proprio nel desiderio dei due fratelli di rientrare in Patria con i documenti segreti. Per quanto riguarda don Sturzo il caso è ancora più semplice: don Sturzo era un acceso antifascista e dato che il Vaticano voleva risolvere la Questione romana, Pio XI esercitò su don Sturzo una forte pressione affinché abbandonasse la segreteria del Partito Popolare, pressione così incalzante che ad un certo punto, il prelato temette di subire addirittura una scomunica. Mussolini non aveva alcun interesse a che don Sturzo rimanesse in Italia o se ne andasse in America.
Paragrafo 3) – Scrive il giornalista e studioso Franco Monaco (Quando l’Italia era ITALIA, pag. 128): . Continua Monaco: . Ecco la testimonianza del comunista ex confinato Arturo Colombi: . Sulla stessa linea erano: un altro comunista Amedeo Bordiga, il mafioso Genco Russo, l’artista Luigi Bertolini e tanti altri che in questa sede non è possibile elencare. D’altra parte era ovvio: per legge il confino doveva possedere precise caratteristiche; doveva essere locato in zone salubri, mare, collina o montagna, l’alloggio e il vitto gratuito e i confinati avevano diritto ad un assegno giornaliero. La Signora R.B., scrive: . Sfido la Signora di farci conoscere il nome di un solo confinato fatto morire di malattie e stenti. Vede Signora, io non attesto che Lei mente, è semplicemente ignorante in materia perché, invece di studiarla con obiettività, si è accontentata di seguire quel che attesta l’informazione di questo infelice Paese assoggettata al sistema dell’XI Comandamento da oltre sessant’anni. Se vuol trovare regimi che usavano, o tutt’ora usano i sistemi da Lei descritti, non può che andare a studiare i metodi messi in atto dalla Gran Bretagna con i campi di concentramento del generale Kitchener, dall’Urss con i suoi gulag, dagli americani con i campi di tortura del Texas, per gli italiani prigionieri non collaboratori e, più recentemente con il campo di Guantanamo e potrei continuare, però lasci da parte Benito Mussolini.
Concludo questo paragrafo con il pensiero di uno che di certe cose se ne intendeva, Stalin: .
Paragrafo 4) – Cara Signora R.B., quello che scrive è tutto falso. Benito Mussolini riconobbe il figlio nato a seguito di un rapporto con la signorina Ida Dalser. Infatti ho dinnanzi a me la copia dell’Atto Notarile stilato a Milano l’11 gennaio 1917, nel quale fra l’altro è attestato. . Che la Signorina Dalser fosse non completamente sana di mente è fuor di dubbio, tanto che, fra le altre cause, le tolgono la tutela del figlio con decreto del R. Tribunale di Trento e affidato alla tutela del Signor Dario Verdini il quale in una lettera datata 24/6/1924 nel punto 6° testualmente scrive: . Al sostentamento del piccolo Benito provvedeva sia il Duce che il fratello di questi, Arnaldo. Non solo ma Benito Mussolini riconobbe alla Dalser un sussidio mensile di Lire 200.
Paragrafo 5) – Altra sciocchezza e inesattezza. Nessuna coercizione affinché i giovani indossassero la divisa di Balilla o simili. Ancora oggi posso fare il nome di tanti e tanti ragazzi di allora che, per un motivo o per l’altro, mai hanno indossato la divisa. Una cosa è certa: la divisa del Balilla aveva un valore particolare di onestà, di lealtà, di cavalleria e la droga, o cose simili, erano assolutamente sconosciute.
Paragrafo 6) – La Signora R. B. che è tanto approfondita nella storia patria, conosce certamente i fatti che portarono alla guerra con l’Etiopia. Sa certamente chi furono i primi ad attaccare quel Paese. Se non ricorda, provvederemo con un breve excursus. Il 17 gennaio 1885 (Mussolini aveva meno di due anni) salpava da Napoli, con destinazione Assab, nel Mar Rosso, il corpo di spedizione italiano, che sarà poi l’avanguardia delle nostre imprese coloniali. A febbraio di quell’anno gli italiani occupano Massaua. Ma i politici italiani erano così impegnati alle loro lotte intestine (nulla è cambiato oggi) che dimenticarono le richieste di assistenza che provenivano dall’Africa, tanto che il 26 gennaio 1987 (Mussolini aveva meno di quattro anni) giungeva notizia che la nostra spedizione composta di soli cinquecento uomini venivano annientati a Dogali da migliaia di guerrieri abissini. Il 14 luglio 1894 il generale Oreste Baratieri passato il Tigrè si spingeva sino ad Axum e Adua. Il 3 dicembre 1895, 30mila abissini attaccarono ad Amba Alagi un nostro distaccamento di soli 2500 uomini che, ovviamente, furono interamente massacrati. I nostri politici li avevano dimenticati, impegnati come erano a districarsi in uno dei tanti scandali, questa volta era toccato alla Banca Romana. Nuova disastrosa sconfitta italiana del nostro esercito coloniale: il 1° marzo 1896, presso Adua, 16mila soldati italiani furono massacrati da oltre 70mila abissini. Non dimentichiamo il 1911, l’Italia dichiara guerra alla Turchia per impossessarsi della Libia. Questi molto, ma molto sommariamente gli antefatti. Nel 1934, probabilmente su sollecitazione britannica, il Consolato italiano a Gondar venne assalito da un gruppo di predoni abissini, uccise un nostro ascaro e ne ferì parecchi altri. All’Italia il governo del negus offre delle riparazioni, ma è solo un inganno tanto che gli autori dell’incursione, catturati dalla polizia etiopica, vennero tranquillamente lasciati fuggire. Scrive Rutilio Sermonti che in quel 5 dicembre a Ual_Ual (in quella località c’era un fortino italiano) .
Dimenticavamo una quisquilia: venne costituita una Commissione d’indagine, presieduta dallo specialista greco di Diritto Internazionale, Nicolaos Politis per accertare le responsabilità dell’attacco. La sentenza, emessa il 3 ottobre 1935, attribuiva la responsabilità degli scontri di Ual-Ual alle locali autorità abissine.
Siamo dell’opinione che Londra spinse Mussolini all’impresa in Etiopia, con la convinzione che una probabile sconfitta avrebbe comportato la fine del fascismo. Grande fu lo scorno della Perfida Albione quando dopo solo sette mesi gli italiani entrarono vittoriosi in Addis Abeba.
Paragrafo 7) – Le colpe della guerra? A prescindere da tante altre considerazioni, cosa intendeva lo storico inglese George Trevelyan (Storia d’Inghilterra, pag. 834) con l’osservazione: . Oppure, ancora più esplicitamente Winston Churchill nella sua “La Seconda Guerra Mondiale”, 1° Volume, pag. 209: . Quasi con le stesse parole l’opinione di Renzo De Felice.
Chi cercò di modificare gli infami Trattati di Pace di Versailles del 1919 fautori del Secondo Conflitto mondiale? Chi organizzò il Patto a Quattro e chi la Conferenza di Stresa? Chi sabotò l’uno a l’altra? Chi ricorda la Conferenza Generale per il Disarmo tenuta a Ginevra a giugno del 1932? Ecco le proposte presentate da Mussolini tramite Dino Grandi: . Ho scritto nel mio libro: . Perché, ad esempio non si parla mai della Conferenza Navale di Londra tenuta nell’aprile 1930. Ecco in merito quanto ha scritto Arianna A. Rota (La Diplomazia del Ventennio, pag.78): . Chi non accettò la proposta? Perché non si accenna mai ai così detti Rapporti Luca Pietromarchi? Perché in quei Rapporti c’è la chiave di lettura di uno dei motivi fondamentali dell’entrata in guerra dell’Italia nel giugno 1940. In quei Rapporti Luca Pietromarchi evidenzia le provocazioni messe in atto da Francia e Gran Bretagna per costringerci all’entrata in guerra. Il fascismo aveva spaventato il mondo della grande finanza con le sue idee innovatrici. La Carta del Lavoro, lo Stato Corporativo, la Socializzazione dello Stato, la Produzione e il Lavoro avrebbero dato il valore alla moneta e non più l’oro, ecco i motivi principali per i quali, come disse Mussolini: . Era la premessa del Dies Irae!
Paragrafo 8) – Parlare del personaggio Gianfranco Fini mi disgusta. Lascio la voce ad un mio lettore che mi ha inviato recentemente una mail, nella quale ha scritto, rivolgendosi a quel soggetto: .
Paragrafo 9 - Scrive la Signora R.B.: . Fra le tante menzogne (tutte ad onore dell’XI Comandamento) questa è la più infame, stupida, falsa e insultante. Mussolini nutriva un effettivo disprezzo per il denaro. Gentile Signora R.B., senta questa: Mussolini rifiutò ogni appannaggio non solo a titolo personale, ma anche per le spese della sua Segreteria. Il Ministro Pellegrini-Giampietro, in una memoria pubblicata su Il Candido del 1958, ha scritto: . Signora R.B., sembra la storia di uno qualsiasi degli attuali Capi di Stato o di qualsiasi Ministro di cui la Liberazione ci ha fatto dono. Ma la Signora in oggetto, non contenta, sullo stesso argomento ha scritto: <(…) al suo lauto tenore di vita (cose da pazzi, nda) aggiungeva un patrimonio personale che ha costituito il contenuto di quel tesoro sul cui trafugamento tuttora sono in corso le ricerche internazionali>. Stia attenta, Signora, Lei sta toccando un tasto pericoloso e qualcuno da Via delle Botteghe Oscure potrebbe ancora farle del male, nonostante siano passati quasi sessantacinque anni…
Concludo con un interrogativo. Ha scritto l’intellettuale Cesare Musatti nel 1983: . Domanda: .
Lascio la risposta alla Signora R.B..

Nascita di una divisione

Riceviamo il seguente articolo dello storico Massimiliano Afiero, per maggiori informazioni potete contattare direttamente l'autore:

La Legione SS Italiana

di Massimiliano Afiero
Introduzione

Dopo la caduta del Fascismo e la destituzione di Benito Mussolini (25 luglio 1943), malgrado il clima di sfacelo e di disordine che invase tutto il paese, moltissimi soldati italiani, soprattutto quelli di sicura fede fascista, vollero confermare la loro volontà di continuare a combattere al fianco dell'alleato germanico, presentandosi volontariamente presso i comandi militari tedeschi. La maggior parte di essi aveva già intuito le prossime mosse del nuovo governo italiano presieduto dal maresciallo Badoglio, prossimo a tradire la Germania nazionalsocialista e a vendersi agli alleati. Al Reichsfuehrer Himmler, iniziarono a giungere da varie località soprattutto all'estero, segnalazioni di arruolamenti volontari da parte dei soldati italiani. Già il 28 luglio numerosi italiani della Milizia fascista a Zagrabia, si presentarono alle autorità tedesche chiedendo espressamente di essere arruolati nella Waffen SS. Qualche giorno dopo arrivò la notizia che episodi analoghi si erano verificati nel Sud Tirolo, anche qui i miliziani si stavano presentando come volontari ai centri di arruolamento, destinati agli altoatesini di etnia tedesca, che in base agli accordi tra Hitler e Mussolini, potevano scegliere di arruolarsi in formazioni germaniche. Himmler in persona seguì con molto interesse la vicenda, diramando subito disposizioni per accogliere al meglio i volontari italiani e riservare loro un trattamento speciale.
Dopo aver accolto nella sua Waffen SS volontari provenienti da ogni angolo dell'Europa, il Reichsfuehrer accarezzò subito l'idea di costitutire reparti SS italiani. Dopo alcune settimane di confusione assoluta, durante le quali le segnalazioni di reparti che chiedevano di continuare a combattere al fianco dei tedeschi si moltiplicarono, il 31 agosto Himmler inviò ai vari centri di raccolta un messaggio segreto (Felddkommandostelle-SS Tgb.Nr.35/128/43 g.), dove specificò il comportamento da assumere nei riguardi dei volontari italiani: i militari dell’esercito dovevano essere incorporati nella Wermacht, mentre i membri della Milizia fascista nella Waffen SS.

L’8 settembre 1943 con l’annuncio dell’armistizio tra il governo Badoglio e gli alleati, i tedeschi attuarono i piani Alarico (invasione dell'Italia) ed Achse. Quest'ultimo prevedeva il disarmo e la cattura di tutti i militari italiani sul territorio nazionale e all'estero. Le truppe tedesche entrarono in Italia dal nord senza incontrare nessuna resistenza: le nostre divisioni si dissolsero nel nulla. La maggior parte dei soldati venne catturata dai tedeschi e trasportata verso i campi di concentramento in Germania e in Polonia, circa 600.000 uomini. Nel settore balcanico, alcuni reparti non accettarono di consegnare le armi ai tedeschi, e si difesero fino alla morte, mentre altri reparti decisero di collaborare da subito con le forze germaniche. Si comportarono cosi anche i militari italiani, della base atlantica di Bordeaux in Francia, i marinai di Danzica e le unità Mas dislocate sul Mar Nero.

I RIBELLI DELL’8 SETTEMBRE

Dopo il tradimento italiano dell’8 settembre, malgrado l'annuncio dell'armistizio, che dai più fu visto come la fine della guerra indesiderata, molti reparti italiani ed in particolare le camicie nere aggregate alle divisioni del regio esercito, espressero subito la loro volontà di continuare a battersi al fianco dei tedeschi. Molti furono subiti inquadrati nelle formazioni germaniche ed inviati prima linea. Particolare attenzione fu riservata al personale specializzato, utile ai tedeschi per la continuazione della guerra. Il 15 settembre l'OKW diramò un nuovo ordine (Nr.005282/43 g.) dove venne nuovamente specificato il trattamento da riservare ai militari italiani: "…lasciare le armi a coloro che volevano continuare a combattere e riservare loro un buon trattamento in modo da non lederne l'onore di soldati". Circa l'utilizzo dei militari italiani sorsero però alcuni dubbi. In generale l'idea era di utilizzarli come forza di polizia o in formazioni per combattere le bande ribelli all'estero. Altre ipotesi prevedevano il loro impiego esclusivamente nelle formazioni ausiliarie della Wehrmacht o nelle formazioni paramilitari, come la Todt, l'NSKK e altre.

Nasce la Milizia Amata

A risolvere la situazione ci pensò lo stesso Mussolini, che dopo la sua liberazione dalla prigionia sul Gran Sasso (12 settembre), chiese espressamente ad Hitler la formazione di due divisioni della Milizia inquadrate sotto il comando della Waffen SS e da impegnare contro le forze alleate sul fronte italiano. Il Duce chiese di inquadrare principalmente elementi provenienti dai reparti della Milizia e dalle unità dell'esercito che si erano distinte al fronte. I volontari italiani avrebbero indossato l'uniforme SS con le mostrine con il fascio littorio. Seguendo il desiderio del Duce, dalla metà di settembre, Himmler ordinò di raggruppare in un unico campo di raccolta tutti i militari italiani ancora disposti a combattere al fianco della Germania, sia dell'esercito che della Milizia. Il 24 settembre 1943 Himmler annunciò la nascita della Legione SS italiana (Italienische Waffenverbände der SS),

come unità "Bestandteil" (affiliata) alle Waffen SS. La sua funzione era quella di presiedere alla formazione ed all'addestramento delle nuove unità italiane, sul modello di altre Legioni già formate per altre nazioni, come ad esempio in Lettonia. Il 2 ottobre 1943, lo stesso Himmler emise un ordine speciale (Feldkommandostelle SS Tgb. Nr. 35/143/43 g.) per la formazione delle unità delle Milizia, dove vennero in parte accolte le richieste di Mussolini. Prima della formazione della prima divisione, si sarebbero dovuti formare dei battaglioni, da usare subito nella lotta contro i ribelli nel Nord Italia. Pacificata l'area i Battaglioni sarebbero stati trasferiti nuovamente ai campi di addestramento per formare i Reggimenti. Dopo il loro impiego sul fronte italiano si sarebbe formata la prima divisione da impegnare contro gli alleati. La seconda divisione doveva vedere la luce un anno dopo. Himmler stabilì che i volontari della Milizia avrebbero portato l’uniforme italiana, con le spalline e i gradi delle SS su fondo rosso (invece del normale nero). Per l'identificazione di questi primi reparti venne scelto il nome di Waffen Miliz (Milizia Armata), l'unità combattente della Legione SS italiana. Mentre come sede venne scelto il campo di addestramento di Münsingen nel Württemberg, 40 Km a sud di Stoccarda. Venne subito avviata una vasta campagna di propaganda per arruolare il maggior numero di volontari possibile, tenendo anche conto che nello stesso periodo si stava discutendo circa la nascita di un nuovo esercito per la Repubblica Sociale Italiana. Il 9 ottobre 1943 al campo di Münsingen erano già presenti 13.362 uomini e di lì a poco sarebbero arrivati a circa 15.000. Questo grande afflusso di volontari non preoccupò il Duce, che mai li considerò 'figli persi'. Lui stesso ebbe a dire che: "i reparti SS italiani saranno il centro dello spirito ariano in Italia". L'unico divieto che fu imposto ai volontari italiani della Waffen SS fu l'iscrizione al Partito Fascista Repubblicano.

A capo dell'SS-Ausbildungsstab (unità di formazione e addestramento) venne posto l'SS-Brigadefuehrer Peter Hansen. Nato a Santiago del Cile, Hansen 46 anni, era stato promosso Brigadefuehrer il 30 gennaio 1942. Dal 25 febbraio 1943 fino al maggio dello stesso anno, fu comandante della 15a divisione SS Lettone, occupandosi della sua formazione e del suo addestramento. Per motivi di salute venne sostituito al comando dell'unità italiana temporaneamente dall’SS-Standartenführer Gustav Lombard, proveniente dalla Divisione di cavalleria SS Florian Geyer. Come Capo di Stato Maggiore della Waffen Miliz venne designato l'SS-Obersturmbannfuehrer svizzero Johann Eugen Corrodi von Elfenau, anch'egli proveniente dalla Florian Geyer. Con gli ufficiali italiani, comandanti dei vari battaglioni, venne formato un reparto di collegamento italiano (Verbindungsstab) agli ordini del Tenente Colonello Vittorio De Paolis, che doveva assistere e coordinare il lavoro dell'SS-Ausbildungsstab.

L'unità combattente della Legione SS italiana venne formata oltre che con i volontari già presenti a Münsingen anche con altri nuclei di volontari provenienti da Praga, da Debica, in Polonia, e dalla Grecia. Alcuni di questi reparti non transitarono per il campo di Münsingen ma fecero ritorno direttamente in Italia, dopo l'addestramento.

Miliz Regiment De Maria

Una delle prime unità italiane ad essere integrate al completo nella Waffen Miliz fu il Miliz Regiment De Maria, agli ordini del Console della Milizia Paolo de Maria. Questi, prima dell’8 settembre, comandava a Spalato, l’89a legione Camicie Nere Etrusca. La Legione comprendeva circa 1.500 uomini ripartiti nell'89° Battaglione Camicie Nere di Volterra, nel 97° Battaglione Camicie Nere di Siena ed in una compagnia mitraglieri. Il 97° Battaglione era agli ordini del Primo Seniore della Milizia Carlo Federigo degli Oddi, il futuro comandante dei reparti della Waffen SS italiana sul fronte di Anzio. L'8 settembre la Legione si trovava a Drnis, lungo la costa dalmata, aggregata tatticamente alla divisione di fanteria Bergamo. Il 9 settembre giunse dal comando della Bergamo l'ordine di ripiegare su Sebenico e di resistere ad eventuali attacchi da parte dei tedeschi. Nell'area c'erano i reparti della divisione SS Prinz Eugen e della 114a Jaeger-Division. Dopo aver discusso con i suoi uomini sul da farsi, De Maria decise di passare con tutta la Legione al fianco dei tedeschi. Nella stessa giornata del 9, si incontrò con il Generale Stähl, comandante della 114a Jaeger-Division e trattò i termini del trasferimento del suo reparto nelle forze armate tedesche. Tra le condizioni poste da De Maria l'assicurazione che la sua unità non venisse impiegata contro altre forze italiane e la promessa che i suoi uomini sarebbero stati armati e riequipaggiati adeguatamente per poter continuare la lotta contro i nemici. I tedeschi accettarono e la Legione passò ufficialmente alle dipendenze della 114a Jaeger-Division. Ai miliziani si accodarono anche altri gruppi e reparti italiani della Bergamo e di altre unità presenti nell'area, portando a circa 2.900 il numero di italiani che scelsero volontariamente di continuare la guerra al fianco dei tedeschi. Vennero tutti inquadrati in una Polizei-Freiwilligen-Verbände (Truppa volontaria di Polizia) della Ordnungspolizei tedesca, agli ordini dell'Oberst De Maria. Gli uomini continuarono ad indossare le loro vecchie uniformi, con una fascia bianca sulla manica sinistra della giubba con la scritta "Ordnungspolizei". Nell'attesa di poter fare ritorno in Italia e combattere contro gli alleati, il reparto continuò ad essere impegnato come forza di sicurezza contro le formazioni partigiane. Il 27 settembre i reparti del Miliz Regiment De Maria mossero da Drnis, alcuni su treno altri su camion, verso Knin. Qui la guarnigione italiana si unì al Reggimento. Da Knin la marcia riprese su camion verso Bihac e da Bihac su treno verso Belgrado. Dal capoluogo serbo i reparti, sempre via treno, per una serie di errati ordini di marcia, finirono prima in Austria e poi a Berlino, dove giunsero il 5 ottobre. Qui, malgrado le proteste degli italiani, i membri del Reggimento furono trasferiti in un campo di prigionia, dove vennero schedati e sistemati alla meglio. A nulla valsero le richieste dell'Oberst De Maria di poter contattare l'amabasciata italiana. La situazione era frutto della grande confusione che regnava sovrana in quel periodo ed al generale malcontento dei tedeschi nei confronti degli ex-alleati italiani. Il 12 ottobre i membri del Miliz Regiment De Maria dovettero ancora una volta sottoscrivere la loro volontà a continuare la lotta al fianco dei tedeschi, e visto il brutale trattamento precedente numerose furono le defezioni, anche se alla fine la maggior parte degli uomini preferì ancora seguire il loro comandante. Il 15 ottobre, il Miliz Regiment De Maria partì alla volta di Münsingen, dove giunse due giorni dopo. Causa il sovraffollamento del campo, i circa 2.000 membri del reparto furono acquartierati nel vicino campo di Gensewak. Quando nel novembre del '43, il Reggimento fece ritorno in Italia divenne ufficialmente il 1° Reggimento Milizia Armata con sede a Milano.

Il Battaglione Fedelissimo

Un altro reparto della Milizia che si trasferì a ranghi completi nella Waffen Miliz, fu il XIX° Battaglione Fedelissimo di stanza nei Balcani e composto prevalentemente da volontari della Lombardia. All'inizio di settembre il Battaglione era schierato nell'area di Preveza lungo la costa ionica della Grecia, alle dipendenze della Divisione di Fanteria Acqui. Il comandante, il Primo Seniore della Milizia Gilberto Fabris, alla notizia dell'armistizio, radunò i suoi uomini per comunicare la sua volontà di continuare la lotta al fianco dei tedeschi. Il reparto seguì al completo la sua scelta. Nell'area agiva la 1.Gebirgs-Division del Generale Stettner, il quale venne subito dopo contattato da Fabris per decidere le sorti del suo reparto. Il Battaglione, trasformato per l'occasione in Bataillon Fabris, venne trasferito alle dipendenze del 98° Reggimento GebirgsJaeger ed impegnato lungo la costa come forza di sicurezza contro le bande partigiane e in funzione antisbarco. Il reparto restò alle dipendenze della divisione da montagna tedesca fino all'inizio di novembre, quando iniziò il trasferimento in Italia nella Waffen Miliz, conclusosi solo il 1° dicembre. Ad Aosta il reparto divenne l'XI° Battaglione della Waffen Miliz. Non essendo transitati per Münsingen i membri del Battaglione non prestarono giuramento di fedeltà ad Hitler.

La situazione a Münsingen

I volontari italiani a Münsingen furono organizzati in dodici battaglioni. I primi tre, formarono il 1° Reggimento Milizia Armata, nato dalla trasformazione del Miliz Regiment De Maria. Causa l'alto numero di uffficiali disponibili, venne formato un Battaglione Ufficiali. Gli elementi ritenuti non idonei al combattimento vennero raggruppati in un Battaglione lavoratori. Con ex-carabinieri venne formato anche un reparto di vigilanza per la sicurezza nel campo. Per quanto riguarda l'equipaggiamento e la fornitura di armi, non ci furono novità. I volontari italiani continuarono ad indossare le loro vecchie uniformi. Il Comando tedesco distribuì a tutti i volontari il distintivo in metallo 'Testa di morto', da applicare sul bavero della giubba o sul berretto, unico simbolo di identicazione ufficiale dei membri della Waffen Miliz. Con l'avvicinarsi della stagione invernale iniziarono i primi problemi con il freddo, visto che la maggior parte dei volontari italiani indossava ancora le divise estive. I tedeschi tergiversavano ancora nella fornitura degli equipaggiamenti facendo crescere notevolmente il malcontento tra gli uomini. L'11 novembre i volontari italiani prestarono il giuramento di fedeltà ad Adolf Hitler.

Davanti a Dio presto questo sacro giuramento: che nella lotta per la mia patria italiana contro i suoi nemici sarò in maniera assoluta obbediente ad Adolf Hitler, supremo comandante dell’esercito tedesco, e quale soldato valoroso sarò pronto in ogni momento a dare la mia vita per questo giuramento
Dopo la cerimonia venne comunicata ai volontari la notizia del loro imminente ritorno in Italia. Inoltre venne offerta loro la possibilità di essere trasferiti nelle forze armate della Repubblica Sociale Italiana o in altre formazioni della Waffen SS. Un migliaio di volontari scelse di passare nei reparti della RSI mentre solo un centinaio scelsero di essere trasferiti in altri reparti della Waffen SS. Da ricordare che circa 500 volontari preferirono fare ritorno ai campi di prigionia in seguito alla circolazione di una falsa notizia circa un'imminente trasferimento dei reparti italiani sul fronte dell'est. Prima del ritorno in Italia, il personale specializzato della Waffen Miliz, alcune centinaia di uomini, venne inviato alle scuole di specializzazione di Dachau, Weimar, Dresda e Stettino.

Bibliografia
S.Corbatti, M.Nava, "Sentire-Pensare-Volere: storia della Legione SS italiana", Ritter editrice
M.Afiero, "I volontari stranieri di Hitler", Ritter editrice