domenica 3 maggio 2009

MIRACOLO A SANT’ANNA Un’“apparizione” davvero eccezionale

Relazione di uno dei Film proiettati durante il campo del 1,2,3 Maggio:

Da tempo vi era un gran parlare dell’ultimo lungometraggio del regista afroamericano Spike Lee, incentrato, almeno così si affermava, sulla strage di Sant’Anna di Stazzema del 12 agosto 1944.
In quell’eccidio, compiuto dal XVI Battaglione della 16a Divisione SS, si registrarono – secondo la versione ufficiale – 560 morti, tra cui molte donne e un centinaio di bambini. Una delle pagine più dolorose della storia d’Italia, definito dal Tribunale militare di La Spezia come “un atto di terrorismo”.
Alla diffusione della notizia dell’inizio delle riprese, ho subito pensato alla solita pellicola di propaganda antifascista. Quei lungometraggi fonti di odio perenne che, invece di ricordare le vittime di tanta ferocia, avevano l’unico scopo di poter essere utilizzati politicamente. Quelle pellicole dove si poteva costruire a tavolino il “male assoluto”, come se nell’intera storia dell’umanità nulla di più grave fosse mai avvenuto.
Dato questo pregiudizio, non mi sono più interessato del lungometraggio di Spike Lee. Poi, improvvisamente, la mia attenzione è stata attirata dalle manifestazioni di protesta di alcuni esponenti politici della sinistra più o meno estrema. Si accusava il regista afroamericano di revisionismo e di aver stravolto la “vera” storia della strage di S. Anna di Stazzema.
L’accusa di revisionismo fatta da certi personaggi era garanzia che Spike Lee si era “sganciato” dalla vulgata, cercando altre “vie” che, evidentemente, portavano molto lontano dalla versione ufficiale che da decenni si tramandava sull’orrendo crimine.
Il lungometraggio in questione, lungi dall’affrontare la storia della strage di S. Anna, è in realtà un tributo alla 92a Divisione “Buffalo” degli USA. Un reparto che, agli occhi del regista, riscattò l’onore degli afroamericani fortemente discriminati in Patria: vi era più razzismo negli Stati Uniti democratici che nell’Italia fascista.
Per il resto, ogni pretesa di storicità cadeva nella chiara constatazione dell’origine del filmi, tratto da un romanzo edito dalla Rizzoli nel 2002.
Una pellicola, comunque, corretta sotto il profilo storico, in quanto non voleva assolutamente essere una cronaca degli eventi.
Tuttavia, i “gendarmi della memoria” sono insorti. Loro, che per decenni hanno fatto della manipolazione della storia una vera e propria professione, hanno accusato Spike Lee di voler offendere chi si è battuto per la “libertà” e quant’altro.
La verità è che la pellicola è stata per costoro un’occasione mancata. Totalmente controproducente e non spendibile politicamente.
Nel film vi è il fascista del paese, che è rimasto fedele all’Idea, che è un personaggio del tutto rispettabile, che muore salutando romanamente, quasi eroicamente. Un’indecenza per la vulgata.
Vi è l’Ufficiale tedesco “buono”, uomo di cultura, generoso, addirittura da ammirare. Una vergogna per la vulgata.
Vi sono anche i partigiani. Ed è qui la nota “dolente”. Sono loro che fanno la figura più meschina in tutto il film. Si ricordano i passati fascisti di alcuni di loro, si vedono mentre rubano soldi dai corpi dei soldati tedeschi uccisi nelle imboscate, si tradiscono tra loro, addirittura si ammazzano tra loro.
Lo stesso Comandante partigiano ammette che se i tedeschi sapessero cosa ha fatto gli strapperebbero il cuore…
Allora si capisce il perché delle proteste. Sessant’anni di propaganda comunista spazzati via in pochi minuti. Proprio quelli che più di qualcuno voleva tagliare e censurare… per amore della “democrazia”.
A nulla è valso il “pistolotto” iniziale che avverte l’“incauto” spettatore che il film che sta per guardare è un’opera di fantasia e precisa che gli unici responsabili della strage furono i “nazisti”…Spike Lee, per nulla intimorito, ha voltato semplicemente le spalle ai “gendarmi della memoria” furenti e imbestialiti ed è andato avanti per la sua strada.
Il regista afroamericano ha cercato di evidenziare la “barbarie teutonica” ma non ha convinto. Certamente, richiami all’antifascismo non mancano. Ma sono sbiaditi, mancanti di quell’autorevolezza morale del “bene assoluto”. Infatti, i commenti più duri e sarcastici sul Regime sono fatti dalla figlia del noto fascista del paese. Insomma, da un pulpito non certo “immacolato”.
Una ragazza, tra l’altro, chiamata “donna in calore” dagli stessi soldati afroamericani che se la contendevano e ai quali, alla fine, si è concessa con tutte le sue grazie.
A ciò si deve aggiungere che la giovane antifascista “in calore” era la moglie di un soldato italiano disperso in URSS. Il marito, magari, era confinato in un gulag sovietico per aver combattuto per la Patria e lei se la spassava con il “nemico”.
Insomma, c’è poco da gloriarsi di avere tra le proprie schiere prostitute del genere suaccennato.
I “gendarmi della memoria” sono diventati paonazzi, anche se, a dire il vero, qualche concessione Spike Lee a loro l’ha fatta. Si pensi a quando si asserisce che Pascoli – ed altri poeti – erano censurati dal Regime fascista. Falsità grossolana, questa sì!
Si pensi anche alla scena finale dove i – pochi – partigiani combattono insieme ai soldati afroamericani. Poteva bastare, invece non si sono accontentati. Bruciavano troppo le due ore di filmi già trascorse.
Ebbene, se si deve fare un appunto a questo lungometraggio è, forse, proprio alla scena in cui i partigiani combattono. Perché, sia chiaro, durante la strage di Sant’Anna di Stazzema, i ribelli non spararono un colpo contro i tedeschi intenti al massacro.
Pesantissime, invece, furono le accuse che ha rivolto loro Giorgio Pisanò, nella sua monumentale opera Storia della guerra civile in Italia.
Pisanò, tanto per ritornare alla questione del tradimento di un partigiano, ha scritto che “al rastrellamento […] partecipò, accanto ai tedeschi, un ex-partigiano comunista, di nazionalità polacca, diventato spia delle SS: fu costui, molto probabilmente, a indicare ai tedeschi le frazioni da distruggere e le famiglie da massacrare”. Di fronte a tali affermazioni, il film-romanzo di Spike Lee assume davvero un’altra veste.
Pisanò ha avuto il coraggio di andare oltre. Ha calcolato le vittime nell’ordine di 300-350 e ha riportato alcune testimonianze in cui si accusava i ribelli di essere scappati all’arrivo delle SS.
Non solo, ha aggiunto che “i comunisti […] non si limitarono a tradire gli abitanti di Sant’Anna, non si limitarono a farli massacrare. Fecero di peggio: come tanti sciacalli tornarono in paese dopo la strage e si misero a spogliare i cadaveri dei trucidati dalle SS”.
Di tutto ciò mai si discute. Nulla si sottopone a revisione. Tutto è chiuso all’interno di una campana di vetro, dove i morti sono usati dalla propaganda antifascista per diffondere odio e far politica.
Ma le campane di vetro, si sa, sono fragili. Molto fragili.


Pietro Cappellari

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