sabato 29 agosto 2009

Riceviamo dagli amici dell'associazione campo della memoria il seguente articolo comparso sul quotidiano "Latina Oggi" di Mercoled' 26 Agosto 2009.
Il giornalista ha centrato in pieno lo spirito della cerimonia e alcuni imbarazzi che sono stati captati anche da alcuni membri della delegazione presenti alle esequie:

Saluto a un uomo libero

Ieri a Roma i funerali di Bartolo Gallitto L'ULTIMO saluto a un uomo libero.
Si sono celebrati ieri mattina nella chiesa del Cristo Re di Roma i funerali solenni di Bartolo Galli tto, combattente per l'onore dell'Italia nel secondo conflitto mondiale, avvocato e componente del Consiglio superiore della magistratura.


C'era tanta gente a riempire gli spazi ampi della chiesa progettata negli anni venti dall'architetto Marcello Piacentini: tra gli altri il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini, il segretario generale dell'Ugl Renata Polverini e Andrea Borghese, figlio del principe Junio Valerio fondatore della Decima Mas.
Perché Gallitto è stato tra le migliaia di giovani che, nel 1943, dopo la vergogna dell'8 settembre, hanno risposto alla chiamata del comandante Borghese: col grado di tenente di vascello ha fatto parte della Decima Mas, nel Battaglione Vega, protagonista di disperate azioni dietro le linee nemiche.
Poco più che ventenne, dopo la guerra Gallitto ha conosciuto la prigionia e il difficile ritorno alla normalità di un'Italia che andava perdendo valori e soprattutto il sentimento dell'onore per cui tantigiovani avevamo combattutosacrificando la vita.
Per sessant'anni Gallitto, che è stato tra i fondatori del Movimento sociale italiano, ha rappresentato un esempio di coerenza e autorevolezza umana, ideologica e professionale, riferimento per i camerati che con lui avevano vissuto i mesi difficili e al tempo stesso indimenticabili della Repubblica sociale, ma anche per i giovani militanti della destra.
In tanti ieri mattina hanno voluto salutare Bartolo, «che è andato avanti», come ha detto Andrea
Borghese, ma resta per tutti una bella figura di soldato e politico coerente.
A conclusione della cerimonia anche Gianfranco Fini ha voluto, timidamente per la verità, ricordare la figura - di ben altro spessore politico - del comandante Gallitto. Fini, da uomo di palazzo che ormai ha abdicato alle proprie radici, ne ha ricordato soprattutto il profilo politico omettendo pavidamente riferimenti a quello di soldato per l'onore dell'Italia. Come pure pavida è parsa ai tanti presenti la «fuga» di Fini e Alemanno prima dell'uscita del feretro e del «presente» rimbombato qualche minuto dopo sul sagrato della chiesa accompagnato
dal saluto romano.
Quando Fini ed Alemanno già non c'erano più.

Giovanni Stravato

giovedì 27 agosto 2009

Seminario del 5 Settembre

Ricordiamo che sabato 5 settembre 2009 si terrà, presso la sede dell'istituto storico della RSI a Terranuova Bracciolini (Ar), il primo dei tre incontri dedicati allo studio della storia della Repubblica sociale Italiana, attraverso il racconto delle eseprienze di chi ha vissuto quei momenti.
Riteniamo superfluo sottolineare quanto sia di fondamentale importanza la partecipazione a questi incontri, nel puro spirito della tramandazione, non solo di nozioni storiche, ma di valori che si incarnano nello stile di vita; trasmissione che nessun libro, per quanto sia ottimamente scritto, potrà mai dare.

Il programma di massima è il seguente, presto avremmo notizie più dettagliate:

Mattino: MARO’ X MAS lezione di Emilio Maluta
Pomeriggio: SOTTOTENENTE GNR lezione Giuseppe Domenico Jannaci

Invitiamo tutti gli interessati a fornirci quanto prima la loro adesione , telefonando presso la nostra sede allo 06/86217334 oppure inviandoci una mail a

venerdì 21 agosto 2009

AmeriCani

Riceviamo e pubblichiamo:

Nihil sub sole novi: bombe giocattolo, carestie programmate, armi di distruzione di massa. Ieri come oggi: ecco il vero volto del Nuovo Ordine Mondiale.

L'AMERICA E I BAMBINI
I miei genitori, i miei nonni, altri parenti e conoscenti che avevano vissuto la Seconda Guerra Mondiale, mi narravano di gesti generosi e premurosi dei G.I. americani verso la popolazione civile italiana – donare cibarie, dolciumi, vestiario, sigarette.
Mi riferivano però anche che, prima dell’arrivo degli Alleati, gli aerei americani lanciavano sui campi delle nostre zone padano-venete piccole mine antiuomo per mutilare od uccidere i contadini, nonché giocattoli, matite e penne esplosive per mutilare e accecare i bambini. Ricordo di aver giocato a lungo con pezzi di quelle mine, da piccolo.
Raccontavano anche che gli Americani avevano lanciato dai loro aerei la dorifora – un coleottero giallo e bruno che mangia le foglie di patata – e altre specie animali per danneggiare i raccolti.
Tutte le notti, nei cieli, incrociava Pippo, un cacciabombardiere che mollava una bomba su ogni luce che vedesse dall’alto. Colpiva quasi solo civili – soprattutto agricoltori che accendevano una candela o una lanterna per mungere o nutrire il bestiame prima dell’alba.
Mia madre, nel 1944, all’età di 12 anni, al ritorno da scuola, fu mitragliata da due caccia americani Lightning, e si salvò gettandosi in un fosso. Ho sentito altri racconti di bambini mitragliati.
Mi sovviene dei 300.000 morti civili del bombardamento americano su Dresda, città non industriale, che essi distrussero col fosforo, il quale si attacca alla pelle e ai vestiti e brucia le persone. Lo hanno usato anche in Iraq. Hanno usato sostanze ancor più micidiali contro i civili serbi. Hanno usato armi di distruzione di massa dovunque abbiano combattuto. E hanno combattuto per costruire e mantenere un loro ordine mondiale. Certo, ciò vale per la classe dirigente, non per la popolazione, per i soldatini che, in parte, credevano e credono di esportare la democrazia, anche se talora non disdegnano di sterminare i civili e i bambini.
Mi sovviene anche della strage dell’asilo infantile di Gorla, con circa 100 bimbi morti sotto le bombe, e la strage della giostra di Grosseto, dove piloti americani fecero carneficina dei bambini che si trovavano su una giostra, mitragliandoli a bassa quota, il giorno di Pasquetta del 1943.
Alla memoria di tutti questi bambini, che non ebbero la fortuna di poter giurare eterna riconoscenza agli USA, come invece fece il piccolo Silvio, va questa poesia scritta poco dopo l’eccidio di Grosseto da Maria Baroncelli, poetessa popolare fiorentina:
Sulla giostra convegno s’eran dati
uno sciame di bimbi spensierati,
uno sciame di garruli uccellini.
Riccioli d’oro, amor di cherubini
rideano ignari della mala sorte,
rideano ignari di dolor, di morte,
tutti protesi nel gioco innocente
ché vita è lieta al cuor che non sa niente.
Gli occhi estasiati fissavano il Sole,
come può farlo chi ancor non si duole,
occhi sereni che non sanno il pianto
quando la madre si sentono accanto.
Ed ecco: da quel Ciel tanto ammirato
piombò la morte, mostro scellerato,
dal sacrilegio d’empia man portata
piombò sovr’essi livida, spietata.
E sopra alla giostra distrutta, contorta,
ogni creatura giacque inerte, morta,
con dentro agli occhi un baglior di sorriso
che vive eterno adesso in Paradiso.
Sulla giostra convegno s’eran dati,
ma li hanno uccisi quelli scellerati.
Eran bambini, erano innocenti
niente avean fatto eppur furono spenti.
Maria Baroncelli, 1943.
Marco Della Luna - 24 aprile 2009 Fonte: http://marcodellaluna.info
Per gentile concessione di: www.associazionelatorre.com

E' scomparso il presidente della Associazione Decima Avvocato Bartolo Gallitto.

Apprendiamo questo pomeriggio della improvvisa scomparsa dell'Avvocato Bartolo Gallitto, presidente dell'associazione combattenti Decima flottiglia Mas.



I funerali si svolgeranno martedì 25 Agosto alle 10 presso la chiesa Cristo Re a Piazza Mazzini a Roma.

Riportiamo un breve cenno biografico cortesemente inviatoci da www.giulianoforani.com


QUESTA VOLTA E' VERO:

Purtroppo dovremmo dire,che la morte nel 2009,ha preso moltissimi
reduci della repubblica sociale.
Il nostro gruppo tra le morti di Pasca
Piredda e Raffaella Duelli, con la smentita per errore di Paolo Posio,
annuncia un altro lutto pesante. Ieri sera 20 Agosto, alle 22 ci ha
lasciati il Presidente dell'associazione combattenti decima flottiglia
mas (l'altra e' di Mario Bordogna) Avv.Bartolo Gallitto.
Chi era? fu un nuotatore paracadutista, agente segreto, catturato ed
arrestato nei pressi di castellammare di stabia, per colpa di un
confidente anche lui paracadutato qualche giorno prima. Rinchiuso nelle
patrie galere, soprattutto a Poggioreale nei giorni in cui erano
rinchiusi il principe Borghese e alcuni della decima, nel dopoguerra
avendo difficolta' come tutti gli ex repubblicani, nella nuova
repubblica, arrivo' fino ai giorni nostri ad avere cariche politiche ed
istituzionali. Dopo la spaccatura della decima in due
associazioni, divenne il presidente di uno di queste e adesso se ne va'
nel momento in cui la decima si stava per unirsi. Conclusioni:lo vidi
due volte sia a Nettuno al campo della memoria e sia al raduno di
Gorizia dove ebbi l'onore di essere presentato a lui. Mi ricordero' di
un piccolo aneddoto un po simpatico, che vide protagonista lui e lo
speaker della cerimonia al cimitero di Gorizia. Stavano per scendere
nella cripta i reduci della Decima e lo speaker, diceva i nomi dei
battaglioni e chi dei reduci presenti lo rappresentava; Ebbene si
arrivo a tutti, ma si dimentico' di citare gli NP e il presidente
Bartolo Gallitto,con il mugugno di tutti i presenti verso speaker, lo
ritengo simpatico ricordarlo anche così, ma sappi caro avvocato
Gallitto, lei se ne e' andato, ha lasciato il ricordo, ma la Decima e la
sua storia non morira' mai, perche' saremo noi giovani a portare la
fiaccola storica negli anni che passeranno e un giorno la tralasceremo
ad altri giovani,affinche la decima sia ricordata nei secoli.
addio presidente.....
DECIMA!

nando giordano

mercoledì 19 agosto 2009

E' morta Raffaella Duelli

Abbiamo ricevuto stamattina la notizia della morte dell'ausiliaria scelta Raffaella Duelli,
Per chiunque vorrà renderle omaggio la camera ardente sarà allestita domani presso l'Ospedale
Fatebenefratelli - Isola Tiberina di Roma dalle 7,30 alle 16,00.
Il campo della memoria, del quale era presidente, organizzerà per il 19 di settembre una commemorazione in suo onore.


Riportiamo di seguito un breve cenno sulla sua vita:

Tratto da www.giulianofiorani.com



Raffaella Duelli,
L'anima dolce di una ragazza di Salo`

Ha dedicato una vita alla solidarietà, alla pietas, al volontariato.
Raffaella Duelli ha vissuto una vita avventurosa, ha attraversato le
tempeste d'acciaio del Novecento e le difficoltà "da esule in patria"
nell'Italia del dopoguerra. Per anni si è impegnata in prima linea,
dove ci sono gli ultimi, i disagiati, i poveri dei poveri, a favore di
chi ha bisogno di assistenza, donando consigli o conforto a chi le
andava incontro. Testimonianza reale di come un nobile spirito civico
possa sopravvivere nel welfare state decadente dell'Italia del 2008
solo grazie a esempi di impegno e dedizione al prossimo. "Nel
dopoguerra ho studiato presso la scuola per il servizio sociale e poi
ho frequentato la facoltà di psicologia. Ho lavorato per undici anni
presso la scuola speciale per subnormali a Roma, per diciannove nella
struttura degli assistenti sociali di quartiere a Ostia, e infine come
assistente sociale nella Città dei ragazzi di Roma. Per quanto tempo?
Per altri sette anni". Raffaella Duelli è una italiana volitiva,
energica a dispetto dell'età che avanza e affronta con il cuore libero
gli acciacchi dell'età. Facendo una breve somma degli anni della sua
vita nei quali è stata in prima linea nel volontariato, il numero
complessivo è di trentasette. Una vita spesa in prima linea, ma c'è un
preambolo essenziale. La dolce Raffaella è stata una ausiliaria della
Repubblica sociale italiana, una volontaria "per l'Onore d'Italia" nel
Battaglione Barbarigo della Decima Flottiglia Mas, agli ordini del
comandante Junio Valerio Borghese. Prima di arruolarsi era stata una
giovane appassionata di arte e letteratura, aveva anche scritto
un'opera teatrale, Il richiamo del cuore, dedicata alla storia di una
famiglia siciliana sotto i bombardamenti americani. La fine del
conflitto mondiale, oltre a tante incertezze - condivise con il resto
degli italiani - le "regalò" anche un periodo di detenzione nei campi
di concentramento allestiti dagli angloamericani a Terni e Spoleto.
Nel libro scritto dallo storico Luciano Garibaldi, Le soldatesse di
Mussolini (Mursia), tra i più toccanti ricordi di guerra c'è un
affresco di umanità che la riguarda, una pagina di un'umanità perduta
che torna a comporre la memoria nazionale. "Raffaella Duelli,
ausiliaria della Decima Mas - scrive il giornalista romano -
bambolotto di pezza azzurra, compagno delle notti infantili", ha
raccontato che "quando i colpi delle mitragliatrici si facevano vicini
i ragazzi ci coprivano con il loro corpo, poi si alzavano, scusandosi,
rossi in volto". Donne e uomini si stringevano gli uni agli altri, le
mani nelle mani, ma in quegli abbracci e in quelle carezze di guerra
non c'era sesso". "Con Silvana Millefiorini del Battaglione Lupo, ci
siamo dedicati alla ricerca dei soldati italiani dispersi sul fronte
di Nettuno e Anzio. Tante mamme - racconta con trasporto la Duelli -
ci chiedevano notizie dei propri figli, caduti in guerra. Ambivamo a
dare loro una tomba sulla quale portare fiori, insieme alla creazione
di un luogo nel quale fosse testimoniato l'eroismo di chi ha
combattuto per difendere il suolo patrio". Con questi intenti è sorto
il Campo della Memoria di Nettuno, un sacrario militare, nel quale
riposano sessantatre militari e nove eroi senza medaglia, combattenti
sul fronte laziale per i quali non è stato possibile compiere alcun
riconoscimento. Nel 2005 Raffaella Duelli ha ricevuto il Premio
Luciano Cirri per l'impegno sociale, con la seguente motivazione: "Per
la pietà cristiana, la passione patriottica, il coraggio e la
generosità dimostrate nell'opera volontariamente intrapresa di
ricercare, ricomporre, identificare i miseri resti dei Caduti italiani
e dar loro una degna e onorata sepoltura". C'è un filo rosso che lega
queste esperienze, una traccia comune salda storie così diverse,
quella di guerra e quella di pace, quella da ausiliaria della Decima e
quella da assistente sociale di bambini disagiati. "Nell'opera di
recupero delle salme dei combattenti e nella quotidiana attenzione per
chi soffre - qualità essenziale nella mia professione - c'è la stessa
forza dei valori. Quegli ideali di solidarietà e patriottismo che
animavano la mia prima giovinezza li ho trasferiti nell'impegno per i
bambini delle periferie romane. Una certa idea della patria non può
essere disgiunta da quella di solidarietà e di giustizia sociale". I
suoi ricordi attraversano in lungo e in largo l'ultimo secolo. L'ex
ausiliaria li ha raccolti in un libro ormai introvabile, Ma nonna, tu
che hai fatto la guerra... (Edizioni Ter), nel quale racconta il suo
percorso ideale alla nipotina [nel libro citato sono pubblicate solo
una parte delle memorie dell'autrice, presentate integralmente nel
presente libro, NdE]. Passione civile e politica sembrano saldarsi:
"Quando ero maestra - racconta con un filo di emozione - a Santa Maria
di Pugliano organizzai per i miei studenti una gita a Roma. Erano
ragazzi di famiglie povere, ma esprimevano un profondo rispetto per
gli insegnanti, donando loro mele e uova, una parte di quel poco che
costituiva un tipico menù familiare del dopoguerra. Solo immaginando
le attese per la giornata romana provo delle emozioni particolari, le
stesse che hanno riempito il mio cuore quando con i miei studenti
camminammo sotto le navate di San Pietro, o per i viali del Giardino
Zoologico. Per loro era una gioia immensa, una favola, e quando
arrivammo attraverso l'Ostiense al mare, erano così felici che
applaudivano entusiasti. In quel frangente non abbiamo potuto non
piangere". Negli occhi di Raffaella restano anche le attestazioni di
affetto che ha ricevuto in tanti anni da bambini disagiati e dalle
famiglie povere dell'immensa periferia romana. "Ricordo il servizio
svolto nel recuperare e assistere gli sbaraccati dell'Idroscalo. E
tuttora ricevo visite e lettere da famiglie che ho aiutato. Nel
dopoguerra, dopo aver pagato un dazio pesante all'aver combattuto
dalla parte giusta, ma perdendo la guerra, non ho scelto di fare
politica in un partito, pur votando MSI - partito di cui eravamo stati
fondatori, partecipando alle prime riunioni con Enzo Erra e Giorgio
Almirante - fin dal 1951, quando ho riacquistato i diritti politici.
Il volontariato, la scelta di schierarmi in prima linea a difesa dei
poveri e degli emarginati, è stata una valutazione politica, un modo
per far rivivere gli ideali nei quali credo anche nel la quotidianità,
nella professione che ho svolto per una vita". Una vita dedicata a
donare il proprio cuore ai deboli, agli esclusi e all'Italia.

Michele De Feudis

lunedì 17 agosto 2009

Annullamento del I campo "Bir el Gobi"



I CAMPO “BIR EL GOBI”
Formazione, lavoro e canto per creare la Continuità ideale
Piccola Caprera – Ponti sul Mincio
11 - 12 - 13 settembre 2009
Nel Cinquantesimo anniversario della morte del Maggiore Fulvio Balisti

ANNULLATO


Non essendo stato raggiunto il numero minimo di adesioni (20 persone) richiesto entro la data indicata (7 agosto) il Campo non avrà luogo.
Siamo dispiaciuti per le Associazioni e i singoli che avevano dato la loro adesione e amareggiati per non poter aprire le porte del Sacrario, del Museo e della casa del Maggiore Fulvio Balisti a tanti giovani camerati, come sarebbe piaciuto a Lui e a tutti i reduci del Reggimento Giovani Fascisti.
Rimane inteso che la quota d’iscrizione verrà rapidamente restituita a chi l’ha già versata

Per chiarimenti e informazioni

- Nicola Bosi - tel 340.1750118 – info@piccolacaprera.it
- Guido Giraudo – tel 335 6361865 – guidogiraudo@libero.it - fax 92 6080677

giovedì 13 agosto 2009

E’ USCITO “I LEGIONARI DI NETTUNIA”, ULTIMO LAVORO DI PIETRO CAPPELLARI

Una verità sconvolgente che cambierà la storia di Anzio e Nettuno.


Questi primi giorni di agosto sono stati “scossi” da un’importante novità editoriale che non mancherà di suscitare accese polemiche. Si tratta di uno studio del noto ricercatore della Fondazione della RSI il Dott. Pietro Cappellari, studio dedicato ai caduti della Repubblica Sociale Italiana di Anzio e Nettuno.

Siamo andati a trovare Cappellari presso il suo studio per farci raccontare come nasce il libro I Legionari di Nettunia.



- Come mai l’interesse per queste storie dimenticate?

«Da diversi anni ormai – ha dichiarato il noto ricercatore – mi occupo dello studio dei caduti della RSI, caduti considerati dei veri e propri “fantasmi” dallo Stato italiano. Mentre i caduti della Seconda Guerra Mondiale sono in generale considerati “morti di serie B”, quelli della RSI non sono neanche considerati come tali, non sono mai esistiti, dei “fantasmi” appunto. Questo lavoro nasce dalle ricerche di Cipriano Porcu che, negli anni ’90, cercò di ricostruire le vicende dei fratelli Fioravanti, due ragazzi di Anzio e Nettuno caduti combattendo nelle fila della GNR. Purtroppo, non si riuscì mai a trovare una documentazione idonea per ricostruire le vicissitudini di queste due Camicie Nere, fino a quando – grazie alla Fondazione della RSI – è stato possibile trovare delle fonti inedite su questi episodi e, inoltre, scoprire che Anzio e Nettuno avevano avuto diversi giovani che si erano arruolati nella RSI e sotto queste insegne erano caduti. E’ iniziata per me la scoperta di un “mondo” sconosciuto. Attraverso delle ricerche condotte in tutta l’Italia settentrionale ho potuto ricostruire tassello dopo tassello le vite di questi volontari dell’onore. Si tratta di storie drammatiche ed eroiche nello stesso tempo, che gettano una luce nuova sulla storia di Anzio e Nettuno, il cui Novecento non è mai stato studiato con cognizione di causa».

- Le verità contenute nel libro sono state definite “sconvolgenti”. Perchè?

«Purtroppo, la popolazione italiana fa dell’ignoranza della storia patria un suo fiero distintivo. Ad Anzio e Nettuno, dove il falso mito della “liberazione” degli Americani persiste con tutto il suo apparato propagandistico, lo studio della RSI e le motivazioni ideali che spinsero il fior fiore della gioventù italiana a immolarsi sui campi di battaglia sono semplicemente tabù. I giovani italiani preferirono combattere gli Alleati, anziché aspettare, fazzoletto bianco in mano, la loro venuta. Ed è per questo che il mio studio è “sconvolgente”. Dimostra come i Nettuniani, ossia i ragazzi di Anzio e Nettuno che fecero delle scelte precise, optarono principalmente per combattere sotto il Tricolore italiano, sotto le bandiere della RSI. Nel bellissimo corto che è stato lanciato per pubblicizzare il campionato del mondo di baseball che si terrà, per l’appunto, a Nettuno nel prossimo settembre, si vedono dei giocatori con la maglia della squadra cittadina che sbarcano come i soldati americani e combattono, con tanto di mazze, sulle spiagge nettunesi contro ipotetici “crucchi”. Ebbene, nella realtà, in quel 1944, gli Italiani erano dall’altra parte della “barricata”, a combattere al fianco dei soldati germanici. Altro che sbarco in maglia di baseball. Ecco perché questo libro è “sconvolgente” per il cittadino medio. Tutte le sue certezze vengono infrante dalla realtà storica dei fatti».

- Questo libro, comunque, ha un respiro ben più ampio di quello della microstoria, non è vero?

«Effettivamente, credere che questo studio sia una “storia locale” è un errore. Le vicende che vengono raccontate riguardano tutto un “mondo umano” che tra il 1943 e il 1945 si schierò sotto le insegne repubblicane. Le vicissitudini dei ragazzi di Anzio e Nettuno non sono altro che le vicissitudini di quel “mondo”. Non a caso, Nettunia, nel racconto, assume un ruolo marginale, visto che gran parte dei fatti narrati si svolgono nell’Italia settentrionale. Si parla della GNR di Brescia e Imperia come della Divisione “San Marco”, dei combattimenti avvenuti nelle Langhe, nel Torinese, nel Vercellese, nell’Astigiano e nella Pianura Pontina, per finire con l’eroica e sconosciuta resistenza delle Camicie Nere dell’“Etna” contro le soverchianti forze angloamericane negli ultimi giorni dell’aprile 1945. Tutti fatti che mai sono stati raccontati e che, per la prima volta, vengono presentati al grande pubblico attraverso una rigorosa ricostruzione storica».

- Quale è il contributo più importante di questo studio?

«Per prima cosa si deve segnalare come le vicissitudini riportate tendono ad evidenziare con la massima precisione la fisionomia spirituale del combattente della RSI. Oggi che è stata ripresa la tematica del “male assoluto”, questo studio si inserisce nelle polemiche mettendo a tacere i detrattori della Repubblica Sociale Italiana. Le cristalline figure dei combattenti della RSI escono dalle pagine del libro splendenti in tutta la loro purezza. Ecco che, allora, parlare di “male assoluto” diventa una idiozia, prima che un falso storico. Il contributo dato alla conoscenza della RSI da questo studio è importante proprio per questo fatto. Infine, non si può neanche ignorare che I Legionari di Nettunia sono il frutto di una collaborazione tra la Fondazione della RSI di Terranuova Bracciolini e il Centro Studi Militari della RSI di Latina. Questo libro ha messo in moto una preziosa “intesa” – un vero e proprio “Asse” – tra i due enti, che dimostra come lo studio della Repubblica Sociale Italiana non può più essere ostaggio delle falsi tesi degli antifascisti».

Lemmonio Boreo

Per informazioni sul testo si veda: www.heraldeditore.it/cappellari.htm

Presentazione libraria

La S.V. è invitata

Sabato 29 agosto 2009 alle ore 21:00
presso l’Auditorium Santa Lucia di Leonessa (Rieti)
alla presentazione del libro “I Legionari di Nettunia”

di Pietro Cappellari


Organizzazione: Cav. Mirko Mancini (338.45.21.500)




martedì 4 agosto 2009

Sulla lapide di Ossero più ombre che luci

Quei ragazzi erano della RSI e furono uccisi dagli slavo-comunisti!

Il 12 luglio dello scorso anno, a Ossero, sull’isola di Cherso, nel Quarnaro, venne inaugurata una lapide in ricordo dei ventotto combattenti della Repubblica Sociale Italiana trucidati dai partizan di Tito il 22 aprile 1945.

La lettura dell’epitaffio mi lasciò alquanto dubbioso, ma decisi di non commentare per non sollevare le solite polemiche. Tuttavia, a un anno da quell’episodio, ben poco si è fatto per ristabilire la verità storica e non pochi si sono “adagiati sugli allori” e si sono compiaciuti di come è stata “gestita” l’intera operazione.

Ho quindi deciso di “mettere i puntini sulle i”, rischiando di entrare in polemica, ma salvaguardando nello stesso tempo la serietà storica e, soprattutto, la dignità di quei ragazzi morti per la Patria.

Sulla lapide compare scritto a caratteri cubitali: “Vennero stroncate ventotto giovani vite italiane, vittime della barbarie della guerra”.

Un turista potrebbe benissimo pensare che queste “vittime” furono degli sventurati, dei semplici civili italiani, magari morti in seguito ad un incidente. Non a caso la dizione riporta, tali e quali, gli epitaffi che siamo costretti a leggere ai lati delle strade sulle lapidi delle vittime – queste sì! – degli incidenti stradali.

Ebbene, quelle “giovani vite italiane” è solo un arzigogolato giro di parole per non specificare che i ventotto caduti – e non vittime! – di Ossero erano combattenti della Repubblica Sociale Italiana, in maggioranza Marò della Decima MAS, a cui furono accumunate anche delle Camicie Nere del locale Presidio GNR-MDT.

Però, questo non poteva essere detto. Meglio sorvolare. Sorvolare sugli ultimi difensori dell’italianità dell’Istria e della Dalmazia?

Certamente, le Autorità – italiane e straniere – non avrebbero digerito il “boccone amaro” e, quindi, fu giudicato “opportuno”… sorvolare sull’identificazione dei caduti, dipinti per l’occasione come “vittime”. Povere “vittime”.

No. Questo non è corretto. Quei ragazzi avevano una divisa – quella italiana! – e combattevano una guerra. Erano consapevoli della loro scelta, una scelta che avrebbe potuto comportare anche il sacrificio supremo. Quali vittime?

Basta con questo vittimismo che sa tanto di politicamente corretto e di conformismo.

Ma dove si è giunti al paradosso, è nella seconda frase in cui si “specifica” che questi caduti furono “vittime della barbarie della guerra”. Un secondo schiaffo alla loro dignità di combattenti e di soldati.

Nel vortice del pacifismo d’accatto imperante, certamente, cosa si poteva scrivere? Forse che erano stati gli slavo-comunisti a fucilarli? No. Questo non poteva essere scritto e, secondo il nostro avviso, sarebbe stato anche di poco gusto. A noi non interessano le lapidi “politiche”, cioè quelle che usano i morti per gli sporchi giochi della politica democratica. Quelle studiate a tavolino dall’antifascismo sempre pronto a speculare sui morti per fini politici, evidenziando che a uccidere erano “sempre e solamente” i “barbari tedeschi assetati di sangue”, le “spie fasciste loro serve”, ecc.

No, noi siamo di altra tempra. Sappiamo rispettare i caduti. Tutti i caduti.

Forse sarebbe bastato dire che quei ventotto ragazzi erano combattenti della RSI, caduti per la Patria. Ma anche questo, oggi, in quelle terre temporaneamente occupate dallo straniero, non può essere detto. E chi dovrebbe farlo si guarda bene dal dirlo, tutto preso a farsi fotografare con le democratiche Autorità “legittime”…

Del resto, quante sedicenti associazioni degli esuli hanno abbandonato l’irredentismo per più piacevoli e rimunerativi compromessi con chi gli esuli ha venduto e tradito?

Ora si parla di riportare “in Patria” quei caduti. Come se Ossero, come se Cherso, come se la Dalmazia, il Quarnaro e l’Istria non fossero Italia!

E, poi, per che farne? Per gettarne i poveri resti in qualche sperduto e abbandonato cimitero della Prima Guerra Mondiale?

Offesa su offesa.

Che quei caduti riposino degnamente nel luogo ove combatterono e morirono. Perché un giorno, nell’italianissima Ossero sventoli nuovamente il tricolore ad accarezzare le migliaia di combattenti della RSI caduti per la Patria e per l’italianità dell’Istria e della Dalmazia.

A chi predica il pacifismo rinunciatario e antinazionale noi rispondiamo con le parole di Stefano Petris di Cherso. Parole che scrisse poco prima di essere ucciso dagli slavo-comunisti e che suonano come uno schiaffo sul viso dei pavidi italioti: Non piangere per me. Non mi sono mai sentito così forte come in questa notte di attesa, che è l’ultima della mia vita. Tu sai che io muoio per l’Italia. Siamo migliaia di Italiani, gettati nelle foibe, trucidati e massacrati, deportati in Croazia falciati giornalmente dall’odio, dalla fame, dalle malattie, sgozzati iniquamente. Aprano gli occhi gli Italiani e puntino i loro sguardi verso questa martoriata terra istriana che è e sarà italiana. Se il Tricolore d’Italia tornerà, come spero, a sventolare anche sulla mia Cherso, bacialo per me, assieme ai miei figli. Domani mi uccideranno. Non uccideranno il mio spirito, né la mia fede. Andrò alla morte serenamente e come il mio ultimo pensiero sarà rivolto a Dio che mi accoglierà e a voi, che lascio, così il mio grido, fortissimo, più forte delle raffiche dei mitra, sarà: «Viva l'Italia! »”.


Pietro Cappellari

Ricercatore

Fondazione RSI – Istituto Storico

Terranuova Bracciolini (AR)

lunedì 3 agosto 2009

UNA DONNA ECCEZIONALE FRA DONNE ECCEZIONALI

Riceviamo e pubblichiamo:

Il titolo esatto avrebbe dovuto essere: “Ragazze eccezionali fra ragazze eccezionali”. Come molti lettori avranno compreso intendo trattare una breve storia delle Ausiliarie della R.S.I.. “Ragazze eccezionali”, mi sono corretto, ma alcune di loro non erano neanche ragazze, ma poco più che adolescenti. Mentre il Paese era allo sbando più totale – e sto ricordando la capitolazione dell’8 settembre 1943 – e mentre molti uomini, soppesata furbescamente la situazione militare del momento e consci che ormai la guerra era persa, si schieravano dalla parte dei più che probabili vincitori, migliaia di ragazze non accettarono l’onta e si schierarono dalla parte che ritenevano, quella della coerenza e dell’Onore.
Valga per tutte queste eroine, la storia di una di loro: Giovanna Deiana.
Giovanna Deiana fu citata all’Ordine del Giorno del Comando generale della G.I.L., con questa motivazione: .
Questo sarebbe stato già tanto per molti uomini. Giovanna Deiana, però, mostrò ancor più la sua determinazione e la sua fede; così scrisse della sua fulgida esperienza (da Riaffermazione del 1996).

. Non metto in evidenza queste Sue parole per vezzo di esibizione, ma per sottolineare quanto la mente di quest’Uomo, occupata e preoccupata da così gravi pensieri a livello mondiale, sapesse chinarsi verso situazioni così microscopiche come la mia. Domandò notizie del fascio di Verona; alla mia attenzione di ragazza dette l’impressione di essere assetato di notizie al di fuori e spontanee, come le nostre potevano essere. Poi all’improvviso disse: . Come sempre lungimirante, anche nelle piccole cose, seppe facilitarmi la vita. E risposi che volevo essere anch’io una Ausiliaria, come tante altre donne lo erano. La Sua risposta fu laconica, quanto commossa: . Tornai a Verona la sera stessa, con l’animo invaso da una delle più grandi emozioni della mia vita. Due giorni dopo iniziò un corso provinciale a Verona e qualche tempo dopo la Comandante della S.A.F. di Verona, Elena Ranzi, mi comunicò che dovevo partire per Como, dove avrei frequentato dal 6 gennaio 1945, il V Corso Nazionale Fiamma. Conclusi con il mio giuramento individuale di fronte alla Comandante Maria Teresa Feliciani il giorno 9 febbraio. Le motivazioni del mio arruolamento? Credo di averle sufficientemente spiegate: in quei momenti di altissima tensione spirituale i blablabla passavano in ultima linea, anzi erano addirittura inesistenti.
Bisognava lavorare, come sempre, come credo ancora lavoro, sentendomi sempre parte attiva di questo connettivo sociale>.

Giovanna Deiana

Breve storia del Servizio Ausiliario Femminile (S.A.F.).



Con l’avvento della Seconda Guerra mondiale si verificò una straordinaria presenza delle donne in U.R.S.S., in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, i Germania. Anche in Italia si vennero a costituire, dal 1942, i servizi ausiliari della Regia Aeronautica con un organico iniziale di 2650 unità impiegate come Servizio Scoperta e Segnalazione Aerei (S.S.S.A.).
La necessità e l’opportunità di impiegare donne nei servizi ausiliari di guerra, in maniera più massiccia si presentò con la costituzione della R.S.I..
Su La Stampa del 13 gennaio 1944, Concetto Pettinato (1) scrisse un articolo: “Breve discorso alle donne d’Italia”, un appello rivolto alle italiane affinché accorressero in difesa della Patria.
La risposta fu immediata: (Associazione Culturale S.A.F., NovAntico Editore).
Divenne una marea montante: migliaia di donne esigevano di partecipare all’attività bellica, erano operaie, studentesse, come le universitarie di Venezia che si arruolarono in massa. Riporta il testo sopra indicato: .
Requisito essenziale per le volontarie – la cui età era compresa tra i diciotto e i quarantacinque anni – era l’indiscussa moralità. .
Lo spirito che animava queste giovani donne viene testimoniato da quanto scritto su “Donne in grigioverde”, organo del S.A.F. del 18 dicembre 1944, dove, fra l’altro si stabilisce: .
L’uso delle armi era consentito solo in caso di legittima difesa. Nessuna disparità di trattamento rispetto a quello riservato agli uomini; recitava il D.M. . Pur nella rigidità della disciplina e pur nel corso negativo della guerra, la risposta delle donne fu sorprendente: . In altre parole le aspiranti al S.A.F. risultarono numericamente superiori a quanto stabilito dal bando.
Ormai le ausiliarie sono presenti in quasi tutte le formazioni militari della R.S.I., comprese quelle dislocate in Germania e dimostrano di sapersi far valere in qualunque circostanza e in qualsiasi luogo.
Centinaia furono le Ausiliarie cadute durante i bombardamenti e mitragliamenti, martoriate e uccise nelle imboscate e negli attentati. Numerose furono le citazioni, gli encomi e le ricompense al valore, molto spesso alla memoria.
Al termine del conflitto l’odio dei partigiani, autoproclamatisi vincitori di una guerra che senza il massiccio intervento americano non avrebbero mai vinto, si accanisce contro le Ausiliarie con una ferocia spesso disumana. Molte pagano con la vita la loro partecipazione alla R.S.I. (non di rado dopo essere state stuprate), altre vengono rapate e fatte sfilare per le strade fra il ludibrio della feccia urlante, alcune denudate e frustate, altre ripetutamente violentate, in un’esplosione di odio bestiale che non ha e non può avere alcuna giustificazione. Le meno sfortunate, che solo il caso sottrae al supplizio e alla morte, finiscono nei vari campi di concentramento come il P.W.E. 334 di Scandicci (Firenze) tenuto dagli americani, o in quelli tenuti dagli italiani, questi ultimi definiti “di rieducazione morale”: espressione davvero paradossale se si pensa che intanto, qua e là per l’Italia, dilaga la prostituzione fra gli invasori angloamericani di ogni razza e colore. Da quei campi di concentramento le Ausiliarie uscirono solo dopo mesi e mesi di prigionia, le ultime nel gennaio 1946 (…). Il S.A.F. è la formazione militare che, in proporzione ai suoi effettivi, ha pagato il più alto tributo di sangue alla causa della R.S.I.>.
Secondo l’Associazione culturale S.A.F., il numero delle Ausiliarie cadute sia in conseguenza di vicende belliche che uccise a guerra finita dovrebbe avvicinarsi alle duemila unità. La cifra esatta non è nota perché molte di loro furono date come disperse o uccise e sepolte in fosse comuni o, comunque, sparite nel nulla.
Come terminare questo ricordo di tante eroine? L’unico sistema è impegnarmi a tornare sull’argomento in uno dei prossimi articoli.

Di Filippo Giannini

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1) Concetto Pettinato, non fascista, era fuggito in Svizzera, ma disgustato per la fuga del Re e per il voltafaccia di Badoglio, rientrò in Italia per affiancare il Governo della R.S.I. Gli venne affidata la direzione de La Stampa e fu celebre il suo articolo “Se ci sei batti un colpo” con il quale esortava il Governo a mettere in pratica la socializzazione.
A guerra finita Pettinato incorse, come gli altri direttori di giornali, nelle reti del’epurazione: Pettinato (La Stampa”), Bruno Spampanato (“Il Messaggero”), come l’inviato del “Corriere della Sera” Luigi Romersa, furono condannati a pene detentive fra i dodici e i venti anni.

sabato 1 agosto 2009

Il Sangue di Chi?

Ogni tanto ci permettiamo una digressione sui temi che normalmente vengono esposti su questo Blog. Dopo le attività culturali ci concediamo il vezzo di stigmatizzare una operazione vergognosa che infanga ulteriormente la memoria di chi fu protagonista o solo spettatore innocente, della splendida esperienza della RSI. Prova di Fede, di Orgoglio e Coraggio, ma soprattutto di ONORE, nel momento in cui lo Stato italiano venne dato in pasto ai massacratori angloamericani dai traditori (comunisti, liberali, badogliani e monarchici).

Domenica 19 Luglio, serata inaugurale del Santa Marinella Film Festival, leggiamo sul cartellone, proiezione ad inviti del film “Il Sangue dei Vinti” film di Michele Soavi, liberamente ma molto liberamente tratto dal l’omonimo libro di Giampaolo Pansa. Cerchiamo, troviamo e ci vengono consegnati gli inviti, dal gentile Presidente del Festival. Entriamo.
Come al solito, i santamarinellesi che dicono di ispirarsi in una certa misura ed in forme diverse a idee e valori che si richiamano al Fascismo non ci sono, avranno avuto i loro buoni e soliti interessi da curare.
Ci si accomoda in una zona laterale, si attendono quarantacinque minuti inutilmente, sale sul palco la presentatrice e invita Sindaco e Delegato alla Cultura. Alla fine il Sindaco se la svanga con un “dei fatti ormai consegnati alla Storia” il Delegato alla Cultura improvvisa un panegirico sul Festival , sulle spese e su un ipotetico pericolo di “ABBIOCCAMENTO” per i film lenti. Panico dalla fila 4, le prime tre erano vuote.

Dopo il brivido la tragicomica, invitati sul palco salgono, il Sen Fisichella, il regista Lizzani e tal Colasanti. Tra una marchetta e l’altra, in cui sottolineano il carattere antifascista della loro animella bella, gli stessi approfondiscono che del film non ce n’era assolutamente bisogno e degli aspetti del carattere feroce e distruttivo dell’esperienza fascista. Non solo, non si vuole fare revisionismo, il male assoluto ha un ruolo fondamentale nella guerra civile esogena (illuminaci Fisichella!). Alla fine tutti convengono sorridendo compiaciuti, i repubblicani di Salò avevano torto marcio, erano la parte sbagliata e una certa giustificazione quegli eccessi ce l’hanno perché per 20 anni era stata soffocata la LIBBERTA’ e LA DEMOCRAZZIA!

Ad un tratto ci balena una domanda:
se nel libro si parla di ciò che accadde dopo il 25 aprile (il sottotitolo c'è apposta),
se nel libro si parla della mattanza di fascisti e presunti nemici della rivoluzione bolscevica,
se nel libro si parla della strage indiscriminata di civili, parenti, presunti nemici, prigionieri inermi,
se nel libro si dice che si uccideva chi era di diretta o indiretta affiliazione fascista, tutto questo pappone che c’entra?
Mistero del Santo Catechismo della Liberazione.

Fine del dibattito, inizia il film, per un attimo si crede che si stia per ribaltare la Storia scritta dai vincitori.
Tutta fuffa, tutto falso. Tutto vergognosamente costruito per alleviare le coscienze sporche dei rinnegati. Del resto lo stesso Pansa non può esimersi dal dire che il Film con il suo libro non c’entra niente.

Il film è un fumettone indigeribile, il sangue che scorre è quello dei partigiani, i tedeschi sono i soliti cattivissimi che sparano alle spalle dei bambini (quei trentamila che riposano al cimitero al Passo della Futa, quelli non erano poi così cattivi, erano partiti dal loro paesino a salvarci le terga dagli americani) e soprattutto - è questa la cosa più grave - finisce proprio dove dovrebbe iniziare, il 25 aprile del 1945. Era necessario farlo iniziare nel 1943? Era necessario intenerirlo con investigazioni, dolci bambine orfane, professoresse snob della cui interpretazione l’attrice potrebbe non esserne così fiera?

Dalla data in cui inizia il massacro di gente inerme che con quella guerra non c’entrava niente, nessun episodio niente di niente. E’ per tutto ciò che continuiamo a rimanere vicini ai combattenti ed ai reduci della RSI, alle fiere Ausiliarie del SAF al nostro argento vivo. Presso la loro Sede ci sono i documenti, gli archivi, i libri, le memorie, che sono pregne di onore, di giustizia, di responsabilità, di una chiara visione della vita e del mondo e del chiaro intento di sacrificare tutto per la verità.
I loro occhi ci riempiono di energia ogni volta che li incontriamo. E’ per questo che non ci fidiamo più dei cosiddetti democratici, abbiamo imparato la lezione, arrendersi a quest’ultimi significa soccombere da inermi, che volete fare sarem romantici ma preferiamo morire combattendo. Magari la prossima volta anziché stare a casa, venite a fare un giro alla Fondazione della RSI a Terranuova Bracciolini (http://www.istitutostoricorsi.org/), può essere che la memoria vi si rinfreschi!

Tratto da: www.aurhelio.blogspot.com