lunedì 28 settembre 2009

Il paradiso è all'ombra delle Spade

Riceviamo dal nostro amico Argentino Juan Pablo Vitali il seguente articolo sulla similitudine tra il guerriero ed il poeta, riportaimo la nsotra traduzione in Italiano ed il testo spagnolo.

I bambini di fuoco e cenere
Una città devastata dal cielo


La poesia e la guerra sono nate insieme. Quando l'uomo brancola la morte, sente inevitabilmente il bisogno di vincolarsi a qualcosa di più alto di lui, superandola. I popoli indoeuropei ci hanno lasciato ampie prove di tale intento. La Bhagavad Gita, l'Iliade, le Saghe, il ciclo del Graal, i Cantori di Gesta. Fa tutto parte di un tentativo di vincere la morte attraverso simboli estetici, che sono anche i simboli sacri. Nell'istante estremo del combattimento è molto poco quello che può essere considerato essenziale. Gli antenati e gli dèi diventano allora parte del guerriero. Già vivono nello stesso mondo, sicuramente, il guerriero resta ancora vivo. Così vanno insieme la poesia e la guerra, perché i valori all'ultimo momento, sono in qualche modo assoluti, perché la morte fisica deve essere superata con un'anima immortale, che ci si è guadagnati in battaglia. Non c'è niente di più poetico che la morte di un guerriero. Questa morte comporta una modifica dell'universo stesso, nell’ eredità di sangue, nella comunità che lo ha generato e sicuramente anche nei mondi invisibili, dove continuano a vivere i guerrieri che lo hanno preceduto. Non c'è guerra senza poesia. La morte trasmuta il caduto, ipso facto, in un super-uomo. Non importa che un poeta non canta questa morte in particolare. Si può sostenere che non ci sono morti particolari quando si diventa un cittadino di questa repubblica aristocratica della morte con onore. Vi è certamente una gloria comune a tutti i fedeli. E due volte beati sono coloro che sinceramente hanno ben combattuto, lo hanno fatto per una giusta causa. Anche coloro che hanno sbagliato in buona fede avranno il loro paradiso, però gli onesti di giusta causa, senza dubbio, saranno elevati al rango di semi-dei.
Probabilmente è nell'apporto di sangue che risiede la bellezza assoluta di uno spirito poetico, perché la sensibilità del poeta e quella del guerriero sono simili. E' differente solo il modo di attraversare la realtà, in un viaggio verso una realtà superiore e pura, luminosa e fatale. Sovrumana, nel senso nietzschiano. Man mano che l'età oscura progredisce, risulta più raro trovare un'espressione o un atto eroico. Praticamente non ci sono più né poeti né guerrieri. Sono diventati parte di una realtà fuori dal tempo. Gli uomini di questo periodo stanno morendo in modo non trascendente. Il degrado rende la poesia difficile, che svanisce come svanisce la guerra secondo l'antico significato. Pochissimi uomini oggi riescono a capire il significato primordiale e sacro della poesia e della guerra. Un giorno, dopo millenni e millenni, il senso sacro delle cose tornerà ancora una volta ad esprimere nuovamente la sua vera dimensione. Nel frattempo, c'è sempre un piccolo spazio e un breve momento in cui la bellezza e il pensiero attraversano l'oscurità. Si tratta di un punto a volte piccolo, ma attraverso di esso possiamo attraversare l'eternità, come le nostre nonne infilavano il filo per cucire in un ago.

La poesía y la guerra nacieron juntas. Cuando el hombre tantea la muerte, siente indefectiblemente la necesidad de vincularse a algo más elevado que él mismo, superándola. Los pueblos indoeuropeos nos han dejado extensos testimonios de ese intento. El Bhagavad Gita, la Ilíada, las Sagas, el Ciclo del Grial, los Cantares de Gesta. Todo forma parte de un intento de superación de la muerte mediante símbolos estéticos, que son también símbolos sagrados. En el instante extremo del combate es muy poco lo que puede considerarse esencial. Los antepasados y los dioses se convierten entonces en parte del guerrero. Viven ya en un mismo mundo, definitivamente, aunque el guerrero se mantenga todavía con vida. Por eso van juntas la poesía y la guerra, porque los valores del último instante son de algún modo absolutos, y porque la muerte material debe ser superada por un alma inmortal que se lo ha ganado en la batalla. No hay nada más poético que la muerte de un guerrero. Esa muerte implica un cambio en el universo mismo, en la sucesión de la sangre, en la comunidad que lo ha engendrado y seguramente también en los mundos invisibles donde viven los guerreros que lo han precedido. No hay guerra sin poesía. La muerte convierte al caído, ipso facto, en un superhombre. No importa que un poeta no cante esa muerte en particular. Podría decirse que no hay muertes particulares cuando se ha ingresado como ciudadano en esa república aristocrática de la muerte con honor. Existe, sin duda, una gloria común a todos los leales. Y dos veces benditos son los que además de pelear sinceramente, lo hacen por una causa justa. Los sinceramente equivocados tendrán también su paraíso, pero los sinceros de justas causas se elevarán sin duda a la categoría de semidioses. En la entrega de la sangre está seguramente la estética absoluta de un espíritu poético, porque la sensibilidad del poeta y del guerrero son similares. Sólo es diferente su forma de atravesar la realidad, en un viaje hacia una realidad superior y pura, luminosa y fatal. Sobrehumana, en el sentido nietzscheano. A medida que la edad oscura avanza, resulta más extraño encontrar una expresión o una acción heroica. Ya casi no hay poetas ni guerreros. Se han convertido en parte de una realidad extemporánea. Los hombres de esta época se mueren de forma intrascendente. La degradación torna difícil la poesía, que desaparece como va desapareciendo la guerra en el sentido antiguo. Muy pocos hombres comprenden hoy el sentido primordial y sagrado de la poesía y de la guerra. Algún día, pasados milenios de milenios, ese sentido sacro de las cosas volverá, para expresarse nuevamente en su real dimensión. Mientras tanto, siempre hay un pequeño espacio y un breve instante donde la estética y el pensamiento atraviesan la oscuridad. Es un punto a veces mínimo, pero a través de él podemos atravesar la eternidad, como nuestras abuelas enhebraban el hilo de coser en una aguja.

Tratto da http://www.elmanifiesto.com/articulos.asp?idarticulo=3234

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