sabato 25 aprile 2009

Novità editoriale

Riceviamo e pubblichiamo volentieri la recensione del libro di Giannetto Bordin, disponibile presso le nostre sedi.

Spia del “Büro Marine”
Un Balilla moschettiere nei servizi segreti tedeschi

Verona 1943, l’infausta data dell’armistizio lascia un segno profondo nel quattordicenne Giannetto Bordin, allora appena promosso Caposquadra dei Balilla Moschettieri; la scena che si presenta ai suoi occhi è sconfortante, ufficiali che scappano, soldati che gettano via la divisa e cercano disperatamente un abito civile, funzionari del regime che attendono tempi migliori e canaglieria varia che si aggira in città.
La data dell’otto di settembre si abbatté come un uragano sulle coscienze di tutti gli Italiani e li scosse a tal punto da formare, come sottolinea l’autore, un vero e proprio spartiacque; da una parte rimasero gli arrivisti, quelli che dallo stato fascista avevano ottenuto cariche, compensi e onori e che presto salteranno sul carro (armato) dei vincitori, e dall’altra i puri, spesso fascisti della prima ora, che volendo lavare l’onta del tradimento si organizzeranno in squadre di azione ben prima della fondazione della RSI.
Tra questi ultimi il padre del giovane Giannetto, che da subito militò in quella che poi sarebbe diventata nel 1944 la XXI brigata nera “Stefano Rizzardi”; che sarà la squadra d’azione responsabile dell’ordine pubblico durante il processo ai traditori del Gran Consiglio del Fascismo del 25 Luglio 1943, tenutosi a Verona nel gennaio del 1944, presso la sala concerti di Castelvecchio.
Nel suo libro l’autore narra con dovizia di particolari la sua particolare esperienza di combattente della RSI; raggiunto il padre nel novembre del 1943, presso la futura Brigata Nera, vive le vicende di questa, vicende spesso tragiche e dolorose, essendo quello il periodo in cui l’infame mano gappista comincia a colpire, fino al 1944, quando viene contattato da elementi del servizio informazioni della Marina Germanica, per essere addestrato come elemento da infiltrare oltre le linee nemiche come marconista, per trasmettere preziose informazioni alle forze dell’Asse.
L’addestramento viene svolto a Rovereto, sotto la guida di rigidi istruttori Tedeschi, purtroppo termina troppo tardi per essere impegnato in azione, infatti torna a Verona il 23 Aprile del 1945; di lì a poco ( il 26 Aprile) gli Americani sarebbero entrati in Città.
Il libro, pur non avendo altre pretese, che quello di narrare i fatti veramente accaduti durante il periodo della Repubblica Sociale, riesce a trasmettere in pieno il clima e la fede che animava certe scelte sicuramente “scomode”, scelte che venivano rispettate anche dai nemici anglo-americani.
Riportiamo un brano del libro a tal proposito, esemplificativo della differenza di vedute tra “partigiani” e inglesi : “ (…) siccome i nostri avversarsi continuavano ad inveire ed insultare i “fascisti”cercando la complicità degli inglesi, che evidentemente ritenevano dovuta d’ufficio, Il sottoufficiale estrasse una grossa pistola dalla fondina e, impugnandola con aria minacciosa, esplose un colpo in aria. Gli ex partigiani zittirono di colpo. Fu allora che nel più assoluto silenzio, con voce chiara, lasciando allibitii presenti, l’inglese gridò una frase rimasta indelebilmente scolpita nella mia memoria: “Partisan Italian bastards, Fascists Italian Gentelmen”.

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