lunedì 26 aprile 2010

La ”resistenza” sul banco degli imputati

Riceviamo e pubblichiamo:


Di Fernando Riccardi, tratto da www.rinascita.eu

E così anche quest’anno l’italica Penisola celebra in pompa magna l’ennesima e anomala festa della liberazione. Anzi, ricorrendo quest’anno il 60esimo anniversario, ecco anche il tripudio svolazzante di bandiere con tanto di falce e martello, simboli che, pur costituendo un vero residuato bellico, in occasioni di tal guisa tornano sempre prepotentemente alla ribalta. Accompagnate dell’altrettanto solita parata giuliva degli invitti sodali dell’Anpi. Manipoli sgangherati di irriducibili giovanotti con il pugno chiuso rivolto verso il cielo i quali, pur non avendo conosciuto per ragioni eminentemente anagrafiche le vicende della guerra, tengono ben alto il gagliardetto del mito partigiano. Non fosse altro che per continuare ad incassare senza colpo ferire i contributi che lo Stato continua generosamente ad elargire a queste inutili conventicole. Quest’anno, però, anche chi si è sempre tenuto distante dalle vuote celebrazioni che inneggiano ad accadimenti storici per lo più inesistenti (se non ci fossero state le truppe dei cosiddetti “alleati” i nostri baldi e “coraggiosi” partigiani sarebbero stati in grado di combinare ben poco o, al massimo, avrebbero fatto come il “partigiano” Cariglia una razzia di pollame e verdura in Umbria) ha in certo qual modo un motivo, se non per esultare, almeno per essere moderatamente soddisfatto. La notizia è passata inosservata o quasi. E, del resto, a pensarci bene, non poteva che essere così, considerata la natura della nostra informazione. Sta di fatto, però, che qualche settimana fa, la corte penale internazionale dell’Aja, con il procuratore capo Luis Moreno Ocampo, ha accolto la domanda di Giuseppe Tiramani, figlio di Lodovico, milite scelto della Gnr, la Guardia Nazionale Repubblicana, che ha chiesto l’apertura di una inchiesta per la morte del padre assassinato brutalmente dai partigiani nell’estate del 1944 e per la morte di altri 400 appartenenti alla Repubblica Sociale che hanno fatto la stessa fine sempre per mano delle criminali bande comuniste. La tragica sorte del milite Tiramani è emblematica di ciò che accadde in quei drammatici mesi durante i quali, con la connivenza dei cosiddetti “alleati”, i criminali di rosso bardati imperversarono senza ritegno alcuno nelle regioni dell’Italia centro-settentrionale. Lodovico fu prelevato nel luglio del 1944 a Rustigazzo, nel piacentino, dove abitava assieme alla famiglia, da un gruppo di partigiani della brigata “Stella Rossa”.
Quindi, in rapida successione, fu processato, condannato a morte e giustiziato senza pietà nei pressi del monte Moria. La sua unica colpa quella di militare nel versante “sbagliato”. Qualche giorno dopo la moglie rinvenne il suo corpo crivellato di colpi e provvide a dargli sepoltura. Quella che i “partigiani” gli avevano negato. Il figlio Giuseppe è deciso ad andare fino in fondo: “Chiedo che sia fatta giustizia per mio padre e per tutti gli altri combattenti della Repubblica Sociale uccisi in quegli anni nel piacentino”. Riuscirà nel suo intento? Riuscirà, soprattutto, l’International Criminal Court a dimostrare che si trattò di un vero e proprio genocidio che per anni è stato artatamente coperto, occultato e negato dalla imbarazzata storiografia ufficiale? Detto francamente non c’è da essere granché ottimisti. Però, il solo fatto che se ne cominci a parlare in maniera sempre più diffusa (si ricordino, sull’argomento, i tanti “libracci” revisionisti di Giampaolo Pansa, che infinite e rancorose fibrillazioni hanno provocato e continuano a suscitare tra le vestali dell’ortodossia partigiana, presidente “emerito” Scalfaro incluso) e che un organo di giustizia internazionale prenda in considerazione uno dei tanti episodi scabrosi che hanno contraddistinto il dopoguerra in Italia e l’atroce mattanza di vinti è sicuramente un segnale incoraggiante. La strada da percorrere è ancora lunga ma qualcosa finalmente inizia a muoversi.
Ah, una distensiva passeggiata al mare o in montagna non potrà che ritemprare alla grande sia il corpo che lo spirito.

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