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martedì 13 settembre 2011

Mussolini e il Gran Sasso

Riceviamo e pubblichiamo:


In data odierna, 12 settembre
2011, esattamente sessantotto anni dopo dalla liberazione di Mussolini al Gran Sasso in quel 12 settembre 1943 ad opera dei tedeschi,
Vincenzo Di Michele annuncia inaspettati risvolti storici e nuove testimonianze sulla permanenza del Duce a Campo Imperatore con la sua
ultima novità editoriale Mussolini finto prigioniero al Gran Sasso, Curiosando Editore.
Nell’ambito di tale rivisitazione storica, l’
autore, rivela nuovi percorsi storici cui prestar attenzione grazie anche alle testimonianze inedite dei pastori abruzzesi e di chi era
presente nel settembre 1943 all’albergo di Campo Imperatore. Infatti, sono stati accertati e riscontrati avvenimenti storici sinora
sconosciuti, come ad esempio, la presenza di tre personaggi nell’albergo di Campo Imperatore, i quali sono stati invitati proprio dal
tenente Alberto Faiola, Comandante del nucleo Carabinieri addetto alla sorveglianza di Mussolini al Gran Sasso. Addirittura uno di questi
personaggi, Alfonso Nisi originario di Fano Adriano piccolo paese alle pendici del Gran Sasso, rilasciò un’intervista dove dichiarò la sua
presenza in quei giorni come ospite – grazie ad un invito del tenente Faiola – nell’albergo di Campo Imperatore.
Sempre il Nisi,
affermò che Mussolini a Campo Imperatore: poteva fare quel che gli pareva e piaceva, vedere gente, ricevere e inoltrare lettere
clandestine, e che, insomma, la sorveglianza non era né stretta né efficace. Sta di fatto che tale personaggio Alfonso Nisi, si trovò
presente al momento della liberazione del Duce al Gran Sasso, e che la sua presenza lassù era certamente indebita. La notizia or citata,
in realtà, era già stata pubblicata ai primi degli anni 60, dalla rivista Storia Illustrata, anche se, passò del tutto inosservata.
Eppure, il tenente Alberto Faiola, Comandante dei Carabinieri al Gran Sasso, fu encomiato per la sua piena aderenza alle disposizioni
impartite. Ed inoltre, nella nuova opera del Di Michele - con prove documentali- è stata attentamente analizzata la concreta possibilità
di intraprendere la via di fuga verso il versante teramano portando così il Duce in luoghi più sicuri.
Ad esempio, a soli 30 minuti di
marcia, c’era il rifugio Duca Degli Abruzzi tra l’altro proprio in uso all’Aereonautica Militare e non molto distante, c’era anche il
Rifugio Garibaldi. Nonostante siano trascorsi quasi 70 anni, la liberazione del Duce a Campo Imperatore continua ad essere un argomento
dove ci sono molti episodi ancora da chiarire, ed in particolare, riguardo alla reale portata storica correlata all’incursione delle
forze germaniche. A tal conto, viene quindi analizzata da Alvise Valsecchi, circa un effettivo dimensionamento storico dell’intervento di
liberazione ad opera dei paracadutisti tedeschi - evidenziando peraltro in maniera comprovata la mancata proverbiale efficienza dell’
esercito tedesco - in riferimento all’azione di liberazione di Mussolini al Gran Sasso.

http://oubliettemagazine.
com/2011/09/12/vincenzo-di-
michele-presenta-la-sua-ultima-novita-editoriale-mussolini-finto-prigioniero-al-gran-sasso/

giovedì 19 novembre 2009

Presto in libreria

Sarà disponibile presto, presso la sede della delegazione Romana, l'ultimo lavoro di Filippo Giannini, del quale riportiamo una breve presentazione dell'autore:

“BENITO MUSSOLINI – NELL’ITALIA DEI MIRACOLI”
e poi: POVERA ITALIA

di Filippo Giannini

Una breve premessa: “Benito Mussolini – nell’Italia dei miracoli” è il titolo del mio ultimo libro che verrà distribuito quanto prima. Ma il titolo del libro rispecchia, in riduttivo, i miracoli compiuti in “quegli anni”. Dato che non è ancora in distribuzione, non credo di fare facile propaganda. E poi, anche se fosse…

Ricordo, dovevo avere sette-otto anni, frequentavo la scuola elementare Grazioli Lante della Rovere, a Roma, nel corso di una lezione la maestra, Signora Gandolfi, ci avvertì di tenerci pronti e avvertire i nostri genitori che era in programma una sorpresa: una gita scolastica. Venne il giorno, indossai la mia divisa di Figlio della Lupa e dalla scuola, con altre classi, prendemmo posto su un pullman e partimmo. Il breve viaggio si concluse quando giungemmo ai piedi di una collina spoglia di vegetazione dove era ad attenderci il Duce. Ci vennero consegnate delle piantine ed un bastone appuntito. Con un brevissimo discorso il Duce ci spiegò il motivo della nostra convocazione, poi si mise alla nostra testa ed iniziò a piantare quelli che poi, in futuro, sarebbero diventati alberi. Noi lo seguimmo e lo imitammo, consci di fare qualcosa di importante.
Oggi, a oltre settant’anni da quel giorno assistiamo ai miracoli dell’Italia democratica: l’Italia va in pezzi. Quello che allora, con mirabile previdenza fu compiuto, è stato distrutto. Il disboscamento, la cementificazione dissennata del territorio hanno fatto sì che si verifichino frane e smottamenti con morti e distruzioni. L’imponente patrimonio forestale e demaniale dello Stato realizzato, curato, protetto e incrementato grazie alla legge fascista n. 3267 del 30/12/1923 fu tradotta in realtà da Arrigo Serpieri, il quale con altri validi dirigenti forestali trasse in realtà norme sul . Si consideri che la superficie boschiva ereditata dal governo Mussolini ammontante a 4,5 milioni di ettari del 1920 fu portata a circa 6 milioni nel 1940. E questo significa un incremento di centinaia di milioni di alberi i quali, affondando le radici in profondità nel terreno lo solidificano, all’incirca come agisce il ferro nel cemento.
Era tanto sentita la cura e susseguentemente l’assetto territoriale che il Governo fascista istituì (come ha scritto Armando Casillo) . Aggiunge Casillo: . Certo! Se gli amministratori democratici di oggi avessero a cuore gli interessi del territorio almeno simile a quello che animava il male assoluto.
La saggia politica agraria ispirata e pilotata da Arrigo Serpieri promosse numerose leggi di carattere fondamentale, tra le quali, le più importanti: la legge N° 3256 del 30/12/23, sulla bonifica idraulica e della difesa del suolo; la legge N° 753 del 18/5/24 sulle trasformazioni agrarie di pubblico interesse.

Serpieri venne eletto deputato al Parlamento nel 1924, incari¬co rinnovato fino al 1935 quando fu nominato Senatore del Re¬gno e capo della Commissione Agricoltura. Dal Senato fu epurato nel dopoguerra dal Governo Bonomi perché fascista.
Come Sottosegretario di Stato organizzò e diresse i servizi per la prima applicazione della legge n° 3134 del 24/12/28 (Legge Mussolini) per la Bonifica integrale, le cui opere vennero af¬fidate all'ONC.
Le prime bonifiche, con impianti idrovori per il sollevamento delle acque, ebbero inizio nel basso Veneto e in Emilia. Nuova terra venne posta al servizio dell'agricoltura e, con essa, si crearo¬no nuovi posti di lavoro.
Dal suolo bonificato sorgono irrigazioni, si costruiscono stra¬de, acquedotti, reti elettriche, opere edilizie, borghi rurali ed ogni genere di infrastrutture. Con questa tecnica la bonifica di Serpieri va ben al di là del semplice prosciugamento e diventa strumento di progresso economico.

Dalle Paludi Pontine sorsero in tempi fascisti (così detti per indicare in poco tempo) vere e proprie città: Littoria, inaugura¬ta il 18 dicembre 1932, Sabaudia (giudicata uno dei più raffinati esempi di urbanistica razionale europea) il 15 aprile 1934; Pontinia, il 18 dicembre 1935; Aprilia, il 29 ottobre 1938; Pomezia, il 29 ottobre 1939. Nell'Agro Pontino furono costruite ben 3040 ca¬se coloniche, 499 chilometri di strade, 205 chilometri di canali, 15.000 chilometri di scoline. Furono dissodati 41.600 ettari di ter¬reno, furono costruiti quattordici nuovi borghi che portano il no¬me delle principali battaglie alle quali parteciparono i nostri fanti. La bonifica di Maccarese, nell'Agro romano, è un'altra im¬portante realtà: un’azienda modello agricolo-zootecnico-vivaistica, sorse su oltre 5 mila ettari di terreni bonificati con centinaia di case, campi sperimentali, caseifici, cantine sociali: tutto gestito da oltre 1500 lavoratori tecnici ecc.
La bonifica integrale continuava senza soste: quella dell'Isola Sacra a Roma, con la fondazione di Acilia e di Ardea; quella dove poi sorgeranno Fertilia (Sassari), Mussolinia (oggi Arborea-Oristano); quella del Campidano (Cagliari), quella di Metaponto (Matera). E così le bonifiche si estenderanno in Cam¬pania, Puglie, Calabria, Lucania, Sicilia, Dalmazia.
Questi miracoli venivano seguiti e apprezzati anche all’estero, tanto da muovere l’ammirazione e la curiosità di tecnici europei, americani e sovietici. Le Corbusier, il maestro del movimento moderno d’architettura, venne a Roma e in una conferenza tenuta all’Accademia d’Italia, ne elogiò i pregi.

Non possono essere dimenticate le grandi opere realizzate in Somalia, Eritrea e in Libia; a solo titolo d'esempio citiamo il la¬voro svolto da Carlo Lattanzi che visse per oltre quarant’anni sul¬la Quarta Sponda. Si deve alla sua instancabile attività la boni¬fica e la messa a coltura di ampie aree a grano, oliveti, vigneti, frutteti ecc. su oltre 2600 ettari di terreni aridi e sabbiosi.
Un cenno merita anche la gigantesca opera realizzata dall'in¬gegnere idraulico Mario Giandotti progettista di un poderoso canale che, attin¬gendo acque dal Po, irriga ampie aree di terreni coltivati nelle pro¬vince di Modena, Mantova, Bologna, Ravenna, Forlì. Oltre 340 chilometri di canali danno vita a ben 325 mila ettari di terreno.

Armando Casillo (dal cui lavoro abbiamo attinto alcuni dati) riporta i risultati delle bonifiche e delle leggi rurali. Ecco un som¬mario elenco: 5.886.796 ettari bonificati, tra il 1923 e il 1938, un confronto è necessario fra il periodo pre-fascista, quando in 52 anni nell'intera Penisola furono bonificati appena 1.390.361 etta¬ri. A queste vanno aggiunte quelle delle colonie, dell'Etiopia e, poi, dell'Albania. Si aggiungano 32.400 chilometri di strade; 5.400 acquedotti; 15 nuove città e centinaia di borghi; oltre un milione di ettari di terreno rimboscati; un milione di fabbricati ru¬rali; l'incremento della produzione che passò da 100 a 2.438; il lavoro agricolo per ettaro che aumentò da 100 a 3.618; i lavorato¬ri occupati nelle opere di bonifica e nei nuovi poderi superavano le 500 mila unità.
Politica territoriale se ne faceva anche in periodo pre-fascista, ma fu solo col fascismo che si parlò per la prima volta esplicitamente di “piani” – generali, speciali, zonali, di settore ecc – in altre parole il tutto veniva abbracciato in un programma strategico di sviluppo, il piano mussoliniano della società italiana.
Per presentare un parallelo con la società di oggi, possiamo sostenere che non tutte le iniziative del Ventennio in materia di assetto del territorio nacquero dal nulla; al contrario la politica fascista del territorio riprese e rilanciò vecchi progetti dell’età giolittiana, quando, cioè tutto si stava stancamente trascinando da anni di rinvii. Il fascismo avviò, in tutta Italia, con decisione quei lavori imprimendogli quelle caratteristiche dell’inconfondibile stile del Regime: scuole, prefetture, stadi, mercati, colonie e quant’altro fosse necessario, sia per l’assetto del territorio, che per la modernizzazione del Paese. Né va dimenticato che questo miracolo fu compiuto nel pieno della gravissima crisi congiunturale esplosa nel 1929. Non può mancare una nota antifascista (sempre quella nata dalla Resistenza); ha scritto Piero Palombo, a pag. 84 ne “L’Economia Italiana tra le due guerre”: <(…). Duole (sì, è scritto proprio così: duole, nda) ricordarlo: i primi ecologisti indossano l’orbace>.

Per tornare ai “miei alberelli piantati ai piedi di quella collina”, come ho scritto all’inizio, voglio doverosamente ricordare che in quell’epoca, che oggi non si può nominare, venne istituita la Festa degli Alberi, per proteggerli e incrementarli, festa caduta in disuso proprio perché voluta da Mussolini.
In questi giorni assistiamo al continuo, costante dissesto idrogeologico, alle disastrose frane avvenute in provincia di Messina e a Ischia che non sono che un microscopico esempio di come, oggi, il territorio sia stato abbandonato. Ma un richiamo ancora più severo va prospettato per la leggerezza (termine riduttivo, assolutamente improprio) con la quale sono state permesse costruzioni eseguite sino quasi alla bocca del Vesuvio. L’incuria, la superficialità criminale, la leggerezza di tutto ciò è solo un classico esempio di come la cura del cittadino non venga assolutamente presa in considerazione. Si pensi solo cosa potrebbe accadere se quel vulcano riprendesse ad eruttare, come è già accaduto in passato, con violenza ed improvvisamente.

Gli attuali amministratori dell’Italia antifascista e democratica (nata dalla Resistenza), “impelagati come sono a salvaguardare il presente e l’avvenire del popolo italiano” (bah!) non hanno tempo né modo (certe cose sono tassativamente proibite dal Diktat imposto dai liberatori) di ispirarsi alle iniziative dei grandi italiani, nomi come quello di Arrigo Serpieri del quale desidero, per terminare, aggiungere una brevissima nota. A questo grande italiano si debbono, oltre alle leggi sopra citate, anche quelle della bonifica integrale del 1928 e, soprattutto quella del 1933, a lui si deve anche la legge del 1940 per la colonizzazione del latifondo siciliano. Abbandonata la politica attiva, fu Rettore dell’Università di Firenze dal 1937 al 1943. Epurato dai liberatori, riprese l’insegnamento solo nel 1949.
Non bastano certo le presenti brevi considerazioni a rendere dell’Uomo un’immagine completa, sia per quanto riguarda il suo contributo scientifico, sia per ciò che si riferisce alle opere da Lui promosse. Volendo approfondire la Sua personalità citiamo le parole con le quali dettò il Suo testamento nel 1946: «Ho stracciato commosso un mio primo testamento scritto l'11 giugno 1940 primo giorno di guerra, con l'animo vibrante di fede nella vittoria e nell'avvenire della Patria; lo ri¬scrivo in uno dei più tristi periodi della mia vita, quando è crolla¬to quel fascismo nel quale avevo creduto;
quando l'Italia è tragicamente sconfitta, materialmente e moralmente rovinata; quando è pure caduta in rovina quella posizione sociale e quella modesta posizione personale che con quarant'anni di assiduo, onesto lavo¬ro avevo conquistato e pensato di poter godere - per me, ma soprat¬tutto per la mia Iole - nella vecchiaia. Quando la morte verrà sarà una liberazione. Iddio protegga e salvi l'Italia».
La preghiera NON è stata ascoltata da Dio.

Termino questa testimonianza ricordando che anche nella Repubblica Sociale Italiana, quindi nel periodo più grave, ma anche più puro, la cura del territorio continuò; ne fa fede quanto ha scritto Antonio Pantano nel suo libro “Ezra Pound e la Repubblica Sociale Italiana”, nel Capitolo “Edoardo Pantano (padre di Antonio Pantano) Commissario straordinario a Valenza nel 1944”: <(…). 6) Trasformazione radicale della provincia comunale dell’alluvione del Po, con impianto di 5300 pioppi, di 3000 salici e di 6000 talee in vivaio, per una superficie complessiva di 16 ettari. Utilizzazione di qualsiasi superficie, che ha portato a realizzare, tra l’altro, negli intervalli dei nuovi pioppi, un seminativo di 12 chilometri di fagioli. Piantagioni sperimentali di girasoli>. Nel paragrafo 8): . E tutto questo, ripetiamo, nel pieno di una guerra distruttiva, fra bombardamenti terroristici e altrettanto terroristici attentati dei partigiani e incitamenti al sabotaggio provenienti da Radio Londra, Radio Bari, Radio Napoli.
Questi erano gli uomini del miracolo di Mussolini. Poi sono arrivati i liberatori e ne godiamo le attività.


Ringraziamo l'autore per la recensione, per ordininare il libro si prega di contattare la sede allo 06/86217334, oppure tramite mail a fondazionersiroma@gmail.com

domenica 20 settembre 2009

VINCERE!


Riceviamo e pubblichiamo:

La presunta bigamia del Duce (le nozze fantasma)

Guerra 1915-18: Mussolini ai primi di settembre 1915 si trova a Brescia con i commilitoni della sua classe in un reparto di addestramento.
Viene raggiunto per alcuni giorni da Rachele con la piccola Edda, nata il 3-9-1910.
Il 13 settembre con il suo reparto lascia Brescia, destinazione Cividale, poi con marcia di avvicinamento fino a San Pietro al Natisone.
Era assegnato al'8ª compagnia del 33º battaglione, 11º reggimento bersaglieri. Mussolini al fronte si ammala di ITTERO CATARRALE e il 24 novembre viene ricoverato all'ospedale militare di Cividale. Rachele, avvertita, con Edda di cinque anni, lo raggiunge lassù con un viaggio terribile, in un carro bestiame carico di muli. In quell'ospedale riceve la visita del fratello Arnaldo e di qualche amico. Avviene pure il primo incontro di Mussolini col Re Vittorio Emanuele, venuto a visitare i soldati feriti e infermi. Dopo tredici giorni di cure, Mussolini è in via di miglioramento e il 9 dicembre viene mandato in convalescenza all'ospedale Collegio degli Angioli di Treviglio (BG).
Al redattore del “Popolo d'Italia” che si recò a farle visita raccontò: ...“Sono stato aggredito da qualche microbo insidioso nascosto in un bicchiere d'acqua equivoca. Ma l'ho ormai debellato.
Ora debbo guarire e presto. Ti sembrerà stravagante, ma io sento acuta nostalgia della trincea...”. Anche all'ospedale di Treviglio, Rachele accorsa prontamente, confidò a Benito che la precedente visita a Cividale ha lasciato delle conseguenze, è nuovamente incinta (Vittorio
nascerà a settembre del 1916). Decisero di unirsi in matrimonio con regolare rito civile e, il 16 dicembre 1915, come recita l'atto di matrimonio N° 55 del Comune di Treviglio:
“Avanti a me Bonomi Commendatore Ingegnere Carlo, Sindaco, Ufficiale dello Stato Civile vestito in forma ufficiale, sono personalmente comparsi: 1º il signor Mussolini Benito di anni trentadue insegnante, celibe nato a Predappio, residente a Milano, figlio di Alessandro
residente a Predappio e di Maltoni Rosa residente a Predappio.
2º Guidi Rachele di anni venticinque, casalinga, nubile, nata a Predappio, residente a Milano, i quali mi hanno chiesto di unirli in matrimonio, a questo effetto mi hanno presentato i documenti sotto descritti, e all'esame di questo, i quali muniti del mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo registro, risultandomi nulla ostare alla celebrazione del loro matrimonio, ho letto agli sposi gli articoli centotrenta, centotrentuno, centotrentadue del Codice Civile, e quindi ho domandato allo sposo se intende prendere in moglie la qui presente Guidi Rachele e a questa se intende prendere in marito il qui presente Mussolini Benito, ed avendomi ciascuno risposto affermativamente a piena intelligenza dei testimoni sotto indicati, ho pronunciato in nome della legge che i medesimi sono uniti in matrimonio. A quest'atto sono presenti: Limenta Fernando, Castagnoli..., Della Vedova..., Bariani Arrigo, testimoni tutti maggiorenni...”.
L'atto di matrimonio chiude con l'elencazione dei documenti presentati, la firma degli sposi: Benito Mussolini e di Rachele Mussolini Guidi. Poi le firme dei testimoni e infine la firma dell'Ufficiale di Stato Civile.
Questo, sta a dimostrare che Benito e Rachele si sono uniti civilmente in matrimonio il 16 dicembre 1915 a Treviglio, provincia di Bergamo. Perché in seguito si verrà a parlare di matrimonio segreto con Ida Dalser e di bigamia? Vediamolo. Quando il 18 dicembre la Dalser saputo che Mussolini era ricoverato all'ospedale di Treviglio, con in braccio il neonato Benito Albino si recò a farle visita.
Mussolini la ricevette a letto e riusci a calmarla e tranquillizzarla, con promesse generiche e a congedarla. Mussolini il 21 dicembre è in licenza a Milano e il 16 gennaio 1916 riparte da Milano per Treviglio e poi nuovamente al fronte. Nel frattempo la Dalser: l'11 gennaio era riuscita a portare Mussolini dal notaio milanese Giuseppe Buffoli e in presenza di testimoni a argli firmare una dichiarazione dove “il bambino chiamato attualmente Benito Dalser” era figlio suo.
Con questo documento la Dalser diede inizio ad una serie di pratiche legali e di continue scenate a Rachele. Quella dichiarazione del notaio servirà alla Dalser di spacciarsi come moglie di Mussolini e ad avere dal Comune di Milano, nell'ottobre 1916, la tessera per i sussidi settimanali, spettanti ai congiunti e ai famigliari dei militari al fronte.
La dichiarazione resa e firmata da Mussolini davanti al notaio e poi la tessera sussidio del Comune, faranno sorgere l'equivoco sulla presunta bigamia del Duce, fino ai giorni nostri con il film del regista Marco Bellocchio “Vincere”, dove ricostruisce il matrimonio fantasma di Mussolini con la Dalser. E' bene ricordare che: la Dalser il 19 maggio 1916, aveva citato in tribunale Benito Mussolini “per la tutela del minore Benito Albino” e per il risarcimento danni materiali e morali per la seduzione subita e per la non mantenuta promessa di matrimonio.



Giuliano Fiorani

giovedì 25 giugno 2009

Mussolini dall'aldilà Ieri e Oggi

Italiane e Italiani
dal 25 Aprile 1945, dal bagno di sangue delle "radiose giornate", a questo 25 Aprile con le immancabili manifestazioni della "liberazione". Ho potuto notare che gli antifascisti sono aumentati e al tacabanda ufficiale, tutti a gridare vengo anch'io e viva il 25 Aprile. Dopo tutti questi anni dal bagno di sangue che viene festeggiato come "liberazione", il mio pensiero va a quanti, come me e insieme a me, furono massacrati allora, o vilmente uccisi nei mesi successivi a quell'Aprile del 1945; va alle migliaia di scomparsi, dalla Dalmazia e dall'Istria all'Emilia, di cui ancor oggi non si conosce nemmeno la tomba. Dei nostri morti non ha memoria nemmeno il Papa, che pure ha ricordato nel giorno di Pasqua, quelli dell'altra parte; dei nostri scomparsi non si cura nessuno, a cominciare dal Capo dello Stato, supremo tutore dei "desaparecidos" altrui, purchè di sinistra. Io sono l'uomo che ha perso la guerra, è vero: ma prima della sconfitta vi avevo dato vent'anni di progresso e di ordine e costruito un'Italia che ancora oggi resiste. Avevo contro di me quasi l'intero mondo, più i traditori all'interno: non potevo farcela. Comunque, per quella sconfitta dopo vent'anni di vittorie ho pagato e, quando mi appesero per i piedi dopo avermi fucilato, dalle mie tasche non cadde un quattrino. Gli uomini che oggi celebrano come una vittoria il bagno di sangue sono invece quelli che hanno perso la pace. Avevano mezzo mondo dalla loro parte, compresa la maggiore potenza economica e militare della terra: eppure sono riusciti a sfasciare questa Italia che voi, dopo la guerra, avevate ricostruito. E rimangono impuniti e conservano i quattrini (quelli loro): perchè questi politici d'oggi, diversamente da me, si sono fatti ricchi. Dissero di me che ero un provinciale di mentalità ristretta, perchè amavo il mio paese e di bandiera ne baciavo una sola,
il tricolore. Mi chiamarono "Uomo della Provvidenza" e ancora oggi affannano a farsi perdonare per questo. Mi definirono nemico del popolo, dimenticando che fui il solo Capo di Governo di origini proletarie che l'Italia abbia mai avuto.
Italiane e Italiani
io inventai il fascismo e cosi facendo bloccai l'avanzata del bolscevismo in Europa. Tutti foste fascisti con me. Non dovete vergognarvene: io vi ricordo, ossannanti nelle piazze, nelle fabbriche, negli stadi. Insieme, abbiamo vissuto un grande e bellissimo sogno. Questo sogno è morto con me e nessuno dei comizianti d'oggi potrà mai ridarvelo.
Italiane e Italiani
Sono andato dove il destino ha voluto ma, quelli che mi hanno voluto morto sono inseguiti dal mio fantasma, che vuole dir loro la parola del perdono. Ma essi continuano a fuggire per timore della vendetta, così non ci incontreremo mai. Io sarò io anche quando loro non saranno più loro.
Dal fu : Benito Mussolini

Lovere (BG), dal suo eremo dove si trova quale cittadino onorario dal 21 maggio 1924
Fiorani Giuliano