mercoledì 17 febbraio 2010

in ricordo degli eroi del gruppo Vega

Riproponiamo il filmato della fucilazione dei combattenti del Gruppo Vega, a ricordo del loro sacrificio e della loro fierezza nell'affrontare la morte.




Riteniamo molto toccante e significativa la testimonianza del sacerdote Don Giuseppe Ferrieri che li portò i conforti religiosi prima della fucilazione:

«Li trovai che cantavano. Appena mi videro stettero zitti, e quando il cancello di ferro si aprì, mi si strinsero intorno. Io stavo in mezzo ad essi col solito sorriso. E sono quattro: un milanese, un romano, un napoletano, uno di Aquila. Il milanese e il romano erano biondi, quello di Aquila bruno, robusto, con un'aquila sul petto; il napoletano bassotto con i calzoni da ufficiale. Mi dissero che si erano già confessati. Feci recitare l'atto di dolore e dopo poche e semplici parole li comunicai. Stavano a mani giunte, guardando fissi l'Ostia Santa, che si posò viatico per l'estremo viaggio. Un breve ringraziamento. Due pose per fotografia, io in mezzo a loro nella prima, Gesù crocifisso tra loro e me nella seconda. Un militare della M.P. mi disse che avevo altri due minuti di tempo. - Siamo già pronti! - fu la risposta. Li volli accompagnare sul luogo del supplizio. Uscii con due di loro fra quattro M.P. americani armati. Il pianto dei carcerati ci accolse alla uscita del corridoio: Figli miei, figli miei! Erano le undici antimeridiane. Fuori del portone del carcere ci accolse un grido di dolore. Un po' di gente venuta ad assistere al macabro spettacolo. I due, il romano Tapoli Giorgio studente in medicina, e il napoletano Tedesco Vincenzo, risposero inneggiando all'Italia fascista. salii con loro sulla Gip, tra il napoletano e un M.P., facemmo un buon tratto allegramente in quella macchina da ridolini, come disse il romano, il quale mi descrisse tutte le fasi della sua morte. Alcuni credettero e dissero che anch'io ero stato condannato. Arrivammo. Due pali in una partita di grano verde, dietro una cava di pozzolana. Parecchi ufficiali erano commossi, così pure il colonnello che, dopo la prima esecuzione, si disse increscioso di dover agire in tale modo. Eccoli vicino al palo, il romano si toglie la camicia. Mi dice che non vuol farsela bucare. Gli legano le mani: io lo conforto ricordandogli Gesù morto in croce. E’ sorridente. Gli dico che pregherò per lui e che lui deve pregare per i miei giovani. Due altre funi, una sul petto, l'altra sul ventre. Passo al napoletano, sorridente, bruno. Ha sul capo una bustina bianca con l'aquila hitleriana. Mi raccomandano le lettere che hanno scritto ai loro cari; io prometto di parlare agli ufficiali, i quali mi dicono che li accontenteranno. Altri pochi istanti; bacio il napoletano, bacio il romano, incoraggio ambedue, i quali rifiutano di essere bendati. Due soldati caricano i dodici moschetti. Quel chiudere ed aprirsi mi fa il cuore a pezzi. I due eroi hanno ancora delle parole: "Il tenente di Aversa (un certo Tonini, oriundo italiano che li aveva giudicati) sa che noi siamo innocenti". In lontananza una terrazza è affollata di gente che guarda piangendo. Un comando secco: sei dei dodici poliziotti si inginocchiano; un altro comando: puntano il fucile; un terzo comando ancora... una detonazione. Abbasso gli occhi, un colpo solo. Vidi cadere i cari giovani, mi avvicinai a loro recitando tre Requiem e un De Profundis per ciascuno. Mi raccomandai alla loro intercessione. Quattro soldati americani e due cantonieri fanno da becchini. Fotografie a non finire durante tutta l'esecuzione ed il primo atto tragico termina. Si vanno a rilevare gli altri due, che arrivano alle 11,45. Appena mi vedono mi sorridono; hanno trovato una faccia, un viso amico che è lì per confortarli. Quello di Aquila si toglie anche lui la camicia. Lo legano, desidera una sigaretta. Un capitano gliela da', accendendola; lo stesso fa per l'altro, il milanese, simpatica figura di giovane buono. Fo' loro coraggio. Mentre lo legano, il milanese grida tre volte: "Heil Hitler", e l'altro risponde: "Heil". "Noi siamo innocenti. Dio stramaledica gli inglesi!". Io lo guardo, mi capisce: avevo detto loro di non odiare il nemico. Mi guarda e canta: "Vivere sempre vivere, senza malinconia!" Li bacio sorridente tra i sorridenti, mi scosto pochi metri; i tre soliti comandi secchi... Vi vidi abbassare pian piano, o giovani. Ascoltai il vostro rantolo: i colpi non furono precisi come la prima volta; l'anima vostra stentava ad uscire dal vostro corpo. Che strazio al mio cuore! Vi assolsi l'ultima volta "Sub conditione" , Tre requiem e un De profundis per ciascuno. Una macchina di corsa mi condusse a celebrare la Santa Messa. Il popolo mi aspettava da pochi minuti impaziente. Là si ignorava tutto. Era una bella giornata primaverile si pensava a goderla. Celebrai la Santa Messa ancora commosso e pregai per le Vostre anime benedette, per le Vostre mamme adorate. Anche Voi dal cielo pregate per me, per i miei giovani, per il mio apostolato, per l'Italia divisa in tanti partiti che la rovineranno.

Sacerdote Ferrieri Giuseppe tratto da "Lettere dei condannati a morte della RSI, Edizioni B&C, 1976, seconda edizione, pagina 54-55




tratto da www.italia-rsi.org

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