sabato 8 gennaio 2011

Uno studio su Alfonso Abate

Riceviamo e pubblichiamo il seguente articolo:

Nell’ambito delle numerose ricerche sulla Repubblica Sociale Italiana è di prossima uscita una biografia su uno dei tanti personaggi che ha fatto la storia di questo breve ma intenso
periodo della storia italiana.
Per comprendere la RSI occorre considerare la storia di tutti quelli che vi hanno partecipato e che l’hanno difesa convinti di difendere la nazione italiana dopo l’ondata di vergogna che ha contrassegnato l’ultimo triste periodo del Regno d’Italia, con gli episodi legati all’armistizio e all’ignobile fuga del sovrano, della sua corte e dell’effimero capo di quel governo abbozzato in fretta e furia dopo la caduta di Mussolini.
Ed ecco che è necessario dare il giusto risalto a tutti coloro che avevano deciso di stare dalla parte dei “cattivi”, che cattivi non erano ma che volevano semplicemente difendere la propria dignità, il proprio onore e quello che rimaneva della nazione italiana il cui amore era ormai radicato nelle coscienze di tanti italiani cresciuti durante il fascismo.
Per questi motivi quindi, l’adesione di tantissimi italiani alla Repubblica Sociale Italiana è da considerare come una grande e impegnativa prova d’amore nei confronti di una Patria dal destino ormai segnato.
Alfonso Abate fu uno tanti che decisero di continuare a servire la Patria e scelse il modo più impegnativo per farlo: aderire alla RSI
Alla fine di quel tormentato anno 1943 Abate era segretario comunale Aspra Sabina (adesso Casperia).
Nato in Sicilia, a Racalmuto nel 1909 lascia ben presto la famiglia d’origine e si trasferisce a Roma dove si laurea in giurisprudenza nel 1935 alla Regia Università.
Diventa Segretario Comunale nel 1934 e inizia un viaggio continuo che lo porterà in tanti comuni italiani e, per un breve periodo, in Libia presso Misurata al Villaggio Crispi
Sposato e padre di tre piccoli figli, poteva rimanere tranquillamente “nascosto”ad Aspra Sabina aspettando tempi migliori, ma una proposta di lavoro al Ministero dell’Interno – Ispettorato Generale per la Razza – lo portò ad accettare senza esitazioni il trasferimento al nord, convinto com’era della necessità di proseguire la guerra accanto all’alleato tedesco. Qui si arruola nella Guardia Nazionale Repubblicana per poi passare con il grado di Tenente (poi capitano) alla Brigata Nera E. Tognù di Brescia.
Assumerà vari incarichi importanti nella Brigata Tognù.
Ricercato dai partigiani che volevano giustiziarlo riesce a fuggire da Brescia spacciandosi per soldato italiano detenuto nei campi di concentramento tedeschi per poi riparare in Svizzera
Subirà alla fine della guerra un processo in contumacia, dove verrà assolto a seguito di ritrattazione dei testimoni.
Partirà per il Venezuela dove concluderà la sua avventurosa vita nel 1989.
Il presente lavoro si avvale della preziosa testimonianza del figlio Salvatore e di un minuzioso lavoro di ricerca documentale.

Di Giuseppe Carlino

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