martedì 1 giugno 2010

Ennesima prova di civiltà

Riceviamo e pubblichiamo:

Apprendiamo da L’Eco di Bergamo del 31 maggio 2010:

“Finto ordigno esplosivo a Rovetta davanti alla lapide dei volontari Rsi

Un finto ordigno esplosivo è stato trovato sabato mattina 29 maggio davanti al cimitero di Rovetta, in via Locatelli, e praticamente in corrispondenza della lapide commemorativa dei 43 volontari della Repubblica sociale italiana. Accanto nessun volantino e nessuna rivendicazione.

L'ordigno era composto dal barattolo di un fumogeno e da una spoletta collegata con un filo di nylon a una vecchia radio. A scoprire la sua presenza è stato il custode del cimitero che ha subito allertato i carabinieri della stazione di Clusone. Arrivati sul posto, i militari dell'Arma si sono però subito accorti che era un ordigno palesemente finto e quindi non si sono dovuti scomodare gli artificieri.”

A quei nostalgici della guerra civile a quegli eroi dell’ultima ora dedichiamo quello che è successo a Rovetta il 28 aprile 1945.

Quel 28 aprile 1945, il primo a morire è il Panzanelli, comandante del gruppo; è fucilato da solo: era il più alto in grado e il più anziano (22 anni). Tolto dal gruppo, addossato al muro del cimitero e falciato da una raffica di mitra. Poi, cinque, sei alla volta, altri militi sono messi al muro e crivellati di colpi. Viene il turno di un sergente dai capelli neri (Porcarelli Alvaro di anni 20): gli sparano mentre rincuora i commilitoni. Subito dopo ci sono due ragazzi che si tengono per mano: dicono di essere fratelli (Giuseppe e Mario Randi di anni 19 e 16); il più grande li scongiura di risparmiare il più piccolo, che almeno lui possa tornare a casa. Ma una raffica di mitra lo fa tacere: muoiono entrambi. Due partigiani sparano più degli altri! poi, ancora cinque, sei alla volta e il massacro continua. I militi, per mettersi in posa davanti al muro, devono scavalcare i corpi dei loro compagni caduti. Non tutti sono morti, alcuni si muovono, scalciando … Dai fori di proiettile dei corpi ammucchiati esce sangue; il sangue di quelli sopra, bagna il volto di quelli che stanno sotto, che hanno già bagnato col proprio sangue quelli che stanno ancora più sotto. Il sangue scola a terra, formando una così vasta pozza, che il volto dei primi caduti vi è immerso. Avanti altri cinque, poi un ragazzo (Banci Carlo di anni 15), mostra la fotografia del padre prigioniero in India: una risata e viene fucilato! avanti altri due (Antonio e Vincenzo Fontana, rispettivamente di 20 e 18 anni), fucilati. L’ultimo rimasto (Pino Mancini di 20 anni), ha la faccia gonfia dalle percosse ricevute, perché affermano che sia parente del Duce. È fatto salire sopra il mucchio dei caduti, grida “Viva l’Italia”; una raffica lo colpisce al petto, non muore ma rantola; gli fracassano il cranio per farlo tacere. Il mezzogiorno è passato da poco, quando con l’aiuto di alcune assi, i corpi (alcuni a torso nudo, altri in maglietta, perché spogliati di scarpe, giacche e camicie), sono sollevati oltre il muro di cinta del cimitero e fatti scivolare al suo interno”.

Proprio a quel muro di cinta i commilitoni dei caduti hanno apposto la lapide a ricordo. Ora gli eroi dell’ultima ora sempre di nascosto hanno posto un ordigno (vero o finto che sia) poco importa.

La stupidità e la vigliaccheria di alcuni, non ha rispetto neanche per i morti .

Ma, allora noi giovani come ci dobbiamo comportare per superare quel tragico passato che, per alcuni non vuol passare.

Ringrazio per l’attenzione

Cordialità Luca Fiorani

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