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sabato 8 gennaio 2011

Una serata per Rutilio Sermonti


Colli del tronto 5 Gennaio 2011.

Nella vigilia dell'Epifania la Delegazione romana, in accordo con l'Ass Cult Raido, ha organizzato una cena/concerto per il combattente della RSI Rutilio Sermonti, l'evento è stato organizzato presso la Birreria Parzifal, che ringraziamo per la calorosa accoglienza e per l'ottima cucina.
L'avvocato Sermonti, seppur provato nel fisico da una recente operazione, ha partecipato alla serata, ringraziando calorosamente tutti i presenti, con un saggio intervento.
I tanti ragazzi intervenuti alla serata, hanno potuto sentire dalla sua viva voce, parole di incoraggiamento per le lotte future, e per le future vittorie; nonchè alcuni racconti del suo passato di combattente per l'onore e per la patria.
Dopo il brindisi di rito, la serata è stata allietata da un concerto della "Vecchia Sezione" che ha intrattenuto i convenuti fino a tarda notte.

Una bella serata che speriamo di poter replicare a breve

giovedì 21 ottobre 2010

Sosteniamo Rutilio Sermonti

Prego diffondere con la massima celerità la seguente comunicazione:

Rutilio nella giornata di ieri cadendo dalla sedia si è rotto un femore. Attualmente ricoverato presso l’ospedale in Ascoli Piceno, al quarto piano, stanza 2, in questo momento Viene visitato per conoscere l’iter, intervento o non intervento.

Per la sua veneranda età è senza dubbio una situazione delicatissima e nonostante ciò mantiene alto il morale.

Oltre ad attivarsi per dare maggiore sostegno di carattere economico, è assolutamente necessario essere fisicamente vicino a Rutilio per essere d'aiuto alla moglie ed al figlio Giulio.

Chiedo gentilmente di mettervi in contatto con uno di questi interlocutori per mettervi a disposizione per un giorno da dedicare a Rutilio da oggi in poi: Giulio giuserm@hotmail.com , celsio.ascenzi@alice.it, lorellademeis@virgilio.it

Dove è ricoverato Rutilio

Ospedale Provinciale Ascoli Piceno Via dei girasoli, 4° piano, Ortopedia, traumatologia, Uomini , stanza 2

Si prega di dare massima diffusione alla notizia. Ringrazio per l’attenzione e confido in un riscontro immediato.

Per chi non può dare una presenza fisica, la solidarietà morale non basta…

Rutilio Sermonti CCB n° 3401

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO - dipendenza di Pagliare del Tronto (0252)

coordinate bancarie: IBAN IT70 Y010 0569 7400 0000 0003 401

lunedì 1 marzo 2010

La consegna del Testimone

Riceviamo e pubblichiamo:

Ascoltatemi, carissimi amici e compagni di fede. Questo non è un addio. L'addio, sarete voi a darmelo, quando io non potrò più farlo, dato che, fino all'ultimo respiro, intendo adempiere al giuramento che prestai il 28 ottobre 1939 allo Stadio dei Marmi, al Duce presente.
E' un testamento e una consegna, e, come tale, va redatto presso alla conclusione della vita, ma ancora nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali, come il destino ha voluto conservarmi tuttora.
Mi rivolgo a voi, che mi siete più vicini nei ranghi, ma vi faccio carico di serbare in cuore le mie parole e di divulgarle al massimo e con ogni possibile mezzo a tutti coloro che giudicate pronti a riceverle, il giorno in cui mi porrò in congedo illimitato.
Per tutta la vita, ho cercato di servire il nostro comune ideale.Come tutti, ho certo commesso errori ed ingenuità, ma posso orgogliosamente affermare, sfidando chiunque a contraddirmi, di non aver mai accettato il più insignificante compromesso con la laida baldracca cui si usa dare il nome di Libertà, nè con i suoi logorroici manutengoli. Ora che il fardello del legionario comincia a premere sulle mie dolenti spalle, e che il mio passo malfermo necessita dell'appoggio affettuoso dei giovani fedeli, credo quindi di potere, senza mancarvi di rispetto, rivolgermi a voi in tono quasi paterno.
La prima verità da intendere è questa: che il compito che ci siamo assunti non è da uomini, ma da eroi. Non è affermazione retorica, questa, ma rigorosamente realistica. E, se così numerosi tentativi di riunione delle nostre forze sono falliti, è stato perchè si è voluto affrontarli da uomini e non da eroi. E gli uomini, anche di buon livello, hanno una pletora di debolezze, di vanità, di fisime, di opportunismi, che solo gli eroi sanno gettarsi dietro le spalle.
Come tante altre parole, anche "eroe" ha bisogno di una definizione. Non intendo, con essa, riferirmi a un comportamento eccezionale dettato da un attimo di esaltazione, di suggestione e di sacro furore, che può portare fino a "gettare la vita oltre l'ostacolo". Intendo definire quel fatto esistenziale e permanente, detto "concezione eroica della vita", che accompagna il soggetto in tutte le sue azioni e pensieri, anche apparentemente più tranquilli. Eroe, è quindi chi riesce a spezzare i vincoli condizionanti che lo legano, ora ad ora, alla grigia materialità del quotidiano, per seguire ad ogni costo la suprema armonia del cosmo, il sentiero della super-vita e della partecipazione al Grande Spirito. L'eroe è quindi portato a fare il proprio dovere, senza bisogno di alcuna costrizione, ed ha nella propria coscienza un giudice ben più acuto e inesorabile che un pubblico impiegato seduto dietro a un bancone. Libero, non è chi non ha padrone, ma chi è padrone di se stesso, e quindi l'eroe è il solo tipo umano veramente libero.
Non è che l'eroe non si allacci anche lui le scarpe, non paghi il telefono, non incassi lo stipendio o non partecipi magari a una compravendita. Solo che, per lui, quelle sono incombenze necessarie ma accessorie, secondarie: non sono "la realtà della vita", come per l'uomo qualunque. Servono a campare, ma vivere per campare gli toglierebbe il respiro.
Per questo, il nostro primo imperativo dev'essere. "tutti eroi !".
Il mio testamento spirituale potrebbe finire quì, perchè tutto quel che ho fatto, detto e abbondantemente scritto in tanti anni, non è che la conseguenza di quell'impostazione.
Voglio però aggiungervi un paio di consigli, che ritengo possano essere utili per la vostra continuazione della lotta.
Il primo è di adottare un ordinamento (e una formazione) fondato sui doveri e non sui diritti.
Sul piano meramente logico, sembrerebbe la stassa cosa. Se Tizio ha un diritto, ci dev'essere un Caio che ha il corrispondente dovere verso di lui. Se quindi io dico. "Tizio ha diritto di avere X da Caio", è sinonimo del dire " Caio ha il dovere di dare X a Tizio". Che differenza c'è ?
C'è, la differenza. E sta nel fatto che, mentre il proprio dovere si può FARE, il proprio diritto si può soltanto RECLAMARE. Ne consegue che, se tutti fanno il loro dovere, e tale è la maggior cura dello Stato, automaticamente anche tutti i diritti vengono soddisfatti, mentre, se si proclamano diritti a piene mani, e tutti li reclamano, si fanno solo cortei con cartelli e una gran confusione e intralcio al traffico (protetto da stuoli di vigili urbani), ma il popolo resta a bocca asciutta, eccettuati i sindacalisti.
La seconda esortazione ha carattere operativo. Un uomo solo, un Capo, può impugnare la barra delle massime decisioni, ma deve possedere qualità eccezionali, che ben raramente si riscontrano. In sua mancanza, un gruppo di tre, quattro, cinque persone accuratamente selezionate, possono svolgere la funzione decisionale con sufficiente prontezza e saggezza. Un organo più numeroso, può funzionare solo a patto che vi sia una rigorosa divisione di funzioni e relative competenze, tra cui quella di sintesi, svolta da pochissimi. Ma soprattutto , deve dominare in esso l'assoluta unità di intenti, al difuori di qualsiasi carattere agonistico ( tipo maggioranza e opposizione). In mancanza di tali requisiti, l'organo numeroso è del tutto inutile, anzi gravemente dannoso, perchè vengono a dominare poteri "di fatto" fuori di ogni controllo. Vi dico questo, sia in vista degli organi dello Stato organico che intendiamo istaurare, sia per quanto riguarda agli organi interni di "nostre" formazioni. Per queste ultime, anzi, il pericolo delle vaste "collegialità" (vedasi il pessimo esempio del MSI-DN) è ancor più grave, perchè fattore della degenerazione demagogica e incapacitante delle compagini stesse. Lasciate quindi al belante gregge democratico la ridicola allucinazione di comandare tutti, e coltivate la nobile, virile e feconda virtù dell'obbedienza.
Nessuno nega che il temperamento ambizioso sia uno stimolo per l'azione, ma ognuno stia in guardia: al minimo accenno che esso tenda a prevaricare in lui sulla dedizione alla Causa, sappia mortificarlo con orrore. La vittoria nella "grande guerra santa" è quella.
Se potrò costatare l'accoglienza da parte vostra di queste mie esortazioni, saprò di non aver vissuto inutilmente.
Ed ora, non avendo più la forza di stare al remo, torno a darmi da fare al timone.
Enos, Lases, iuvate !

Rutilio