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mercoledì 3 marzo 2010

Appunti sulla Conferenza su Berto Ricci 28 Febbraio 2010 presso la sede di Terranuova Bracciolini

Domenica 28 febbraio 2010 si è svolta, presso la sede dell’istituto storico della Repubblica Sociale Italiana di Cicogna, la conferenza su Berto Ricci – l’ortodossia nella trasgressione – tenuta da Maurizio Rossi.
La conferenza è stata preceduta da una lunga introduzione da parte dell’ingegnere Conti rivolta ai giovani che da poco si sono avvicinati all’istituto, riguardante la storia a grandi linee della RSI nei suoi punti chiave di carattere costitutivo. In seguito l’ingegnere ha proceduto con il tracciare un profilo storico dell’istituto, dalla sua nascita nel 1986 come associazione culturale fino alla trasformazione in fondazione e ai giorni nostri, oltre che nella lettura, commentata da lui stesso, di alcuni punti fondamentali dello statuto della fondazione.
Dopo questa parte iniziale ha preso la parola Maurizio Rossi, che con brillante oratoria ha tracciato un quadro generale ma nel contempo completo ed esauriente della figura di Berto Ricci.
Prima di cominciare però egli ha voluto rivolgere un pensiero alla figura del camerata Pio Filippani Ronconi, recentemente scomparso, al quale è stato negato il funerale secondo i suoi voleri; questo testimonia come certi uomini, col loro esempio espresso tramite il verbo dell’azione, hanno la capacità di restare minacciosi e temuti anche da morti.
Rossi inizia riconoscendo in Berto Ricci un grande teorico del fascismo nonché uno dei maggiori pensatori della cultura fascista. Quest’ultima però non fu mai univoca, ma piuttosto frammentata in una molteplicità di filoni differenti e talvolta contrapposti; infatti Ricci, pur essendo riconosciuto come teorizzatore influente del fascismo, non ricoprì mai il ruolo di figura vertice del regime (come ad esempio avvenne invece per Gentile) e operava al di fuori dei canali ufficiali rappresentati dall’istituto di cultura fascista. Il suo avvicinamento al fascismo non è stato immediato: negli anni che vanno dal ’21 al ’26 fu un giovane anarchico il cui rapporto con il regime appena installatosi in Italia era quello di oppositore. In seguito disse che secondo lui si può facilmente traghettare dall’anarchismo al fascismo senza complicazioni; a conferma di questa sua brillante intuizione possiamo ricordare il grosso contributo degli anarchici allo squadrismo e alla mentalità dell’epoca. Da una certa sinistra antifascista e non solo, Berto Ricci viene spesso definito come un eretico e il suo un fascismo impossibile, questo perché definirlo un fascismo diverso, un’altra possibilità di applicazione dell’idea fascista, sconvolge il quadro di chi vorrebbe rinchiudere il fascismo all’interno di un recinto fatto di stereotipi ormai radicatisi nel tempo. In realtà lui non fu un libertario, bensì un grande intransigente. Attaccò tutti quelli che secondo lui erano dei gretti “voltabandiera” all’interno delle università e che aderivano al fascismo unicamente per convenienza, oltre che ad esprimersi riguardo alla mancanza di univocità del Duce. Criticò quella che secondo lui fu la mancanza di un’anima veramente totalitaria del regime, di una rivoluzione fatta a parole ma che non portò i cambiamenti conseguenti e inizialmente auspicati. Infatti considerando il fascismo come un’alternativa di civiltà, in special modo dal punto di vista economico-produttivo con la cosiddetta “terza via”, Berto Ricci partecipò attivamente al discorso sul corporativismo cercando effettivamente di costruire una linea guida e una teoria realistica ed applicabile del corporativismo fascista. Egli fu un rivoluzionario integrale e non un eretico; odiato da tutte quelle “mele marce” che vivevano alle spalle e alle spese del Duce e del regime, rallentando e sfavorendo notevolmente quel processo rivoluzionario al quale Ricci auspicava.
Quando a partire dal ’38 il regime ripiega su se stesso e tutto l’apparato istituzionale comincia a mostrarsi obsoleto e inefficace, Mussolini intuisce che per rinnovare e svecchiare il fascismo, nonché allontanare i malumori crescenti, è necessario affidarsi a quella base fascista ortodossa che non perse questa caratteristica col passare del tempo, optando per una svolta che sia davvero rivoluzionaria e di sborghesizzazione dell’Italia. Chiaramente Berto Ricci venne inserito all’interno di questo progetto e come già detto prima, continuò nel cercare di rendere il corporativismo realmente funzionale e funzionante. Quest’opera di rinnovamento, almeno per quel che riguarda Ricci, fu bruscamente interrotta col la sua partenza per il fronte e con la sua morte nel ’41 in Africa. Egli partì per la guerra perché, come tanti fascisti puri come i ragazzi del GUF, credette che anche la guerra potesse essere uno strumento funzionale, talvolta ben più di altri, per portare la rivoluzione fascista fino in fondo. Se non fosse morto al fronte, Berto Ricci avrebbe sicuramente aderito alla Repubblica Sociale Italiana, in quanto il suo pensiero aveva già in se quegli elementi intransigenti e fortemente rivoluzionari che, nonostante le condizioni tutt’altro che favorevoli, si cercò di attuare durante la RSI.
In ultima analisi possiamo dire che Berto Ricci è stato un uomo che, dopo aver scritto e teorizzato molto, ha dimostrato con il suo esempio la coerenza intrinseca alla sua persona, scegliendo l’azione e il coraggio di portare fino in fondo le proprie idee.
Tra le varie figure presenti, trovo sia importante sottolineare la presenza del figlio di Berto Ricci, in quanto non sempre purtroppo è possibile constatare la partecipazione entusiastica ed orgogliosa dei figli nei confronti di un padre che, come molti, decise di farsi portavoce di quella che poi venne - e purtroppo viene - considerata la “barricata sbagliata”.

Alla conferenza è seguito il pranzo comunitario, ben organizzato e buona la cucina, per il quale si ringrazia lo staff della fondazione RSI.

domenica 14 febbraio 2010

Prossimo incontro presso la sede dell'Istituto 27/28 Febbraio

In attesa dell'incontro del 28 febbraio su Berto Ricci tenuto da Maurizio Rossi, riportiamo una breve intervista sul tema:

Berto Ricci – l’ortodossia della trasgressione

Alla scoperta di un personaggio scomodo ed esemplare

Prima di essere un fascista oltranzista, Berto Ricci è stato, in gioventù, un anarchico. Quali sono stati i punti cardine del suo pensiero, i suoi punti di riferimento? Chi è stato, in sostanza, Berto Ricci?
Berto Ricci è stato, per usare una definizione molto moderna, ma usata anche all’epoca, un intellettuale militante, un intellettuale organico al movimento fascista. I cardini del suo pensiero si riassumono in un binomio, per lui imprescindibile. Una formidabile e forte concezione mistica del fascismo - che ritrovava nella dottrina del fascismo e nell’esempio di Benito Mussolini - legata a un’esigenza rivoluzionaria di socialità. Per Berto Ricci il fascismo rappresentava l’unione definitiva fra una visione spirituale dell’esistenza e la visione di avanzata socialità che creasse l’Italia fascista e l’uomo nuovo.

Dove risiede l’importanza dell’esempio di Berto Ricci per la destra radicale italiana?
Innanzitutto nella intransigente coerenza: fece dell’intransigenza la sua virtù, il suo punto cardinale, la sua adesione al fascismo fu completa e totale, fu una scelta voluta e consapevole. Possiamo ben dire che Berto Ricci fece del fascismo uno stile di vita che caratterizzò la sua intera esistenza. Fu un uomo estremamente coraggioso e coerente nelle sue affermazioni, ebbe uno stile di vita severo, fu intransigente con se stesso, e di riflesso anche con gli altri. Spesso con gli altri era molto più indulgente che con se stesso e con i suoi più stretti sodali.

Tra le varie anime che hanno composto il fascismo, dove è collocabile Berto Ricci, e quali sono stati i suoi rapporti con il regime?
E’ collocabile in quella vasta area del movimento fascista definita rivoluzionaria e sociale, e quindi con fortissimi agganci col movimento sindacale. Si considerava erede del sindacalismo corridoniano e pertanto del sindacalismo rivoluzionario; rappresenta una cerniera con le nuove avanguardie giovanili che emergevano nei Gruppi Universitari Fascisti. Soprattutto Berto Ricci è espressione dell’universo squadrista. Lo squadrismo inteso come momento ribellistico e rivoluzionario anti-sistemico del fascismo: l’anima del fascismo, come lui stesso la definiva.

Titolo della conferenza è stato “Berto Ricci – l’ortodossia della trasgressione”. Dov’è possiamo scorgere l’ortodossia, e dove la trasgressione?
L’ortodossia era la totale aderenza alla dottrina fascista e al pensiero di Mussolini, la sua fedeltà integerrima, incrollabile, nelle virtù della rivoluzione fascista e nella capacità di Mussolini di essere il capo di questa grande trasformazione. La trasgressione fu interpretata come tale da coloro che lui stigmatizzava come non-fascisti. Per cui i suoi attacchi erano diretti a quegli ambienti che si erano accodati all’indomani della Marcia su Roma al movimento fascista, per trarne dei vantaggi. Lui fu riconosciuto come ortodosso non solo dall’ambiente fascista, che proveniva dallo squadrismo, ma anche dagli ambienti del sindacalismo fascista e da quelli della gioventù fascista che si ritrovava nei GUF. La sua trasgressione fu definita tale da coloro che lui denunciava come la “retroguardia borghese” del regime fascista, coloro che volevano trarre beneficio da questo, senza però condividerne l’anima rivoluzionaria.

Berto Ricci e la Scuola di Mistica Fascista
Un legame profondo. All’inizio non organico, ma che si ritrova poi nella comune condivisione delle stesse esigenze: mistica e socialità. Quest’ultima era elemento cardine anche della Scuola di Mistica Fascista. Non ultimo troviamo Berto Ricci tra i quadri della Scuola di Mistica nel 1940, pochi mesi prima che lui partisse per il fronte di guerra. C’è un profondo legame che lega Berto Ricci e la sua intransigenza rivoluzionaria, con quella mistica e rivoluzionaria della Scuola di Mistica. Penso che Niccolò Giani, esponente della Scuola di Mistica, e Berto Ricci, esponente dell’universalismo fascista, abbiano tantissimi punti in comune, e sono convinto, e i fatti lo dimostrano, che l’obiettivo era comune: la nuova rivoluzione totale che il fascismo doveva compiere in Italia.

Alla luce di quanto detto, dall’approfondimento nella conferenza di oggi, e dall’esempio di Berto Ricci, vuoi lasciarci con una tua indicazione?
E’ molto semplice: io penso che figure come Berto Ricci, come Niccolò Giani, come Arnaldo Mussolini e come tanti altri, abbiano rappresentato per noi dei veicoli per la nostra crescita. Ci è stato insegnato fin da ragazzi a seguire gli esempi per essere esempio. Siamo cresciuti in giovane età leggendo “Il Capo di Cuib”, esaltandoci sulle gesta e sul pensiero del Capitano, e non c’è molto di diverso con quello che portavano avanti uomini come Berto Ricci. L’esempio rimane tale, ci aiuta a crescere, a maturare, a creare in noi una coscienza rivoluzionaria. Berto Ricci diceva che non si può creare l’uomo nuovo se non vi è una forte tensione idealistica e una forte maturazione di coscienza rivoluzionaria. Questo è un grande esempio. Il fatto che lo abbia dimostrato andando a morire in guerra per palesare la sua totale fedeltà alla rivoluzione fascista e ai suoi ideali, ritengo che sia uno straordinario esempio da tenere sempre in considerazione.

Tratto da www.azionetradizionale.com

Ricordiamo la possibilità di pernottare presso l'istituto, previa prenotazione.