
Il titolo esatto avrebbe dovuto essere: “Ragazze eccezionali fra ragazze eccezionali”. Come molti lettori avranno compreso intendo trattare una breve storia delle Ausiliarie della R.S.I.. “Ragazze eccezionali”, mi sono corretto, ma alcune di loro non erano neanche ragazze, ma poco più che adolescenti. Mentre il Paese era allo sbando più totale – e sto ricordando la capitolazione dell’8 settembre 1943 – e mentre molti uomini, soppesata furbescamente la situazione militare del momento e consci che ormai la guerra era persa, si schieravano dalla parte dei più che probabili vincitori, migliaia di ragazze non accettarono l’onta e si schierarono dalla parte che ritenevano, quella della coerenza e dell’Onore.
Valga per tutte queste eroine, la storia di una di loro: Giovanna Deiana.
Giovanna Deiana fu citata all’Ordine del Giorno del Comando generale della G.I.L., con questa motivazione:
Questo sarebbe stato già tanto per molti uomini. Giovanna Deiana, però, mostrò ancor più la sua determinazione e la sua fede; così scrisse della sua fulgida esperienza (da Riaffermazione del 1996).
Bisognava lavorare, come sempre, come credo ancora lavoro, sentendomi sempre parte attiva di questo connettivo sociale>.
La necessità e l’opportunità di impiegare donne nei servizi ausiliari di guerra, in maniera più massiccia si presentò con la costituzione della R.S.I..
Su La Stampa del 13 gennaio 1944, Concetto Pettinato (1) scrisse un articolo: “Breve discorso alle donne d’Italia”, un appello rivolto alle italiane affinché accorressero in difesa della Patria.
La risposta fu immediata: (Associazione Culturale S.A.F., NovAntico Editore).
Divenne una marea montante: migliaia di donne esigevano di partecipare all’attività bellica, erano operaie, studentesse, come le universitarie di Venezia che si arruolarono in massa. Riporta il testo sopra indicato:
Requisito essenziale per le volontarie – la cui età era compresa tra i diciotto e i quarantacinque anni – era l’indiscussa moralità.
Lo spirito che animava queste giovani donne viene testimoniato da quanto scritto su “Donne in grigioverde”, organo del S.A.F. del 18 dicembre 1944, dove, fra l’altro si stabilisce:
L’uso delle armi era consentito solo in caso di legittima difesa. Nessuna disparità di trattamento rispetto a quello riservato agli uomini;
Ormai le ausiliarie sono presenti in quasi tutte le formazioni militari della R.S.I., comprese quelle dislocate in Germania e dimostrano di sapersi far valere in qualunque circostanza e in qualsiasi luogo.
Centinaia furono le Ausiliarie cadute durante i bombardamenti e mitragliamenti, martoriate e uccise nelle imboscate e negli attentati. Numerose furono le citazioni, gli encomi e le ricompense al valore, molto spesso alla memoria.
Al termine del conflitto l’odio dei partigiani, autoproclamatisi vincitori di una guerra che senza il massiccio intervento americano non avrebbero mai vinto, si accanisce contro le Ausiliarie con una ferocia spesso disumana. Molte pagano con la vita la loro partecipazione alla R.S.I. (non di rado dopo essere state stuprate), altre vengono rapate e fatte sfilare per le strade fra il ludibrio della feccia urlante, alcune denudate e frustate, altre ripetutamente violentate, in un’esplosione di odio bestiale che non ha e non può avere alcuna giustificazione. Le meno sfortunate, che solo il caso sottrae al supplizio e alla morte, finiscono nei vari campi di concentramento come il P.W.E. 334 di Scandicci (Firenze) tenuto dagli americani, o in quelli tenuti dagli italiani, questi ultimi definiti “di rieducazione morale”: espressione davvero paradossale se si pensa che intanto, qua e là per l’Italia, dilaga la prostituzione fra gli invasori angloamericani di ogni razza e colore. Da quei campi di concentramento le Ausiliarie uscirono solo dopo mesi e mesi di prigionia, le ultime nel gennaio 1946 (…). Il S.A.F. è la formazione militare che, in proporzione ai suoi effettivi, ha pagato il più alto tributo di sangue alla causa della R.S.I.>.
Secondo l’Associazione culturale S.A.F., il numero delle Ausiliarie cadute sia in conseguenza di vicende belliche che uccise a guerra finita dovrebbe avvicinarsi alle duemila unità. La cifra esatta non è nota perché molte di loro furono date come disperse o uccise e sepolte in fosse comuni o, comunque, sparite nel nulla.
Come terminare questo ricordo di tante eroine? L’unico sistema è impegnarmi a tornare sull’argomento in uno dei prossimi articoli.
Di Filippo Giannini
_____________________
1) Concetto Pettinato, non fascista, era fuggito in Svizzera, ma disgustato per la fuga del Re e per il voltafaccia di Badoglio, rientrò in Italia per affiancare il Governo della R.S.I. Gli venne affidata la direzione de La Stampa e fu celebre il suo articolo “Se ci sei batti un colpo” con il quale esortava il Governo a mettere in pratica la socializzazione.
A guerra finita Pettinato incorse, come gli altri direttori di giornali, nelle reti del’epurazione: Pettinato (La Stampa”), Bruno Spampanato (“Il Messaggero”), come l’inviato del “Corriere della Sera” Luigi Romersa, furono condannati a pene detentive fra i dodici e i venti anni.
Nessun commento:
Posta un commento